nucleo comunista internazionalista
note



LE TRAGEDIE DEI MIGRANTI
E LA LOTTA POLITICA
ATTORNO AD ESSE

I POTERI CAPITALISTICI USANO I FLUSSI MIGRATORI COME GRAPPOLI DI BOMBE SCAGLIATI DENTRO IL CAMPO DEL PROLETARIATO INTERNAZIONALE, AL DI QUA E AL DI LA’ DEL MEDITERRANEO. LIBERALS-PROGRESSISTI (PRO “ACCOGLIENZA”) E SOVRANISTI (PRO “CHIUSURA”) NE SONO STRUMENTI E SERVI



NO ALLA CARITA'!

NESSUNA ACCOGLIENZA PER I BUSINESSMEN BIANCHI!

ESPULSIONE DEI LORO LACCHE' NERI!




L’ennesima tragedia e lo strazio dei migranti, donne e bambini alla deriva, morti abbandonati per difetto di soccorso nel Mediterraneo ha acceso lo scontro accanito fra le frazioni dei lupi e delle colombe che si addossano vicendevolmente sulla coscienza il peso di quelle sofferenze e di quei morti. Passata la polemica sull’ultima tragedia, altri orrori quotidiani vengono ad alimentare il fuoco incrociato fra lupi e colombe, fra carcerieri e crocerossini, fra poliziotti buoni e poliziotti cattivi, fra “fascisti” e “antifascisti”.

Questi orrori per noi comunisti in primo luogo svelano non tanto la barbarie di un qualsiasi miserabile Salvini come pretendono gli altrettanto miserabili suoi contestatori liberal e “progressisti” ma, per usare le parole di Carlo Marx, “La profonda ipocrisia, l’intrinseca barbarie della civiltà borghese ci stanno dinanzi senza veli, non appena dalle grandi metropoli, dove prendono forme rispettabili, volgiamo gli occhi alle colonie, dove vanno in giro ignude”.(1) Egli si riferiva alla dominazione inglese sull’India; oggi, questa profonda ipocrisia, questa intrinseca barbarie della civiltà borghese, ci stanno dinanzi senza veli non in lontane colonie, ma sulle nostre coste anzi ormai dentro le nostre evolute metropoli.

Non si tratta, evidentemente, di mettere nello stesso sacco la sacrosanta volontà di tantissima brava gente, credente e non, di “restare umana” e di reagire al presente bestiale (borghese e capitalistico fino a prova contraria) stato delle cose, insieme a quella …dei Luca Traini cioè di una massa di reietti che questa società produce. Si tratta di comprendere come una politica, cosiddetta “progressista”, anticlassista e di conservazione borghese pieghi e utilizzi ai fini degli interessi del capitalismo quella sacrosanta volontà. Nel caso specifico italiano, la sacrosanta volontà di contrasto alle politiche dell’attuale governo populista “di cambiamento”, utilizzata come strumento per preparare il terreno ad un governo di comando autoritario – democratico e costituzionale, non ne dubitiamo!  – necessario alla borghesia italiana nelle burrasche prossime, forse molto prossime, a venire. E d’altra parte, e per dirla tutta, comprendere come l’opposta politica delle destre, gemella anticlassista e controrivoluzionaria, utilizzi per gli stessi fini di conservazione uno stato di reale frustrazione e rabbia sociali che pretenderebbe, nella sua demagogia “sociale”, di sfogare contro i plutocrati alla Soros mentre nei fatti bersaglia, e ha il compito di bersagliare, l’anello più esposto e debole del proletariato ossia gli immigrati.

Lupi e colombe, “fascisti” e “antifascisti”, servi e strumenti gemelli del mantenimento dell’ordine costituito

Il campo dei liberals “progressisti” non aspettava altro che si consumasse un’ennesima tragedia sul corpo della disperata umanità nera, per dare addosso al nuovo governo “sovranista” a cui il capitalismo italiano, con il decisivo avvallo del superimperialismo USA versione Trump, ha affidato – provvisoriamente, molto provvisoriamente – la gestione del potere. In particolare per dare addosso al Ministro degli Interni On. Salvini le cui politiche di blocco e di ostacolo “all’accoglienza” dei migranti provocano, secondo il “progressismo” umanitario, la moltiplicazione di simili orrori.

Al campo dei liberals “progressisti” che si stracciano le vesti per la barbarie delle destre per coprire quella del capitalismo democratico, è stata posta una domanda molto semplice e secca. Non da noi comunisti e nemmeno da qualche sovversivo di altro genere, ma da un africano. Da un intellettuale e patriota africano, diciamo pure – e senza offesa in questo caso – di indirizzo senza dubbio borghese. Fiero ed orgoglioso del suo paese, l’Eritrea, il cui governo ha avuto il cattivo gusto di cacciare via tutte le ONG tirapiedi dell’imperialismo, finendo di conseguenza sulla lista dei “paesi canaglia” stilata nei sinedri dell’alta e buona società democratica occidentale. La domanda è la seguente: “A voi occidentali che chiedete di aprire i porti e non gli aeroporti chiedo: perché volete questo tipo di immigrazione via mare con migliaia di persone ammassate su barconi fatiscenti? (…) Almeno fateli arrivare in aereo con un visto regolare come sono venuto io!”. (Pubblichiamo qui in allegato il testo del patriota africano)

Invece, un cosiddetto intellettuale degno rappresentate della nostra “società civile” e di “area progressista” è arrivato persino a lasciarsi scappare l’auspico del verificarsi di un disastro umanitario, evento utile a smascherare il carattere fascista e razzista del capo nazional-leghista e la politica di barbarie, in tema di immigrazione, del nuovo governo. E’ vero che questo tale “intellettuale” (cattolico fra l’altro!) si è detto un poco vergognato per lo sgradevole fatto in cui è inciampato, ma il retropensiero profondo così maldestramente venuto a galla (e che non alberga solo dentro la testa di costui) si muove sullo stesso binario che a suo tempo informava e faceva invocare, sempre dallo stesso milieu “intellettuale” democratico e “progressista”, l’intervento delle “potenze straniere” (democratiche naturalmente) per “liberarci dal tiranno Berlusconi”. (vedi qui nel BESTIARIO l’accorato appello antisalviniano e antifascista di un’altra degna rappresentanza di codesta “società civile”)

L’attuale fenomeno delle cosiddette “magliette rosse” cioè dei filantropi (anche dei genuini filantropi intendiamoci bene, e non solo di quelli a libro paga del super-filantropo e magnate Soros), dei preti (di un certo tipo di preti per la precisione, seguaci di un Papa e non dell’altro prepensionato), dei crocerossini di sinistra e di “estrema sinistra” (sul tipo del buon Pippo Civati, degli eredi di Niki Vendola ed altre cose simili), della tanta gente insomma che pretende di “restare umana” (nella dannata bolgia capitalistica) e che intende marcare le distanze e battersi contro la “barbarie e disumanità” attribuita al Ministro degli Interni (mai e poi mai al capitalismo di cui l’On. Salvini rappresenta solamente uno dei tentacoli politici), ebbene questo fenomeno svolge, o si predispone a svolgere, la stessa funzione politica a suo tempo assegnata al “movimento viola” approntato contro l’allora “tiranno di Arcore” imputato d’essere la sentina di tutte le nefandezze e la causa dei mali del paese. Qualcuno se lo ricorda? Soprattutto: qualcuno si ricorda di come è andata a finire e cioè nel comune sostegno – del “tiranno” di Arcore insieme alle mammolette democratiche e “progressiste”  – al feroce governo antiproletario del “tecnico” Mario Monti?

Quanto maledettamente vera è la lezione che il pugno di marxisti rimasti sulla breccia ci hanno impartito e tramandato dal lontano 1946: “il più disgraziato e pernicioso prodotto del fascismo è l’antifascismo quale oggi lo vediamo”!

Non stiamo qui a dire quanto sia ripugnante la strumentalizzazione messa in scena dagli oppositori democratici e “progressisti” all’attuale governo, tanto sostenitori di politiche “umanitarie e di accoglienza” verso i forzati-migranti alla deriva quanto fautori in prima fila da posizioni governative di tutte le politiche in favore del business nazionale ossia di “pacifica” spoliazione capitalistica e di guerre imperialiste in serie che sono la principale causa di quello sradicamento. Essi pensano a guadagnare “consenso” sulle tragedie dei forzati e a farne perdere a quelli del governo. E viceversa quelli del governo sovranista, naturalmente. Ma a decidere se e quando sia utile affidare agli uni (liberals-“progressisti”) la gestione del potere o quanta corda sia necessario dare al guinzaglio degli altri cioè quando sia venuto il tempo di farla finita con il fumo e con la beffa del “riformismo sociale” del governo di transizione Lega-5 stelle – il tempo necessario alla messa a punto dell’operazione chirurgica democratico-autoritaria in gestazione – tutto questo non saranno né gli uni né gli altri a deciderlo, in barba al “consenso popolare” che si contendono attorno alla contabilità e alla paternità dei forzati morti. Entrambi, gli uni e gli altri, sono soltanto dei servi. Strumenti utili ai poteri borghesi interni ed internazionali per mantenere il controllo politico e sociale sulle masse.

Una guerra di classe in atto

Lo sradicamento e la migrazione di imponenti masse di senza riserve verso le metropoli “del benessere” borghese è una conseguenza dello sviluppo capitalistico ed è al tempo stesso un fenomeno che i centri di forza e di potere capitalistici utilizzano come un’arma contro l’insieme del proletariato. E’ un capitolo della guerra di classe da essi diretta a scala internazionale, spinosissimo e difficilissimo per il nostro campo poiché anche da parte proletaria va affrontato e risolto a quella scala.

Chi oggi ha il coltello dalla parte del manico, cioè il Capitale, lo affonda e lo rigira non solamente dal punto di vista “economico”: valvola di sfogo per i paesi della periferia capitalistica che si liberano di una imponente massa di senza riserve utilizzata come forza di pressione al ribasso delle condizioni generali degli schiavi salariati metropolitani. Un dato di fatto riconosciuto peraltro senza difficoltà dalle forze di destra, di una certa destra social-nazionale e “sovranista” e semmai invece occultato o eluso dalla piccola borghesia “umanitarista” e della sinistra liberal-“progressista” che preferisce girarsi dall’altra parte persino di fronte a questa elementare evidenza oggettiva.

Assai correttamente gli stessi patrioti africani, panafricanisti ed antimperialisti, interpreti e propugnatori di una liberazione in senso borghese di un continente tenuto alla catena e umiliato dall’imperialismo, inquadrano il fenomeno e ne rilevano inoltre la valenza sociale e politica controrivoluzionaria: “I Paesi di origine dei flussi migratori soffrono quello che noi chiamiamo diserzione sociale. I Paesi citati sono in crescita economica, anche se la distribuzione della ricchezza segue logiche del vostro capitalismo primordiale, quello dal 1860-1960. La concentrazione delle ricchezze è una problematica che può essere risolta tramite lo scontro di classe e la pressione sociale per aumentare i salari e rafforzare lo stato sociale, con le stesse dinamiche che avete conosciuto voi nel 1917 e negli anni Sessanta e Settanta. Chi si imbarca sui gommoni per attraversare il Mediterraneo di fatto abdica al dovere sociale e patriottico di cambiare i rapporti di forza tra le classi e sostituire l’attuale classe politica corrotta con una nuova classe politica più responsabile e attenta a creare una migliore redistribuzione delle ricchezze, che porterebbe benessere e aumento dei consumi, del tenore di vita e il rafforzamento della nostra industria nazionale.” (2)

La manovra capitalistica “libera”, sgrava, i paesi della periferia dal problema esplosivo, sociale e politico, rappresentato da una enorme massa di senza-riserve, potenziale di sovversione sociale e di rivoluzione. Problema “risolto” dai poteri borghesi al contrario, cioè come fattore di depressione e di disarticolazione della lotta di classe da parte proletaria nelle metropoli. Tale è infatti il portato immediato e “spontaneo” – tanto più nella condizione di disarmo politico in cui versa il proletariato, una condizione che la manovra controrivoluzionaria si prefigge di perpetuare – dell’impatto delle masse dei forzati senza-riserve nella società “bianca”. L’esempio forse più eloquente di questo aspetto delle operazioni di guerra – guerra di classe – messe in atto dalle centrali capitalistiche, è l’impatto e le conseguenze immediate che i flussi migratori hanno avuto nella situazione di acuta tensione e lotta sociale datasi in Grecia. (Dove allo stesso tempo si è dato da parte del KKE – in condizioni difficili, difficilissime – l’esempio più alto, per quello che ne possiamo sapere, di “accoglienza proletaria” improntata non dallo spirito crocerossino e di concordia sociale ma dall’indirizzo e dall’inquadramento di classe che si è cercato di dare, per quanto possibile, alla materiale solidarietà verso i forzati-migranti. Onore, da questo punto di vista, al Partito Comunista di Grecia!)

L’“accoglienza” dovere civico e morale utile al portafoglio e ai conti dello Stato

La deportazione di una imponente massa di senza-riserve – presentata dai liberals come “libertà di migrare”, come “libera scelta delle persone” il cui movimento, come quello delle merci, non deve trovare ostacolo alcuno ed anzi rappresenta una “opportunità” offerta dalla borghese Open Society ad una moltitudine colorata di persone globe trotter – e la loro “accoglienza” gestita dalla borghesia nel senso che s’è detto, chiude (chiuderebbe) perfettamente il cerchio, “risolve” la questione della massa dei senza-riserve in sovrannumero (per la contabilità capitalistica s’intende) sino a quando essa, massa di forzati-migranti, risulti essere funzionale alle necessità economico-produttive della nostra, bianca ed evoluta, macchina capitalistica. Ad oliarne tutto il complessivo meccanismo di moderno ed evoluto funzionamento, come ad esempio per la funzione, essenziale nella moderna ed evoluta società borghese, svolta dall’esercito delle badanti e dei badanti. Fino a quando i forzati-migranti dalle periferie sono integrabili con profitto e per la produzione di profitto della società metropolitana, nessun borghese – di destra o di sinistra, nazionalista o cosmopolita che sia – si sogna di accampare resistenza “al dovere cristiano dell’accoglienza”. Perlomeno non più di quanto i milanesi o i torinesi d’antan abbiano accampato contro i terroni, sradicati dal Sud per riempire le officine di Mirafiori, di Rivalta, dell’Alfa Romeo, della Breda, della Magneti Marelli, della Pirelli e di tutti gli altri grandi complessi industriali (del tempo che fu) del Nord.

Nemmeno il più incarognito dei patrioti social-nazionali, difensore della “purezza della razza” e/o soprattutto degli interessi della “fortezza Europa” contro “un’invasione” ordita dai “cosmopoliti”, dai “capitalisti senza patria” (possibilmente giudei), veri e propri “traditori del popolo”, dediti al maneggio della finanza e non “al lavoro”, non agli “investimenti produttivi”; nemmeno il più intransigente dei cattolici “fondamentalisti” che maledice “il mondialista” Bergoglio la cui politica di favoreggiamento all’accoglienza indiscriminata rischia di minare alla radice “i valori” fondanti la società bianca e cristiana, ebbene nessuno di costoro avrà ed ha nulla da eccepire alla “accoglienza”, riservata e dovuta all’esercito dei forzati-migranti messi a profitto nelle cento Rosarno piuttosto che nei cantieri navali di Monfalcone o nelle case private per l’assistenza ai nostri vecchi. Anzi! A sentire le trombe della loro demagogia sociale (dalla camerata Meloni in giù, passando per l’incrocio politico ibrido e bastardo dei panstellati) questi immigrati, integrati o integrabili in quanto produttivi per la società del Capitale, andrebbero legittimamente tutelati senza alcuna discriminazione salariale e normativa rispetto agli “altri produttori” con i quali condividono lo sforzo per il progresso della Nazione. Ah! Se solo ci fosse una “vera” Repubblica Sociale del Popolo e per il Popolo… D’altra parte, le trombe dei liberals-progressisti di sinistra non emettono un suono diverso in fatto di demagogia sociale. Ma la realtà capitalistica, la sua contabilità e le sue leggi inderogabili di mercato, si incarica di smentire e disperdere al vento le chiacchere e i solenni impegni per la “giustizia sociale” di tutti questi servi “della Patria”, cioè servi del capitalismo italiano: Rosarno 2010, 2018 (e Monfalcone)! Questi servi del Capitale andrebbero e vanno smascherati e inchiodati a partire da questo terreno. Difficile, difficilissimo, poiché una reale lotta di classe da parte proletaria è indubbiamente fattore di rovina per l’economia delle aziende e per il bilancio dello Stato alle cui mammelle siamo tutti più o meno costretti a stare attaccati (sempre a non volerci prendere per il culo come fa quell’estrema sinistra, vedi per esempio Rete dei Comunisti/Contropiano, la quale sostiene che la lotta di classe possa conciliarsi con l’interesse nazionale, con “il vero” interesse della Nazione che l’ingordigia e l’insipienza “dei padroni” o il loro “asservimento allo straniero”, tedesco o americano è da chiarire, invece manda a ramengo) e allora …(ne abbiamo parlato, più o meno bene, per “il caso Rosarno” e per la politica seguita dal sindacato di base USB).

Il cerchio si chiude?

Abbiamo detto: così il cerchio della manovra controrivoluzionaria si chiude, fra parentesi il condizionale. Con soddisfazione piena e vittoria netta sul campo della guerra di classe, di tutti gli alti poteri del capitalismo internazionale. Fatto salvo quelle frazioni di borghesia “reazionaria” scorie di un passato storico fatto di anacronistici steccati nazional-statali travolti non dai “feroci comunisti” e dalle congiure “giudeo-bolsceviche” da cui sono ossessionate ma dall’incedere globale del Capitale stesso. Esattamente come vaticinato dal Red Terror Doctor, “giudeo” di Treviri. E fatto salvo naturalmente i proletari i quali debbono imparare ad arrangiarsi nel alles-gegen-alles della moderna, evoluta e democratica Open Society, dismettendo le lamentazioni verso “lo Stato che ci ha abbandonati”. (E così sia, raccogliamo la sfida: “Gli operai vinceranno se capiranno che nessuno deve venire. L’attesa del Messia ed il culto del genio, spiegabili per Pietro e per Carlyle, sono per un marxista del 1953 solo misere coperture di impotenza. La rivoluzione si rialzerà tremenda, ma anonima”. “Programma Comunista”, maggio 1953)

Per i liberals-“progressisti” di sinistra infatti così è, così il cerchio deve chiudersi, punto. La gestione dell’immigrazione, negli attuali numeri, è perfettamente compatibile con il funzionamento ordinato delle società metropolitane bianche e ne rappresenta una condizione di sviluppo. La solidarietà umana e cristiana dovuta, l’accoglienza “ai disperati”, si concilia con le esigenze delle nostre macchine produttive e con le quadrature contabili e sociali della nostra moderna società, nel presente e in prospettiva. Doveri di coscienza e della morale civile, portafogli privati e conti dello Stato, tutto si tiene: un bilancio di classe decisamente in attivo per i cantori della “società aperta”.

Al popolaccio, ottuso e ignorante non granché convinto da questo tipo di chiusura del cerchio, essi spiegano che l’accoglienza dei forzati-migranti non è affatto un peso per la società, al contrario è una risorsa, quasi un “fattore keynesiano” di crescita economica. Non solo perché, conti alla mano, il grosso dei quattrini stanziati per la gestione dei migranti finisce in larghissima parte nelle tasche dei nostri albergatori, commerciati ecc. e in quelle delle società cresciute come funghi attorno “a questa industria” (definizione molto calzante che prendiamo da un giornale locale, il “Messaggero Veneto” gruppo Repubblica-L’Espresso). Ma “questa industria” ha inoltre creato molti e “qualificati” posti di lavoro, una numerosa schiera di “operatori e professionisti dell’accoglienza” (per usare sempre i termini dello stesso quotidiano) addetti, e questo lo aggiungiamo noi, ad insegnare “ai disperati”, ai forzati-migranti come si fa a diventare Civili: come si fa a diventare dei buoni schiavi salariati o come si fa a diventare dei buoni padroni, imprenditori di successo partendo da qualche start-up e cogliendo così le opportunità che la Open Society borghese offre alla libera iniziativa di ciascuno, nero o bianco che sia.

Dunque per il liberal-progressimo di sinistra, tutta l’agitazione delle destre populiste e sovraniste ha gonfiato ad arte tutte le problematiche legate all’immigrazione per guadagnare facili consensi fra il popolo-bue di cui si solletica gli istinti più egoisti e belluini. Arrivate al governo, esse provocano ed alimentano con la loro “barbara” gestione di quelle problematiche una tensione sociale gravida di pericoli “per la democrazia e la convivenza civile”. Si staglia, nitida e chiara, la operazione politica di distrazione di massa messa in campo da questi servi e strumenti del potere del Capitale: fronte del “libero e civile progresso” e della Democrazia contro la tenebra della “reazione” nazionalista e fascistoide. Le migrazioni non sono il portato dello sviluppo e dunque della crisi capitalistica internazionale (sviluppo e dunque, di conseguenza, crisi. Non sviluppo e …armonia, non sviluppo e …pacifico progresso. Tutto spiegato da Carlo Marx) né tantomeno, ovviamente, un aspetto della guerra di classe internazionale. Le tensioni sociali che ne derivano sono invece il frutto malato di una “particolare politica”, della politica delle destre fatta di “chiusure e protezioni egoistiche”.

Gli opposti servi gemelli delle destre, controreplicano con la loro politica di distrazione di massa, travestita da scudo nazionale e patriottico alzato in difesa degli interessi “del popolo” che bada bene, si capisce, a mantenere le condizioni per la pressione al ribasso sulla classe lavoratrice. Inutile ad esempio cercare in questo preteso “scudo nazionale” delle reali misure, che non siano beffe, per stroncare il caporalato o il sistema dei subappalti, né l’attuazione di una “logica e pulita” politica da Stato borghese per la concessione dei visti per l’immigrazione (vedi la semplice e “banale” domanda posta dal patriota africano di cui sopra) poiché al capitalismo italiano di cui, come gli altri gemelli, sono servi torna comodo tenere sotto il ricatto della “clandestinità” una massa di proletari immigrati.

Il proletariato è serrato in questa morsa, senza scampo si direbbe. La nostra Fede totale, assoluta e cieca invece ci dice – contro tutti e contro tutto – che la lotta di classe del proletariato nello scontro in atto a scala internazionale, verrà a sconvolgere i piani degli opposti gemelli servi e strumenti del Capitale. Non è, questa nostra, una petizione ideale e di impotenza reale. Lo scontro di Forze è in atto e si misura a scala internazionale. Sicché, per esempio, l’odio di popolo e la violenta opposizione che circonda in Mali piuttosto che nel Niger le truppe occidentali, comprese le pattuglie dei militari italiani presenti in missione, “umanitaria e di pace” of course; gli assalti rabbiosi, di cui non a caso l’informazione libera e democratica parla molto in sordina o proprio per niente, dei senza riserve del Sud Sudan contro i “centri di assistenza” allestiti dalle agenzie “umanitarie” internazionali (3); tutti questi non sono episodi di lotta di classe da misurarsi isolati gli uni dagli altri, ma si riverberano per via diretta o indiretta nelle vicende “di casa nostra”.

Atti di Forza esercitati da una massa di senza riserve nera, la quale in questa maniera bussa alle nostre porte e in questa maniera ci domanda d’essere “accolta”, d’essere raccolta: via le missioni “di pace” occidentali, via le missioni “di pace” italiane dall’Africa! Atti di Forza a cui “spalancare i porti”, portandoli a fattore di una comune ed unitaria potenza rivoluzionaria di classe. Ma da questo orecchio sembra che non ci sentano molto né gli uni né gli altri. Da questo punto di vista, “la sensibilità” umana dei crocerossini “progressisti” è decisamente atrofizzata così come quella delle destre che pur affettano di battersi (nella retorica buona per accalappiare i fessi) per la difesa della Patria e “di tutte le Patrie” (comprese quelle da cui sono sradicati i senza riserve migranti) piallate dai “poteri mondialisti”.

Breve rassegna sulle postazioni politiche di fuoco anticlassista e controrivoluzionario

Le politiche di cosiddetto “cambiamento”, in tema di immigrazione piuttosto che di “riforma sociale”, avanzate dal governo sovranista e populista vanno denunciate e combattute in quanto derivate e funzionali al complessivo piano politico controrivoluzionario di cui tanto la Lega che i 5 stelle sono servi politici. Il loro bluff “riformista sociale”, buono a far guadagnare tempo alla borghesia, e la loro politica, assai popolare, da mastini in tema di migranti, si danno e possono darsi sotto l’ala protettiva della potenza imperialista incarnata da un Trump. Finché dura. Un governo sovranista “di cambiamento” all’ombra del superimperialismo: sovranisti marionette! Governo Lega/5 stelle, governo di fanfaroni e servi!

Dall’altra parte i servi gemelli. Attraverso il campo di forza politico liberal-progressista, un campo assai articolato di fuoco altrettanto anticlassista e controrivoluzionario, di cui è parte importante la Chiesa sponda Bergoglio, la borghesia riesce ad estendere, per vie dirette e indirette, la sua influenza e capacità di controllo sociale e politico su una vasta area della società. Utilizzando e profittando, per via diretta e indiretta, della strumentazione politica scovata negli antri più lontani, nascosti e impensabili.

Una delle principali linee d’attacco politico, anticlassista e controrivoluzionario, veicolato in particolare dal “solidarismo” di matrice cattolica, si sviluppa attorno all’insidioso e velenoso discorso contro “l’egoismo degli Stati”, indifferenti di fronte alla disperazione umana che bussa alle nostre porte. Discorso che in prima istanza e in superficie si rivolge contro alcuni Stati, in particolare quelli che intralciano l’asse liberal-atlantista come gli spregevoli del gruppo di Visegard. Ma che in profondità significa, tradotto nella realtà della lotta politica e sociale: attacco all’”egoismo” di classe del proletariato, alla “egoistica” difesa dei suoi “privilegi” nella società bianca e occidentale. Occorre “spezzare il pane” e condividerlo con “i disperati” e i diseredati del mondo. Occorre cucire attorno alla classe lavoratrice il saio dei frati. Il tutto, e qui sta il punto chiave, sotto il potere che non si tocca – e guai a chi lo tocca! – del Capitale, sotto la Dittatura del Capitale che semmai … va riformata (giusto salario e giusto profitto, vecchia storia dalla Rerum Novarum in qua).

Anche noi comunisti siamo per “spezzare il pane” e condividerlo in una vera e per una vera comunità umana, e non per “dividere in parti uguali” la miseria e la ricchezza, facce della stessa medaglia capitalistica. Anche noi siamo per una disintossicazione dal consumo e dai mille “bisogni” drogati della presente società, perché questo è un carattere necessario alla lotta di classe per la rivoluzione sociale e per la Dittatura proletaria. Al contrario, la politica anticlassista del “solidarismo”-riformista sociale, serve la Dittatura del Capitale in un duplice senso: quello della semina dei principi della pace e della concordia sociale, e quello, dentro la lotta politica in corso, mirato all’indirizzo e all’inquadramento delle forze sociali da esso influenzate e mobilitate nel tranello della “lotta per la Democrazia” (presunta opposta al campo “della reazione” fascistoide) teso per prevenire ed immobilizzare l’azione di classe del proletariato, assicurando così a doppia mandata le catene della conservazione borghese.

Una sintesi magistrale delle politiche anticlassiste e controrivoluzionarie del campo liberal-progressista in tema di migrazioni e “accoglienza” (come di tutto il resto) è espressa in Italia da figure come ad esempio quella di una Emma Bonino.

Nella trama politica di questa punta di diamante della Democrazia e del feroce anticomunismo, si coniugano sia gli interessi asciutti, grigi, “venali” e vitali! del capitalismo da cui ovviamente non si prescinde (l’Italia, ci dice la leader Radicale citando gli studi della Confindustria, ha bisogno di “accogliere”, noi stavamo quasi per dire “importare”, 160 mila immigrati all’anno per i prossimi dieci anni) che gli ideali “solidaristici” e “libertari” di una rosea “società aperta” e dei “diritti universali” da garantire ad ogni individuo, ad ogni atomo-persona, “ideali” buoni ad accalappiare una massa di piccolo-borghesi.

Questa eminente figura del campo liberal-progressista è una delle bestie nere dell’opposto e gemello, servo e strumento del Capitale, campo dei sovranisti e social-nazionali (la principale bestia nera: il filantropo Soros). Costoro imputano ai liberals “cosmopoliti” di voler abbattere ogni frontiera, cancellare le Patrie e ogni “protezione nazionale” e di tagliare ai popoli dell’Europa bianca e cristiana le loro radici (e di tagliarle agli stessi forzati-migranti: 10-100-1000 Patrie libere ed uguali, per i demagoghi social-nazionali!), “omologarli” ed assoggettarli, indifesi e “invasi dagli stranieri”, al dominio di un pugno di plutocrati (come abbiamo già detto, preferibilmente giudei).

I servi sovranisti e social-nazionali del Capitale, non vedono o meglio fanno finta di non vedere che le politiche perseguite dai Soros, dai Clinton/Obama, dai vertici della UE, dalle Bonino, dai D’Alema ecc., in breve dal capitalismo liberal-democratico, non intendono affatto radere al suolo le frontiere degli Stati (la rivoluzione di classe, proletaria e comunista lo farà!) quanto piuttosto crearne di nuove, quando serve. Vedi la sorte riservata alla Jugoslavia piuttosto che al Sudan. Fomentando ed istigando, quando serve, il furore patriottico e nazionalistico dei popoli, come nel caso dei patrioti fascisti ustascia croati, di quelli ucraini oppure delle pedine nazionaliste polacche (buone queste ultime ad essere giocate sia dai Soros/Obama che dai Trump!). Creandolo dal nulla, quando serve, questo “furore patriottico” come nello Stato Sud-Sudan creato ad arte. E staremo a vedere a quale degli opposti campi di gemelli, servi e strumenti del capitalismo internazionale e dei suoi campi di forza, farà comodo aizzare il patriottismo dei catalani piuttosto che …dei sudtirolesi o dei padani o del “sud ribelle” d’Italia. (Non ci si illuda che la cosiddetta “questione del Nord” – e “del Sud”! – sia seppellita insieme al cadavere politico di Bossi. Se e quando farà comodo, essa sarà riaperta a comando. E sarà da ridere, da ridere si fa per dire, vedere gli attuali sovranisti e patrioti darsi addosso come in una gabbia di matti. In parte ciò si è già intravvisto nei riflessi registrati in Italia al tempo dello scontro acuto Madrid/Barcellona e dei referendum “autonomisti” lombardo-veneti dello scorso autunno).

Le vere frontiere cioè le vere postazioni difensive di cui entrambi i campi di servi gemelli coprono lo sventramento, sono quelle di classe del proletariato; la vera Cosa che si sforzano di tagliare e soffocare alla radice, è l’organizzazione politica indipendente proletaria di classe.

Ed ancora: in nome di quale “ideale”, cioè in nome di quale interesse materiale una Bonino, per dire di una punta di diamante liberal, predica “il diritto di migrare ed il dovere di accogliere” se non in quello dell’”Europa”, cioè del costituirsi di un effettivo centro di potenza imperialistica in grado di competere con gli altri colossi capitalistici mondiali? Che è poi lo stesso “nobile ideale” per il quale le destre invocano il controllo e, se serve, la chiusura delle frontiere. Misure peraltro sostanzialmente attuate in più circostanze dalla stessa sinistra-progressista quando in posizione di governo, da Minniti ai socialdemocratici austriaci alla stessa superstar “progressista” Obama ed altri.

Gli uni per una “fortezza Europa” collegata indissolubilmente al supremo bastione d’oltre atlantico del “campo della libertà”; gli altri per una “nuova Europa” potenza imperialista sovrana, libera dal vassallaggio imposto dai “liberatori” un tempo sbarcati in Normandia e in Sicilia.

Gli uni hanno disintegrato la Libia con la copertura politica data all’operazione imperialista persino da ampi settori della cosiddetta sinistra radicale. Gli altri vi si sono opposti a parole, e con l’evidente sott’inteso politico che l’opposizione (verbale) era determinata dal fatto che gli “alleati” (francesi in primo luogo) ci stavano rovinando gli affari e scalzando da un nostro spazio vitale, da “una terra nostra”: a chi la Libia (e l’Africa)? A noi!

Qualora si presentasse la necessità di una occupazione militare diretta dei territori libici, al solito sotto il velo “umanitario” del contrasto al traffico degli esseri umani, eventualità già apertamente messa in conto da certi ambienti delle Forze Armate (4), assisteremo probabilmente ad un gioco rovesciato fra le parti, fra gli opposti servi gemelli. Senza escludere, quando l’emergenza lo richiedesse, il ricorso formale al governo di Unione Sacra nazionale, come fu nel 2011. Sempre che non provveda prima, e “a furor di popolo”, l’operazione chirurgica necessaria alla borghesia italiana per dotarsi di quel comando autoritario sulla società – comando autoritario-democratico e costituzionale – che ad essa è necessario per traversare la tempesta cui stiamo andando incontro, pena la frantumazione del Paese.

Una variante “estrema” del campo anticlassista e controrivoluzionario liberal-“progressista”, è quella incarnata da figure come quella di Ada Colau, ascesa dalle “barricate” no-global alla carica di sindaco (sindaca!) di Barcellona. Una vera e propria icona per il radicalismo anarcoide e piccolo-borghese di tutto il continente. Nella visione politica rappresentata dalla prestigiosa sindaca (molto stimata anche dagli ambienti liberal alto borghesi che contano) l’attacco “all’egoismo degli Stati” (vedi sopra) è declinato in versione laica-radicale, nel quadro più pieno (e fosco per noi) di una Open Society borghese. Dove “i desideri” di una moltitudine multicolore di atomi-persone, sciolte da ogni vincolo di classe e nella “più piena libertà” e rivestiti di tutti i “diritti universali” di questo mondo, possono realizzarsi… (A proposito di “libertà” di cui si gonfia la piccola-borghesia radicale è utile declinare le nostre credenziali. Con le parole di Bordiga: “il movimento proletario non ha bandiera di libertà, ma di distruzione della libertà di oppressione dei borghesi”) Questo personaggio-icona di tutti i movimentisti spinge il suo “radicalismo” fino all’affermazione di voler accogliere nella sua città tutti i migranti vaganti nel Mediterraneo, ma impedita a farlo …dal potere centralista di Madrid.

Di che pasta sia fatta questa gente, di che pasta sia fatto il loro spirito “umanitario e libertario”, lo conosciamo molto bene, e per esperienza diretta. Li abbiamo affrontati, al tempo della lotta per la Jugoslavia, questi omologhi e sostenitori di Otpor (ricordate Otpor, strumento “radical-libertario” dell’imperialismo in funzione anti-jugoslava ed anticomunista?). Ed abbiamo visto, stampata sulle loro facce, la loro isteria antiproletaria e anticomunista.

Se, alla fine di questa scheletrica rassegna di focolai politici controrivoluzionari, citiamo una caso estremo e limite, lo facciamo per indicare: uno, quanto sia spinosissima la questione dei flussi migratori per tutti i militanti il campo della Rivoluzione proletaria e comunista; due, quanto sia grande la capacità della borghesia di estendere, anche per via indiretta, il suo controllo politico sulla società.

Il caso limite ed estremo rappresentato da Lotta Comunista (5), squallido e tetro “partito leninista” che osa richiamarsi alla Sinistra Comunista italiana ed internazionale e che certamente conta meno del due di briscola nel mazzo delle carte giocate dalla borghesia, è significativo nel senso di cui sopra. Negli slogan di queste caricature “leniniste” in tema di migranti campeggia un altisonante “Accogliere tutti per cambiare tutto”. Slogan nella giusta combinazione “estremista” ed ecumenico, buono da poter stare affisso nelle parrocchie, sia pure quelle fedeli alla linea bergogliana.

L’”analisi scientifica” di queste caricature “leniniste” spiega e dice le stesse cose di …Emma Bonino (e dei D’Alema e compagnia cantante “progressista”). Cioè che il complesso economico/industriale italiano ed europeo necessita e necessiterà di una imponente iniezione di nuova forza-lavoro. E che le problematiche legate all’impatto dei forzati-migranti nelle società metropolitane sono strumentalmente sollevate e agitate dal fronte delle destre sovraniste e populiste le quali coltivano e gonfiano “la paura”.

Il discorsetto che questa massa di forzati-migranti rappresenterà la nuova e giovane massa di operai industriali, prossima nuova leva di reclute per il Partito che i diffusori di Lotta Comunista attendono di molestare davanti ai cancelli delle fabbriche e agli usci di casa, non vale un fico secco. Vale e conta invece la traduzione politica di queste “analisti scientifiche” calata nella lotta politica in corso. Col frasario alquanto ermetico tipico di questi figuri : “Contro il governo della paura”, si dice nella campagna promossa dal mini-partito. Il che significa – ermetismo e chiacchere “leniniste” a parte – accodamento al carro del fronte borghese democratico, come ultima rotella di scorta. Rotella di scorta di quello che una volta si chiamava “arco democratico e costituzionale”. Campagna “contro il governo della paura” (quello attuale “sovranista”. Delle marionette, dei servi sovranisti diciamo noi) che si affianca da posizioni di “estrema sinistra” , nella sua sostanza politica, a quella del campo liberal-progressita, utile alla borghesia per predisporre il terreno al vero governo di comando democratico-autoritario che verrà, una volta esaurita la funzione delle attuali marionette sovraniste “al potere”.

Il nostro posto, sulla via della più assoluta e intransigente indipendenza di classe

Noi non siamo “specialisti” di niente, non ci azzardiamo quindi in cosiddette “analisi scientifiche”. Diciamo francamente che andiamo per istinto, per fiuto. Non granché marxisticamente parlando, lo ammettiamo. Questo “criterio” – che però c’azzecca 99 volte su 100 – ci ammaestra che se le “analisi scientifiche” svolte da caricature del calibro di cui sopra dicono una cosa (che è poi la stessa delle Bonino, dei D’Alema ecc.), è vero – 99 su 100 – il contrario.

Noi pensiamo che le strutture economiche delle moderne ed evolute metropoli, nella presente “ultima” fase del capitalismo internazionale – “ultima” nel senso che si approssima alla risoluzione catastrofica della sua crisi – non permettano di assorbire quella massa di senza-riserve in sovrannumero per la contabilità capitalistica prodotta dal globale meccanismo capitalistico stesso e forzata alla migrazione verso i poli “del benessere”.

L’epoca delle grandi concentrazioni industriali nelle metropoli, delle galere di lavoro salariato alla Mirafiori con 50 mila proletari messi a profitto nelle catene, è alle nostre spalle. I processi sempre più sofisticati di automazione che si generalizzano nelle reti produttive delle nostre società, “liberano” gli schiavi salariati dalle catene delle Mirafiori smantellate o in via di drastico ridimensionamento.

Per quanto incessantemente il capitalismo “produca” bisogni nuovi ed “industrie” per soddisfarli, non pensiamo che queste nuove “industrie” siano in grado di assorbire le masse dei senza-riserve in sovrannumero e forzate alla migrazione.

Questo processo oggettivo non significa affatto che l’antagonismo storico proletariato-capitalismo venga a svanire o ad annacquarsi. Anzi esso si esaspera e si eleva, abbracciando e coinvolgendo ogni aspetto della società intera. La posta in gioco è, sempre più chiaramente, il controllo, il potere sulla società, in un quadro maledettamente più complicato per le forze che si battono per la Rivoluzione proletaria. In questa nostra epoca “terminale” del capitalismo si incrociano drammaticamente da un lato “la produzione” in eccesso di senza-riserve nelle periferie e dall’altro la drastica riduzione delle riserve (monetarie e sociali) a cui ha potuto attingere per una lunga fase storica, e in parte può tutt’ora attingere, il proletariato “bianco” delle metropoli e che poi costituivano la solida base del “capitalismo popolare” e “popolarizzato” sorto dalle distruzioni e dai macelli della seconda guerra imperialista mondiale.

La difesa “egoistica” di queste residue, e ancora comunque ben tangibili, riserve può avvenire da parte della classe lavoratrice “bianca” metropolitana in una duplice, e diametralmente opposta, direzione. La prima sul piano di una “chiusura nazionale” e di un relativo “riformismo sociale” che irreggimenta la classe proletaria dentro allo Stato o alla coalizione di Stati, preludio non ad una fase di “più equilibrata cooperazione” sullo scenario globale (come pretendono le destre social-nazionali e sovraniste, le marionette sovraniste che si gonfiano il petto grazie alla spinta dello zio Sam che le ha mandate avanti), ma alla esasperazione della competizione fra i mostruosi centri di forza del capitalismo internazionale. Tale direzione, prefigurata dalle politiche “sociali e popolari” di un Trump o da quelle altrettanto “sociali e popolari” dei mostriciattoli, cristianissimi, paesi di Visegard, dispone la classe sul tracciato che prelude allo scioglimento borghese della crisi capitalistica: una nuova guerra imperialista mondiale. Opposto a questo tracciato è il piano dell’”egoismo” di classe, del sacrosanto “egoismo” di classe che i comunisti rivendicano nella prospettiva della Rivoluzione sociale e della Dittatura proletaria.

In tale contesto per noi si pone la drammatica questione dei flussi migratori che non ha soluzione in ambito nazionale e nemmeno nell’ambito di coalizioni di Stati borghesi, ma è questione di scontro di Forze e di guerra di classe a scala internazionale. Gli attuali campi di forza politici che si battagliano “pro” o “contro” la cosiddetta “accoglienza” dei forzati migranti, convergono sull’obiettivo maestro e supremo del disarmo politico preventivo del proletariato.

L’impatto della massa dei forzati-migranti nelle metropoli “bianche” accentua senz’altro ed anche drammaticamente una serie di problematiche sociali di cui vengono investite le fasce popolari delle nostre società. Problematiche reali che le destre populiste o neofasciste tout-court non si inventano, ma che semmai utilizzano per scopi di divisione di classe (a cui sono deputate, fanno il loro sporco mestiere). Le questioni quindi legate all’espandersi del degrado materiale e morale che affliggono e debilitano la nostra classe nel suo insieme, vanno riconosciute e affrontate per le corna. L’esperienza pratica su questo terreno a cui riferirsi e a cui attingere è, a nostro avviso, quella tracciata a suo tempo dalle Black Panthers statunitensi, ossia: pulizia (U e non O) materiale e morale all’interno delle nostre fila e dei quartieri e territori popolari. Non più polizia, “più Stato”, ma più organizzazione, più auto-organizzazione di classe. Difficile, difficilissimo, come tutto il resto.

No alla carità! Italia imperialista e democratica, via dall’Africa e dalle altre “periferie” del mondo!

Ed ora il testo del patriota eritreo. Come abbiamo detto all’inizio, egli si pone su un piano di “liberazione nazionale” e di costituzione di uno Stato o di una coalizione di Stati “veramente indipendenti” che non è certamente il nostro, quello della rivoluzione di classe proletaria internazionale, Qui, nella metropoli necessariamente saldata a Lì, nella periferia e viceversa. Tuttavia in controluce leggiamo fra le sue righe il senso di una profonda umiliazione patita e subita da tutti i popoli neri e, allo stesso tempo, l’orgoglio e l’irresistibile spinta a reagire facendo a meno della compassione e della carità elargite dall’uomo bianco. Anche noi comunisti avvertiamo profondamente questa umiliazione umana e di classe, inflitta dalla Forza del Capitale ai proletari di ogni razza e colore.

4 agosto 2018



NOTE

  1. K. Marx, 1853: “I risultati futuri della dominazione britannica in India” in “India, Cina, Russia. Le premesse per tre rivoluzioni”. Ed. Il saggiatore
  2. Flussi migratori, immigrati disertori” articolo del luglio 2017 di una “attivista della Repubblica Democratica del Congo” di cui ampi stralci sono stati pubblicati dal sito www.lindro.it.  E’ un testo, per gli estratti che abbiamo potuto leggere, estremamente significativo. Da una parte vi è il chiaro e dichiarato orizzonte della lotta antimperialista, cioè la liberazione del continente africano dalle catene dello sfruttamento di marca occidentale e per la costituzione di un “veramente libero e indipendente” Stato borghese nero. Ma dall’altra parte si riconosce che solo la lotta di classe da parte delle masse proletarie africane può smuovere la situazione. Alla giovane borghesia africana che schifa l’attuale situazione di assoggettamento del continente e che anela “la liberazione”, però fa paura, fa molta paura il movimento di classe dei neri d’Africa. Nella nostra prospettiva “l’impasse” si deve sciogliere con la scesa in campo …della Forza che manca. Cioè quella del proletariato “bianco” delle metropoli.
  3. Leggiamo dal sito, collegato al Giornale berlusconiano!, “gli occhi della guerra”, data 6 marzo 2018. “Il Niger in piazza contro i soldati stranieri”: “Manifestazioni di piazza, scontri e feriti nelle principali città, slogan contro il governo ma anche contro i soldati stranieri presenti nel paese… (ce ne dovrebbero essere, nel silenzio generale, per il momento una cinquantina di italiani. Intralciati oltretutto dai soliti “alleati” francesi… ndr) …Da almeno una settimana, presso la capitale Niamey così come nelle altre città si organizzano manifestazioni in piazza con diversi attivisti pronti a mobilitare centinaia di cittadini, si chiede a gran voce il ritiro dell’ultima legge finanziaria… Al fianco però delle proteste contro le nuove misure economiche, da qualche giorno a questa parte in piazza iniziano a comparire cartelli con riferimento alla presenza di truppe straniere nel paese. … Gli slogan urlati sono quindi contro le forze armate occidentali, fatto questo che prima d’ora non si era mai verificato….” CAPITE PERCHE’ LA LIBERA E DEMOCRATICA INFORMAZIONE, DI DESTRA E DI SINISTRA, CERCA, FINCHE’ PUO’, DI METTERE LA SORDINA SULLE MISSIONI “UMANITARIE E DI PACE”?
  4. Immigrazione, il piano del Generale Vincenzo Santo: ecco come fermare l’invasione” da Libero 15 luglio 2018
  5. Abbiamo riportato in queste pagine le gesta squadristiche degli energumeni di Lotta Comunista contro compagni rivoluzionari. Siamo su questo punto d’accordo con Lutte Ouvrière che rispetto a queste squallide e tetre caricature “leniniste” scrive: “Non vogliamo avere niente a che fare con la vostra organizzazione” (Si veda il carteggio sul sito dei corrispondenti italiani di LO) . Un compagno, Fulvio dal Bò, recentemente scomparso che pur era stato fra i fondatori del circolo torinese del gruppo, uscendone molto provato fisicamente e moralmente dopo anni di milizia, ha detto la seguente semplice verità: “Quelli di Lotta Comunista potrebbero essere anche in mille in una fabbrica, e sia il padrone che i sindacalisti dormirebbero sonni tranquilli” (cfr. Pagine Marxiste, dicembre 2016)

4 agosto 2018


COLLEGAMENTO A BESTIARIO





Da africano vi chiedo: “perché aprite i porti?”


lospecchiodelpensiero/ luglio 2, 2018


di Daniel Wedi Korbaria


A voi occidentali che chiedete di aprire i porti e non gli aeroporti chiedo: perché volete questo tipo di immigrazione via mare con migliaia di persone ammassate su barconi fatiscenti? Oggi la vicinanza delle Ong alle coste africane ha trasformato i barconi in gommoni scadenti sui quali si continua a morire. E più disgraziati partiranno più saranno quelli che rischieranno di annegare. Almeno fateli arrivare in aereo con un visto regolare come sono venuto io!

D’accordo, mettiamo il caso che il vostro buonismo trionfi e che si aprano i porti (e non gli aeroporti), allora vi chiedo: quanti africani volete far arrivare nella vostra “accogliente” Europa? Avrete anche voi un limite numerico a questo esodo, o no? Quanti arrivi di immigrati il vostro buon cuore può accogliere? E a quale cifra vi fermerete? Ad 1 milione? 10 milioni o 100 milioni di immigrati? Oppure volete qui oltre un miliardo di popolazione africana? Io sono strasicuro che anche voi avete una soglia di sopportazione, sono sicuro che ad un certo punto anche voi direte: basta!

Ma poi che ci dovete fare con tutti questi africani? Avete forse già preparato case dignitose da affittargli? Domicili più umani che non siano i soliti campi di accoglienza, Cas, Hub, Cara, Sprar, eccetera? Siete pronti ad affittargli la vostra casa con un contratto regolare? Poi dovrete anche farli lavorare a differenza dei vostri giovani che non trovando lavoro in Italia scelgono di emigrare. Ancora vi chiedo, che tipo di lavoro volete fargli fare? Un lavoro onesto e in regola, roba diversa dalla solita schiavitù nei campi agricoli del meridione?

Ecco, vi sarei eternamente grato se voleste rispondere a queste mie domande.

Diversamente non farete altro che confermarmi il dubbio atroce che mi assilla da anni e cioè che questa immigrazione è oramai diventata per voi una vera droga.

Troppe persone ne fanno uso, c’è chi si augura addirittura la morte di un bambino (1) per poter fare un regime change al neo “governo del cambiamento” italiano per sostituirlo con uno immigrazionista. C’è chi ha perso la lucidità mentale e dall’attico di un grattacielo d’oltreoceano parla come se avesse il potere straordinario di conoscere tutto quel che accade nel Mediterraneo. Gli sballati intellettuali onnipresenzialisti dei mainstream media volutamente sfruttano la parola magica “rifugiati” per agevolare gli amici degli amici che lucrano con l’accoglienza e giustificano il lavoro sporco delle navi negriere. Costoro devono sapere che non esistono “rifugiati africani” che scappano dai loro paesi ma solo persone in fuga dall’operato dell’Occidente e dal suo neocolonialismo.

Voi stessi li state costringendo a scappare e aprire i porti non sarà certo la loro salvezza. #Parliamone.


Daniel Wedi Korbaria, scrittore eritreo, ha pubblicato diversi articoli in italiano poi tradotti in inglese, francese, tedesco e norvegese.


(1) Edoardo Albinati (scrittore)

Tratto da: lantidiplomatico