nucleo comunista internazionalista
note




“SLOVENIA LIBERA”
CON L'EUROPA

Grazie alla rete satellitare Arcoiris, che trasmette anche la Telesur di Chavez (ringraziamenti veri e sentiti da parte nostra!), abbiamo potuto seguire un simposio dei Beati Costruttori di Pace di don Albino Bizzotto in cui, per parlare dei problemi della “pace”, è intervenuto per la Slovenia Franco Iuri. E sul suo intervento, estremamente significativo, vogliamo un po’ soffermarci.

Chi è Franco Iuri? Un giornalista e politico della “sinistra” slovena, bilingue di Capodistria, protagonista in prima persona dell’operazione dell’indipendenza della Slovenia dal “capestro” jugoslavo per entrare nella libera e democratica Europa cui, secondo l’orientamento della politica locale di tutti i partiti politici nati dalla frantumazione della Lega, essa era destinata per la sua vocazione extrabalcanica. Paese ricco, avanzato, quello era (o sembrava...) il suo storico destino; non nuovo, in realtà, viste le precedenti avance austro-ungariche e poi tedesche, nel corso della prima e della seconda guerra mondiale, per sottrarla allo jugoslavismo, e cioè per inglobarla nel proprio spazio di dominio imperialista. Cosa cambiava nel 1991, quando ai vecchi pretendenti si sostituiva la “nuova” Europa? Nulla, per noi. Ma per le “sinistre”locali, così come per le locali destre, tutto ciò si configurava come la conquista di uno spazio indipendente proprio, all’altezza dei suoi livelli avanzati economico-sociali e culturali, che in Europa, finalmente, si sarebbero potuti realizzare al di fuori dei “condizionamenti” balcanici.

Inutile dire che se la Slovenia ha potuto raggiungere quei livelli “in proprio”, ciò era avvenuto unicamente grazie ad una lotta di liberazione nazionale pan-jugoslava, a tinte fortemente sociali (anche se in nulla “comuniste”, come da bandierina ad essa apposta). Solo un’eroica resistenza di massa contro i nazi-fascisti (compresi gli italiani autoproclamatisi per un certo tempo duci di Lubiana) e contro le classi indigene quisling aveva potuto dare agli sloveni, come ai serbi, ai croati, ai macedoni etc. etc., una dignità di popolo sovrano. Le contraddizioni inerenti al successivo sistema “autogestionario” jugoslavo, all’insegna di uno sviluppo interno combinato e diseguale hanno poi portato all’emergere di una realtà slovena privilegiata e conflittuale rispetto all’iniziale afflato jugoslavista. A queste contraddizioni si poteva rispondere in due modi: o enfatizzando tali elementi in vista della rottura con la Federativa per “entrare in Europa” sulle proprie supposte gambe “autonome”, o ingaggiare una decisa lotta di classe contro le classi borghesi dominanti in Jugoslavia per rilanciare lo “jugoslavismo” titoista su un diverso, e contrapposto, piano comunista internazionalista, a partire dal territorio del paese, ma non confinato ad esso. Per motivi storici nient’affatto misteriosi, questa seconda alternativa è stata completamente azzerata; e ciò dovrebbe costituire un problema da risolvere per i nostalgici della “Jugoslavia di Tito” (ce n’è parecchi anche qui da noi!), incapaci di comprendere come effettivamente quella Jugoslavia era altra cosa rispetto al disastro poi intercorso, ma ne costituisse l’inevitabile premessa.

Lo”jugoslavismo” di Milosevic non rappresentò, anche nei suoi momenti più “degni”, altro che una versione nazional-serba, incapace strutturalmente di offrire alle masse dei vari popoli jugoslavi una prospettiva unitaria di classe, la sola possibile; ed è pertanto assodato che, basandosi sull’opposizione a questo suo tentativo nazional-borghese, le forze politiche dei vari “popoli” jugoslavi abbiano potuto tranquillamente svolgere la propria funzione scissionistica in assenza di ogni e qualsiasi contropresenza comunista.

Iuri è stato uno di quelli che ha promosso la causa della Slovenia indipendente, illuso (da buon nazionalista democratico) di poter entrare nella più promettente casa europea come tale. Una casa più grande, più libera, cui accedere appieno coi propri tratti distintivi. Ne è stato premiato con incarichi di governo sino ai massimi livelli. Ma poi è successo qualcosa...

Assieme al percorso per entrare in Europa c’era, inevitabilmente, quello dell’ingresso nella NATO. La Slovenia “democratica”, naturalmente, ci stava (c’era già stato Berlinguer, d’altronde!), ma intendendo la NATO come forza armata sì, ma di “pacificazione”, regionale ed internazionale, visto che la “guerra fredda” era ormai finita e, con la caduta del Muro, si sarebbero potuti abbattere tutti i muri in nome di una “nuova” cooperazione internazionale di pace coinvolgente Ovest ed Est, e infine tutto il globo. Una fregnaccia storica –non è nemmeno il caso di sottolinearlo!-, ma realmente corrispondente ai sogni utopici di una “sinistra” slovena incapace di ragionare ed agire in termini storici di classe (grazie proprio ai presupposti titoisti!), e tuttavia non del tutto omologata in partenza nel senso dell’attivismo imperialista. La Slovenia che ambiva ad entrare in Europa e nella NATO si presentava, perciò, con particolari caratteristiche: essa si voleva, innanzitutto, ”denuclearizzata”, propulsiva di un disegno di “pace” da portar dentro il blocco cui intendeva inserirsi. Di qui l’adesione ad un gruppo di paesi “denuclearizzati” (Irlanda, Svezia, Messico, Sud Africa di Mandela etc. etc.) portatori di tale disegno.

Il sogno (sul cui sincero intendimento non nutriamo dei dubbi, fatta salva la sua inanità) è durato ben poco. Europa e NATO aggressiva, sotto guida USA, si sono rapidamente mostrati come un tutt’uno indissociabile. Ed allora alla Slovenia sognatrice si è francamente imposto di scegliere. O con noi o fuori e contro di noi. La guerra all’Iraq, nel quadro della guerra preventiva e permanente contro le resistenze anti-imperialiste, è stata brutalmente gettata sul piatto. O sottoscriverla o... Balcania. E tutte le forze politiche “nazionali” slovene si sono piegate al diktat. Secondo atto: o uscite dal “blocchetto” degli “antinuclearisti”, o... Balcania. Idem come sopra. Nella “nuova” Europa abbiamo già la base di Aviano in cui sono depositati armamenti nucleari. E voi pretendereste di far qualcosa di diverso? Le “nostre” flotte armate di testate nucleari devono avere libero accesso al porto di Capodistria senza “interferenze” da parte delle autorità locali, o... Balcania. Queste sono le condizioni per l’ingresso nella NATO reale e nell’Europa reale. Nel 2003, su queste basi, si è indetto un referendum popolare in Slovenia per sottoscrivere o meno il diktat. E qui non solo tutti i partiti dell’”arco costituzionale” si sono pronunciati a favore, ma, come testimonia Iuri, sono arrivati a Lubiana dall’Europa di “sinistra” dei personaggi di peso a sollecitare la ratifica di esso. Due nomi per tutti. Joska Fischer, il “verde” tedesco del governo Schroeder, così interessato all’”ambiente” da aver bisogno di immetterci l’aria fresca delle atomiche e, indovinate?, Romano Prodi. E il “movimento dei movimenti” pacifista? Semplicemente non si è accorto del problema; esso non ha sentito il bisogno di “espatriare”...!

Su questo Iuri si è sentito in dovere di rompere con un trend politico interno inclinante alla semplice ubbidienza agli USA ed ai suoi tirapiedi europei, “sinistra” in prima linea, come si è visto, per dire NO alla NATO a queste condizioni. Ciò va a suo merito, beninteso, salvo che le suddette condizioni non sono un accidente, ma la diretta conseguenza di uno status imperialista provvisto delle sue inderogabili leggi e che è del tutto impensabile una difformità slovena nel quadro di esso, cui proprio il secessionismo sloveno antijugoslavista aveva offerto i presupposti. Non può pensarsi di combattere gli effetti della droga (imperialista) dopo averla assunta in abbondanza sino all’assuefazione. Il dato interessante è che il no alla NATO, nonostante l’assenza di un referente politico in grado di capitalizzarlo e dare ad esso un indirizzo conseguente, ha ottenuto nel referendum un risultato eccezionale del 36% dei votanti. Il che significa che dal basso si manifesta una resistenza in cerca di autore. E, qui, l’autore non può essere né la politica “nazionale” che conta né un supposto referente di “sinistra europea” che, come Iuri attesta, ha agito in controsenso. Esso è, in prospettiva, un partito comunista capace di rispondere all’Europa reale con un’azione coordinata dal basso, a cominciare proprio dal riscatto dell’unità balcanica contro di essa. Tutti i “popoli” ex-jugoslavi sono stati “liberati” dall’Europa e dagli USA imperialisti per esservi schiacciati. Senza il riconoscimento di ciò, con tutte le conseguenze che ne derivano, nessuna petizione “indipendente” di micro-popoli può spezzare la catena della comune schiavitù.

Troppo anche per l’animo ed il cervello di un Iuri. Troppo anche per i “beati costruttori di pace”, che si accontentano di registrare e magari megafonare delle istanze in contraddizione con l’ordine vigente, senza però trarne –ed è ovvio!– le necessarie conseguenze antagoniste di classe. “Pareri”, “opinioni”, “atteggiamenti” pacifisti..., tutto è buono quel che si contrappone al “senso comune” guerrafondaio. Ma qui non si tratta di idee personali, ma di schieramenti di classe; cosa che eccede ogni limite... bizzotto, per quanto noi possiamo gratificare il prete in oggetto per il suo buon spirito cristiano antiguerrafondaio.

E’ interessante notare che non solo in Slovenia, ma anche in tutta una serie di altri paesi governati da “fedelissimi di Washington” o... Bruxelles (così Iuri ha qualificato Rupel), gruppi consistenti di giovani si stiano dando da fare contro la normalizzazione occidentale e natoista chiamandosene virilmente fuori. Con quali programmi ed a che fine? Non certamente i nostri, all’immediato; in nessun modo nel senso di un rimpianto per il perduto “socialismo”, di cui, in qualche modo, misurano il carattere odioso che c’è stato, e non riscattabile dall’interno!, di “dittatura” estranea ed opposta ai propri bisogni. Sì, però, nel senso di segnare un confine di scontro tra sé e la realtà del dominio capitalista effettivo che qui si concentra. Semplici “cittadini”, comunque non ignari della propria storia, o, politicamente, “anarchici”. Gli uni e gli altri sono destinati a riconoscersi, ne siamo certi, come classe antagonista, e quindi come comunisti, una volta smaltita sino in fondo la sbornia di un falso comunismo da cui deriva necessariamente l’avversione al vino DOC. Il vino buono, in giusta misura (lo ricordiamo a don Bizzotto), è raccomandato anche da san Paolo contro la debolezza di stomaco, nervi e cervello. Ritornerà sulla mensa! Vi supplichiamo: cercate di non annacquarlo! I “beati costruttori di pace” devono trasformarsi in beati costruttori di guerra di classe. Questo il succo che ricaviamo dalla “testimonianza” di un Iuri cui ci guardiamo bene dal gettare le pietre addosso per quel che da lui non ci si poteva aspettare di più, ma da cui traiamo la lezione di quel che sarà, oltre lui ed anche, in qualche modo, grazie a lui ed ai suoi sodali.

Cosa vogliamo dire? Che anche quest’opposizione “fantasiosa” alla NATO, e in ultima analisi anti-imperialista, costituisce un anello materiale nel percorso verso le nostre posizioni di fondo; un percorso che non può restare inscritto in essa, ma che spetta a “noi”, nel più ampio senso storico, dirigere verso il suo sbocco decisivo. La fantasia, le idee, i “programmi” che agitano la società slovena, e non solo!, rivestono un contenuto reale su cui far leva per portarli al livello della rivendicazione comunista internazionalista. Esso si dà, materialmente, senza che noi possiamo rivendicare di aver mosso un dito per attuarlo. Ciò che possiamo rivendicare è che esso è nostro.

15 ottobre 2007