nucleo comunista internazionalista
note




ANCORA SULLA
PRIMAVERA DI LOTTA
IN FRANCIA

La prova di forza attorno all’imposizione della Loi travail, dopo tre mesi di mobilitazioni di massa di una parte significativa della gioventù di Francia e di settori di salariati, è ancora in pieno svolgimento.

L’imposizione di questa legge significa la feroce subordinazione del Lavoro alle necessità del Capitale. Fra gli altri segnaliamo due dettati della legge. Il primo : “Si potrà licenziare se il fatturato avrà iniziato a calare per un trimestre, nelle aziende con meno di 11 dipendenti, per due trimestri fra gli 11 e i 50 lavoratori, per tre fra i 50 e i 300 lavoratori e oltre questa soglia se il giro d’affari sarà stato in calo per quattro trimestri consecutivi” ed ancora un secondo micidiale dettato, chiamato, come in una guerra, “accordo offensivo” che stabilisce: “Per strappare una fornitura o un progetto eccezionale che ha un’importanza determinante sul suo sviluppo e la sua sopravvivenza, un’azienda può proporre un’intesa con i lavoratori che preveda un aumento dell’orario del lavoro e una maggiore flessibilità nella sua distribuzione, ma senza l’aumento dello stipendio. L’accordo dovrà essere approvato dai sindacati. In seguito, se il singolo lavoratore non lo accetterà, sarà oggetto di un licenziamento di tipo economico.” (La Stampa, 12/5/16 “In arrivo il Jobs act in salsa francese”) Si tratta, come si vede, di misure da vera e propria guerra di classe: le sorti del lavoratore messe in diretta relazione al variare trimestrale del fatturato! E nel caso dell’“accordo offensivo” lo schiavo salariato dovrebbe accettare per far vincere “la sua azienda” (“per strappare una fornitura o un progetto eccezionale...”) la riduzione della paga e l’allungamento dell’orario di lavoro, battendo “la concorrenza” cioè mettendo nelle pesti gli schiavi salariati delle aziende “sconfitte”.

Alla Forza che il capitale per il tramite del governo “socialista” ha deciso di applicare imponendo per decreto, “scavalcando il parlamento”, la sua legge sul lavoro e, fra l’altro, decretando il divieto di manifestare alle parti più combattive del movimento (cfr. il Manifesto, 17/5/16) occorrerà che il movimento stesso trovi l’energia di rispondere con una uguale e contraria applicazione di Forza. Il che significa non solo e non tanto il necessario confronto e la necessaria lotta fisica contro gli apparati ed i simboli del regime capitalistico, la messa a ferro e fuoco delle sedi del PS come è già avvenuto e delle sedi degli industriali e delle filiali di banche ecc.., quanto la predisposizione per l’estensione del movimento di lotta alla massa profonda della gioventù proletaria delle banlieu e della classe lavoratrice che è rimasta sin’ora in larga parte se non spettatrice passiva, senz’altro alla finestra . Cosa certo facile a proclamare ma indubbiamente assai ardua e complicata da realizzare.

Intanto, dopo tre mesi di lotta, la parola determinante è alla piazza. Intanto il dato di fatto di un governo “socialista” del capitale costretto dalla piazza a gettare, per un momento, la maschera democratica che normalmente riveste i diktat del Capitale, costretto ad uscire allo scoperto fuori dal terreno che più gli è congeniale cioè quello delle manovre, degli inganni, delle chiacchiere parlamentari, intanto questo, sia come sia, è un punto di merito e di vantaggio ad onore di questa primavera francese, della sua gioventù combattiva in particolare. La coltre di silenzio che i media del regime democratico si sforzano, fin che possono, di mantenere sulla lotta di classe in atto contando sul suo rapido sfaldamento e dispersione è l’eloquente indice dell’imbarazzo e della paura del contagio dei detentori del potere borghese, in Francia e fuori una volta contrastati da un reale e non fasullo movimento di lotta.

Detengono tutte le leve del potere, denari, mezzi di controllo e repressione, tirano i fili dell’indottrinamento e della propaganda del regime. Squinternano di fronte alle masse i loro libri contabili che sono in rosso, deficit che la classe lavoratrice dovrebbe, insindacabilmente, pagare. Il loro potere è, appunto, insindacabile, apparentemente inattaccabile. Eppure sono messi in confusione, in imbarazzo da una ribellione spontanea senza alcuna velleità sovversiva e che per quanto verace rimane tutt’ora parziale e circoscritta!

E poi, fuori di Francia e a proposito del pericolo di contagio, c’è il silenzio e l’imbarazzo dei funzionari e dei servi del potere borghese addetti al controllo della classe lavoratrice. Tre mesi di mobilitazioni da parte di una minoranza giovanile e di una minoranza proletaria riescono a tenere sotto scacco il governo “socialista” di Francia, a farne emergere le contraddizioni così come quelle della “destra sociale” lepenista. Comunque si concluda il braccio di ferro attorno alla Loi travail si può già affermare che l’effetto di questi tre mesi di lotta è quello di una iniezione di fiducia fra le masse. Tre ore di “sciopero generale” sono bastate alle Camusso, ai Bersani, ai Fassina e ai Landini per far trangugiare ad una stordita classe lavoratrice d’Italia la sanguinosa legge Monti/Fornero. In quale buco dovrebbero andarsi a nascondere le Camusso, i Landini con tutti i loro apparati buoni a promuovere soltanto lotte fasulle e a seminare la reale sfiducia e lo scoramento fra la classe lavoratrice?

Abbiamo detto che non vi è nessunissima velleità sovversiva nella direzione che questa lotta di classe ha trovato e si è data attorno al centro di coordinamento Nuit Debout. L’indirizzo e il quadro generale preponderante è fuori di dubbio quello di una lotta per La Riforma, per un cambiamento di politiche interno al meccanismo capitalistico. Le migliori energie sprigionate dalla lotta possono dunque benissimo ritrovarsi piegate ed incanalate dentro il recinto generale della dominazione borghese. Niente di nuovo, anzi è la regola e da qui la necessità per la minoranza rivoluzionaria di assumere in pieno e di petto i temi della lotta politica all’interno del movimento.

In questo nostro saluto al movimento vogliamo in breve segnalare uno fra i temi politici di fondo che ci balza all’occhio e che ci appare, per come è svolto, come una evidente falla aperta. Lo segnaliamo prendendo lo spunto da un’intervista di Jaris Geneste che è il responsabile dello staff legale di Nuit Debout (dal sito Gazette Debout, “Les dangers de la nouvelle loi travail”). Dopo aver puntualmente descritto e denunciato le ricadute distruttive della Loi Travail sul fisico e sulla psiche dei lavoratori (resi dipendenti agli indici trimestrali del business aziendale!) si dice: “Ora, la buona salute di una azienda – quello che la Loi Travail chiama ’buon funzionamento dell’impresa’ – risiede prima di tutto nella buona salute mentale e fisica dei suoi salariati. Questa Loi Travail porta perciò a moltiplicare le assenze dal lavoro per ragioni sanitarie, ricadendo sui conti economici delle imprese stesse e contribuendo ad aumentare il deficit del sistema di sicurezza sociale nazionale. E’ stato in gran parte il sistema di protezioni dei salariati apportato dal Code du Travail (quello che è stato il nostro Statuto dei lavoratori, ndr) a fare dei salariati francesi i lavoratori più produttivi al mondo”.

Condensato nelle parole di questo attivista è il comune sentire della grande maggioranza di chi tiene da tre mesi e con determinazione la piazza. L’incongruenza del discorso, la falla aperta nello scafo di un movimento che si ritrova ad incrociare la corrazzata di Sua Maestà il Capitale ci appaiono evidenti. Noi non siamo sicuri se effettivamente i lavoratori francesi, grazie alle protezioni sociali del tempo che fu, fossero “i più produttivi al mondo”. In ogni caso: e allora per quale ragione al mondo il padronato, la borghesia francesi si sono indotti a scardinare e sfasciare un sistema così affidabile e rodato e a così alta produttività? I patrons non saprebbero tutelare “la buona salute” delle loro aziende, invece i salariati, quando ben garantiti e protetti e magari quando loro stessi fossero compartecipi o “azionisti” delle aziende stesse, garantirebbero il massimo della produttività ossia quel livello di profitto necessario a vincere la guerra sui mercati. Oppure che forse la feroce lotta di concorrenza sui mercati è una “invenzione” dei padroni, un meccanismo che si può bellamente eludere?

C’è “qualcosa” che non quadra. Il retro pensiero di fondo che informa questo genere di ragionamento è che, al solito, les patrons sono guidati dal calcolo “sbagliato” per cui conta solo il loro particolare profitto immediato, a scarto e detrimento dell’interesse complessivo del sistema e della Nazione. Le politiche “cieche”, “sbagliate”, “selvaggiamente liberiste” ecc. dei patrons e della borghesia francesi compromettono il necessario equilibrio sociale ed infine “tradiscono” la Nazione.

Energie e movimento nuovi, quadro riformista di sempre si potrebbe dire. Ma ad essere cambiato è il quadro generale della competizione capitalistica a scala mondiale, aspra e feroce al punto da costringere un governo “a guida socialista” ad imporre per decreto la rinnovata e più cruda forma di dominio del Capitale contre le Travail.

19 maggio 2016