nucleo comunista internazionalista
note





UN APPELLO SUL “CASO REGENI”
CONTRO CUI CI TOCCA APPELLARCI

Ci tocca aggiungere qualcosa alla noticina precedente sul “caso Regeni”.

Sul Manifesto del 3 marzo è apparso sul tema un “appello degli accademici” (in realtà “noi docenti, studenti e dottorandi italiani”) a dir poco stupefacente.

L’“appello” parte dalla rivendicazione secondo cui “la ricerca sperimentale si fa in un solo modo: sul campo” e, quindi, la ripulsa rispetto ad ogni forma di censura, od autocensura, ed intimidazione. E fin qui tutto bene. Ma poi si fa tutta una polemica contro una presunta, generalizzata “campagna di stampa” atta a “screditare il corpo docente di Cambridge accusato di irresponsabilità e di aver messo il giovane ricercatore italiano in pericolo”. Orbene: è superovvio che gli unici responsabili criminali della morte di Regeni sono i servizi o sottoservizi o paraservizi di sicurezza egiziani, ma ciò non toglie che chi commissiona una ricerca oggettivamente delicata in un paese particolarmente pericoloso (si tratti di un’università od altro) ha il dovere di predisporre delle misure di sicurezza per i propri soggetti a rischio. Se per andare all’estero in certi paesi ci vogliono delle vaccinazioni certificate a tutela della salute quando di tratta di andare all’estero in “paesi dove vigono regimi autoritari”, come recita l’appello, per ricerche che toccano dei nervi scoperti di essi, non sarebbe male stendere una rete di protezione a tutela della pelle di chi dovrà farsene carico. Non riusciamo a capire come ed in che cosa “questo atteggiamento della stampa italiana metta concretamente in pericolo i ricercatori all’estero” quasi come protagonisti o corresponsabili di omicidio. Trattasi, semmai, e per alcuni giornali soltanto, di un’operazione di scaricabarile (naturalmente disgustosa) per scoraggiare chi di dovere dal rimestar troppo nel fango di certi nostri cari partner e, quindi, di non ricavare da casi come questi quella che per noi è l’unica strada percorribile: la lotta a fondo contro regimi assassini e regimi con essi complici. Tutto qui, e certamente basta.

Ma l’appello va molto più in là. La ricerca scientifica viene qui difesa in quanto... categoria dello Spirito in quanto si tratterebbe di “discutere, dibattere, confrontare etc. etc.” entro un proprio spazio autonomo e sovrano tanto che “i risultati delle ricerche scientifiche, in qualunque campo, non possono né devono essere condizionati e funzionali ad interessi estranei che siano politici, economici o religiosi”. La Verità scientifica al di fuori della materialità della lotta di classe verso cui dev’essere condizionata ed afunzionale! Non si parla neppure del solo “metodo” della ricerca, ma degli stessi risultati, evidentemente librati nell’empireo del Puro Spirito! Se si trattasse di ricerche della capacità germinativa del cucumis sativus ad alta quota potremmo anche (ed entro certi limiti perché ogni tipo di ricerca ha un senso ed una ricaduta concreti) capirlo, ma quando si tratta di “contestualizzare gli eventi e i protagonisti oggetti di studio” in riferimento alla lotta allo spasimo dei proletari egiziani contro la macchina stritolatrice della propria ed altrui borghesia ci volete dire come volete rapportarvi agli “oggetti di studio” cui vi riferite? Proprio in ragione di ciò, nella nostra precedente nota, parlavamo della necessità di una militanza di cui anche la “scienza” sociologica deve farsi carico. O è così o altrimenti trovatevi altri oggetti di studio non contaminanti.

E c’è anche di più. Dopo aver difeso a spada tratta l’estraneità dell’Università di fronte ad incombenze che non le competono neppur per via relativa, l’appello si lancia in quest’ultima trovata: “E’ compito degli Stati e non delle università garantire la sicurezza dei cittadini”. (Si suppone ci si riferisca non agli stati in generale, visto che se ne denunziano dei cattivi incapaci di fare i compiti loro assegnati dallo Spirito, ma degli stati “nostri”, democratici, cui siamo legati da un solido contratto). E forse, tra i firmatari, c’è anche chi ha letto e magari approvato Stato e rivoluzione! Ma se serve un po’ d’acqua in cui nuotare tutto può andar bene, se non proprio come risultato delle ricerche scientifiche come passepartout per l’audience “democratica”.

Ed ora, compagni: firmate, suvvia!, il nostro contrappello!

18 marzo 2016




Caso Regeni / Appello degli accademici

«Basta accuse ai ricercatori»

Noi docenti, studenti e dottorandi italiani rifiutiamo le intimidazioni da qualunque parte provengano: continueremo comunque a fare il nostro lavoro.

In Italia, ormai da settimane, dopo il barbaro assassinio di Giulio Regeni avvenuto Al Cairo e scoperto il 3 febbraio scorso, è in atto una campagna di stampa che tende a screditare il corpo docente di Cambridge accusato di irresponsabilità e di aver messo il giovane ricercatore italiano in pericolo. Il quadro in cui è maturato l’omicidio di Giulio Regeni, per quanto avvolto dall’omertà delle autorità egiziane, è assai chiaro ed è cinico addossare la responsabilità di quanto avvenuto ai docenti di Cambridge.

La ricerca sperimentale si fa in un solo modo: sul campo. Accusare anche solo velatamente, o peggio in modo esplicito, di leggerezza lo stesso Giulio Regeni, i suoi referenti accademici in Gran Bretagna o in Egitto, all’Università Americana del Cairo, è tanto più scandaloso perché neanche il governo egiziano e suoi apparati di polizia e di sicurezza sono arrivati a tanto.

Occorre rifiutare e condannare, con forza e decisione, tutti i tentativi di giustificare la censura e la repressione della libertà di ricerca, quando questa affronta temi che non sono graditi ai poteri politici e agli apparati di sicurezza: in Egitto e altrove. Se ciò non fosse, significherebbe condannare a morte la ricerca scientifica che si basa su dei criteri semplici e allo stesso tempo imprescindibili: discutere, dibattere, confrontare i metodi, rivelare e scoprire ambiti sconosciuti, decostruire le rappresentazioni, rileggere e contestualizzare gli eventi e i protagonisti oggetto di studio. I risultati delle ricerche scientifiche, in qualunque campo, non possono, né devono essere condizionati e funzionali ad interessi estranei che siano politici, economici o religiosi.

È un dovere imperativo del Governo italiano pretendere da quello egiziano che siano chiarite tutte le circostanze in cui è maturato l’arresto di Giulio Regeni, le torture indicibili subite e la sua morte. Questo, il governo italiano lo deve alla famiglia di Giulio Regeni, ai docenti e agli studenti di Cambridge e a tutti noi, perché è compito degli Stati e non delle università garantire la sicurezza dei cittadini.

È dovere altrettanto necessario da parte nostra pretendere dagli organi di stampa di smettere questa folle corsa allo scoop basato su illazioni e falsità, che danneggia il lavoro di ricerca e i ricercatori.

Questo atteggiamento della stampa italiana mette concretamente in pericolo i ricercatori italiani all’estero, soprattutto coloro che operano in zone di conflitto e in quei Paesi dove vigono regimi autoritari.

(Il Manifesto – 3 marzo 2016)