nucleo comunista internazionalista
riceviamo e pubblichiamo/segnalazioni





I LETTORI DEL “MANIFESTO”
CUI VOGLIAMO BENE

Noi non siamo di quelli che scrivono alla community del “Manifesto”, visto che il tasso di comunismo di questo giornale sta al di sotto delle dosi omeopatiche. Lasciamo ad altri, anche dei nostri dintorni, usarlo come tribuna per i propri accrediti marxisti individuali. Leggiamo però sempre con estrema attenzione le lettere che vi affluiscono per tastare il polso di un milieu che ci sta a cuore. La diagnosi non è molto confortante: nel 90% dei casi non si va oltre piatti piagnistei democratoidi. E, tuttavia, c’è ancora chi sa posizionarsi correttamente su vari temi. (Per essere precisi: anche certi articoli, resi poi inoffensivi dato il quadro generale del giornale, ci suonano consonanti: vedi il solito – è un complimento!– Dinucci, ma anche recenti interventi sulla Libia, la Siria, sulla Jugoslavia ex post– etc.)

Qui di seguito pubblichiamo due esempi... esemplari.

Il primo della Marinella Correggia (non proprio una semplice lettrice) sulla “tragedia di Boston” in opposizione alla fascinazione mass-mediatica per cui, volenti o nolenti, si recepiscono solo ed esclusivamente le tragedie “nostre” (dell’Occidente capitalista) sino ad arrivar a sentirsi magari solidali coi due “nostri ragazzi” dell’“incidente” indiano e tutti gli altri passati... alla cassa – da morto – “servendo l’Italia”. E regolarmente si trascura di vedere le tragedie autentiche di nostra esportazione su scala planetaria sempre più vasta. Non una semplice svista, ma una vera e propria complicità. (Ricordiamo in proposito un nostro vecchio articolo sul Che fare che la Correggia “ci ha copiato”).

Un lettore ha poi protestato contro questa lettera in quanto lesiva del diritto di cronaca. Solo che costui non si è affatto curato, ad esempio, di protestare per l’oscuramento sui nostri mass-media dell’ennesimo “incidente” da “fuoco amico” grazie al quale in Afghanistan (“presenti!”, da Berlusconi a Prodi a Monti e oggi Letta) sono stati ammazzati otto bambini. E allora?

La seconda lettera è quella di un lettore che motivatamente insorge contro la proposizione della Bonino alla presidenza della repubblica, sostenuta anche in sede redazionale del “Manifesto”. La affianchiamo a quella di uno di opposto avviso, su cui i commenti sarebbero superflui, per rilevare un fatto schizofrenico: “Il Manifesto”, in quanto giornale “democratico”, “pluralista”, fa la raccolta indifferenziata, lascia ai lettori un loro “libero giudizio” individuale. Ecco qui Caino ed Abele, il cibo edibile e la merda; scegliete voi. E questo sarebbe il non settario “pluralismo”! Quelli che si sono allontanati da simile baracca da circo hanno fatto evidentemente bene. E meglio sarebbe che i compagni che continuano a leggere “Il Manifesto” in assenza di qualcosa di alternativo (il che, a livello di beni di massa purtroppo è vero) cominciassero a darsi da fare nel nostro senso.

27 aprile 2013


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Boston e commenti italiani
Un italiano che ha partecipato alla maratona di Boston ha rilasciato una lunga testimonianza a Rainews 24. Concludendo enfaticamente così: «E’ tornata la paura nel mondo». Con tutta evidenza, per questo occidentale solo il sangue degli occidentali è degno di essere risparmiato. Il nostro connazionale si infischia del fatto che in città dell’Iraq e della Siria, come Bagdad, Tikrit, Damasco, Aleppo, per non dire dell’intero Sahel, avvengono da anni attentati da parte di gruppi legati ad al Queda, quasi ogni settimana con una media di almeno 20-40 morti per volta e centinaia di feriti. Il maratoneta italiano si infischia anche di un altro fatto: la corresponsabilità dei governi del suo paese in questi atti terroristici, collegati a situazioni di guerra fomentate dall’occidente. Ieri in Iraq e Libia, oggi in Siria e Mali. E chi si astiene dal protestare, è complice.
Marinella Correggia


No ad Amato e Bonino
Poiché all’approssimarsi dell’elezione del nuovo presidente della repubblica vengono spesso espresse, anche su questo giornale, preferenze e simpatie per alcuni/e candidati/e, giova allora ricordare alcune caratteristiche e tratti biografici di due dei personaggi spesso citati, Giuliano Amato ed Emma Bonino. Sul primo dei due non vi è molto da dettagliare. Egli è il «sopravvissuto indenne» degli anni del craxismo, di cui fu attivamente partecipe e protagonista di primo piano. E ciò dovrebbe bastare per comprendere perché anche la destra lo sostenga oggi. Alla seconda candidata, su cui grava l’equivoco di essere donna, vanno da tempo molte simpatie, soprattutto da parte della sinistra. Il fatto di essere donna è certamente condizione teoricamente promettente, ma non sufficiente a garantire la «rivoluzionarietà» della stessa. In proposito, mi permetto di ricordare che sono donne anche la Thatcher, la Clinton, la Lagarde, la Marcegaglia, la Gelmini (la lista potrebbe essere interminabile), ma la loro azione politica non si è mai minimamente distinta da quella dei loro colleghi maschi. Anzi, spesso, forse per compiacerli, sono state «più realiste del re». Ma alla spesso invocata presidentessa italiana credo vada dedicata una più approfondita analisi. Quale esponente di spicco del partito radicale essa non si è mai staccata dalla linea di tale forza politica, certamente meritevole per le tante battaglie civili condotte (divorzio, aborto, laicismo, carceri, ecc.), ma anche portatrice di opzioni chiaramente di destra. In sintesi: culto di un leader padre-padrone; introduzione in parlamento di una dichiarata pornostar; grottesco tesseramento di mafiosi; sostegno incondizionato al bipartitismo di matrice anglosassone; ispirazione ultraliberista in economia; posizioni fortemente antioperaie e antisindacali; utilizzo partitico spregiudicato di una propria radio privata, ma finanziata anche con fondi pubblici; sionismo convinto e conseguente ostilità ai diritti del popolo palestinese; passata azione (anche teatrale) di sostegno alla destra croata, durante la guerra nella ex-Yugoslavia. Si potrebbe continuare, ma credo e spero possa bastare a ravvivare la memoria dei suoi sostenitori di sinistra.
Franco Previtali, Milano



Emma for President
Fra pochi giorni i parlamentari ed i delegati regionali saranno convocati a Montecitorio per l’elezione di un nuovo Presidente della Repubblica. Tutti i sondaggi e le varie votazioni on line indicano una scelta univoca: Emma Bonino è la preferita. Moltissimi uomini e donne, di centro, sinistra e destra, vorrebbero Emma nel delicato ruolo di Capo delle Stato. Come si può sostenerla? Una teoria sociologica indica in appena 6 gradi di separazione la distanza fra ciascuno di noi e chiunque altro nel mondo. Attraverso appena 6 persone ciascuno può trovare un contatto con il più sperduto aborigeno australe, con il Presidente degli Usa, con le popolazioni amazzoniche o con il Dalai Lama. Dunque – ci piaccia o no – sono molti meno i gradi di separazione fra ciascun cittadino italiano ed i «grandi elettori» che si apprestano a scegliere l’inquilino del Quirinale per i prossimi 7 anni. Tutti si possono attivare e ciascuno è in quota parte responsabile della delega affidata: chiediamo ai «nostri» eletti un voto per Emma. Chiediamolo singolarmente e direttamente agli eletti che abbiamo votato, facendo finta che esista – con questa pessima legge elettorale – un collegamento fra eletto e territorio. Chiediamolo anche agli amministratori comunali, provinciali, regionali: loro possono farsi sentire ed influire. Certamente Emma, gradita oggi come nel 1999 ad una larghissima maggioranza di italiani, non ha con sé la forza di un partito o di una coalizione, ne tanto meno ha lobby influenti alle spalle, ma solo una storia di battaglie sociali e di impegno personale. L’Italia rischia dunque di non utilizzare la risorsa preziosa rappresentata da una piccola e tenace donna di grandi capacità, competenze, esperienza ed apprezzata internazionalmente: possiamo permettercelo? Io non credo.
Bruno Mellano