nucleo comunista internazionalista
note





L’ORRORE PEDOFILO
E CERTI SUOI SOSPETTABILI CENSORI

Diamo per scontato che il letamaio della pedofilia, assieme a tutta un’altra serie di licenziosità sessuali non conformi ai casti dettami predicati dal pulpito ecclesiastico, fa parte da tempi immemorabili delle pratiche tradizioni cattoliche (e ne vedremo poi i motivi) e che i primi a saperlo sono proprio le alte autorità in oggetto, le quali, specie negli ultimi tempi, si sono sforzate di mettervi freno.(Perché? Non solo per il trasbordare del letamaio sul piano dell’immagine, ma anche per i pesanti contraccolpi economici subiti dalle casse vaticane, negli USA in particolare in seguito alle ripetute cause di “risarcimento”. Come? Con prediche, sorveglianza raddoppiata e sanzioni moltiplicate. Un apparato tappabuchi – scusateci l’involontario gioco di parole – che assolutamente non risolve il problema alla radice.) Saremo gli ultimi a minimizzare il problema e le responsabilità tutt’altro che individuali – di singoli preti “deviati”– che ne stanno alla radice, ma qualche dubbio ci sovviene quanto alle buone intenzioni ed alla dirittura morale di quanti hanno scatenato l’attuale scandalo massmediatico sulla questione. Una questione di tempistica, oltretutto. La vergogna pedofila, come s’è detto, non solo è nota da quel dì, ma, semmai si dovesse giudicare in base alle cifre ad essa relative, è piuttosto in calo, di questi tempi, che in stagnazione o, peggio, crescita in forza del passaggio (obbligato) delle gerarchie da posizioni di copertura del fenomeno ad una (difficoltosa e contorta sin che si vuole) accettazione a farsene direttamente carico coram populo. Orbene: come mai si finge che la bomba stia scoppiando dopo che è ripetutamente scoppiata in passato e ci siamo ridotti a residui (schifosissimi sempre) petardi? La risposta risulta facile se si considerano gli attori dell’attuale offensiva e gli obiettivi che essi si propongono dietro il paravento di una finta campagna moralizzatrice antipedofila. In posizione marginale, ma abbastanza rumorosa, è la Chiesa Anglicana (nata in seguito ad affari di letto nazional-regali), ridottasi sin dai suoi esordi a braccio religioso degli interessi politici dello Stato britannico e delle sue classi dominanti e da sempre alle prese col comodo caso politico-sociale irlandese. In seconda istanza, abbiamo le varie Chiese “neo-evangeliche” (massimo insulto al Vangelo!) statunitensi, quelle che si danno anima e corpo alla difesa aggressiva del “vangelo” capitalista yankee contro ogni ipotesi di “giustizia sociale cristiana” – immediatamente bollata come bolscevica – del tipo di quella predicata, se non altro (sia pur con molte astrattezze) dalla Chiesa Cattolica con ampie riserve d’ascolto tra latinos e neri, razze inferiori per definizione rispetto al buon cristiano anglosassone armato di Bibbia, colt e conto in banca. Si tratta né più né meno di sodomizzatori di cervelli in nome dell’imperialismo (qualcuno vada a vedersi su SKY i siti relativi), e, per noi, questo tipo di violenza va ben oltre i confini pedofili. In terza istanza – lo diciamo senza preoccuparci di essere assimilati a certe dichiarazioni clerical- grossetane –, c’è una massiccia offensiva anticattolica da parte sionista, interessata a sollevare la questione-pedofilia per sue ben precise ragioni. Per rendersene conto basti andare al n° 4 (aprile 2010) di Pagine ebraiche, “il giornale dell’ebraismo italiano”, p. 14, che pure non è per definizione oltranzista, in cui si critica l’Osservatore Romano per i suoi “sbilanciamenti” a favore della causa palestinese (leggetelo in www.paginebraiche.it). Insomma: i “pedofili” contro Israele, per stringere la cosa. Sulla stessa lunghezza d’onda certi governi “laici” (Francia in primis), che crediamo infastiditi non principalmente dagli scandali pedofili, ma dalle incursioni cattoliche nel senso del richiamo alla “giustizia sociale” (con tutti i limiti che sappiamo!) e dalle loro concrete azioni a favore dei “derelitti” (ahinoi!, siamo alle solite...”sinistrate”) contro le misure “inique” dello stato. Il quadro, a questo punto, è più o meno completo. A lanciare la prima pietra contro i peccatori non sono propriamente i più titolati a farlo.

(Un’eccezione al quadro di cui sopra è costituito da quanti, in campo cristiano, affrontano la questione nel merito da un punto di vista congruo, non strumentale: e vorremmo qui citare certi settori riformati, a cominciare dai valdesi con cui potremmo serenamente ritrovarci a discutere stando noi sulle nostre posizioni materialiste e non precisamente evangeliche)

Il fatto è che il cattolicesimo è una realtà composita entro cui provvisoriamente stanno assieme i fondatori di Radio Maria, lo IOR, i banchieri di Padre Pio e Sindoni varie etc. etc. e realtà di base che assommano gli Zanotelli, i Gallo, i Bensi, gli abbé Pierre, i “teologi della liberazione” etc. etc., uno stuolo di volontariati veri “lenitori” degli effetti del capitalismo (ciò che non basta affatto, ma merita attenzione e rispetto per poterne superare e scardinare i limiti intrinseci) come coloro che provvedono al sostentamento dei corpi materiali dei tanti ridotti alla miseria (800.000 a bussare alle mense caritatevoli nella sola Francia!). Il primo corno non ha mai dato fastidio a nessuno degli attuali “moralizzatori”; il secondo, obiettivamente e giustamente, preoccupa, perché esso è suscettibile di liberarsi dalla cappa di piombo vaticanesca (ciò che noi, in tutta modestia, cerchiamo di fare acciocché ciò avvenga). In conclusione: ben lungi dal preoccuparsi dell’”immoralismo” cattolico, i soggetti di cui sopra si preoccupano del pericolo di un trasbordo delle critiche cattoliche agli effetti del capitalismo ad una lotta contro le sue radici, che può ben nascere da basi insufficienti ed incoerenti, ma è suscettibile di trasbordare da esse, sempre che vi intervenga un indirizzo marxista capace di dar corpo materiale ad aspirazioni “umanitarie” di per sé costituzionalmente incoerenti.

Veniamo al dunque delle radici del disgustoso fenomeno pedofilo in campo cattolico (ma non solo, si badi bene). L’attuale Chiesa Cattolica ha elevato a proprio principio il celibato dei preti. Si tratta di un principio intrinseco al cristianesimo? Assolutamente no. Preti e persino papi sposati stanno nell’albo della storia. Solo ad un certo punto della storia concreta ecclesiastico-cattolica questo “principio” si è materialmente imposto. Si dirà, da parte vaticana: già Paolo parlava del celibato ecclesiastico. L’argomento non vale una pippa. Paolo rispondeva ad un quesito dei fedeli di allora e riguardante tutti essi – non una loro parte specifica, “il clero”–: è giusto sposarsi? Si era allora in attesa di una prossima seconda venuta del Cristo (come, al di là di tutte le contorsioni esegetiche successive, si evince da vari passi evangelici in cui tale certezza è più volte inequivocabilmente affermata, tanto da far dire a Paolo stesso: e se ciò non avvenisse saremmo trovati in errore). Il distacco dagli interessi “secolari”, famiglia compresa, diventava perciò la miglior via di preparazione alla veniente “vera vita” eterna, spirituale. Perciò si viveva comunitariamente in attesa ed i fedeli benestanti alienavano i loro averi per sopperire, nell’attesa, ai bisogni della comunità stessa “separata” dalle cure secolari. Si ripeteva uno scenario già visto con gli Esseni e proprio, anche in seguito, di varie sette millenariste. Ad ogni modo Paolo risponde: meglio, per tutti, l’assoluta castità onde concentrasi toto corde nella preparazione alla veniente parusia, ma lecito sposarsi piuttosto che bruciarsi(e neppure immaginava a quali bruciori sarebbero pervenuti certi celibi!).

Il venir meno della ricomparsa pressantemente attesa del Messia non valse a scuotere la fede dei cristiani (così come – potremmo dire parodiando – le mancate o tradite rivoluzioni proletarie non scuotono il... “messianesimo” comunista), ma obbligava certamente a ricollegare i fedeli nella vita secolare a tutti gli effetti. Spariva così il “comunismo primitivo cristiano” (assenteista) in cui qualche storto di mente intravvede una specie di anticipazione marxista e spariva il celibato non riproduttivo. Per l’insieme dell’ecclesia. La costituzione di un nucleo familiare “illuminato dalla fede comune dei suoi componenti”, diviene la regola imprescindibile per la continuità cristiana nella vita concreta, “mondana”. Per tutti: “semplici” fedeli così come per quelli destinati al “sacerdozio” (inizialmente non staccato come casta a sé dalla comunità stessa). E ciò per secoli e nelle Chiese poi staccatesi da Roma tuttora (gli ortodossi hanno continuato tranquillamente la vecchia tradizione ed i riformatori luterani e post nulla di nuovo vi hanno apportato).

Costituisce una novità in esclusiva quella del celibato, motivata semplicemente dal carattere monarchico assolutistico della Chiesa come gerarchia chiusa, interessata ad autoperpetuarsi senza nulla concedere ad interessi – anche soprattutto materiali – al di fuori di sé. La giustificazione “teorica” è suggestiva: lo si fa perché il prete sia interamente votato a Dio e sue code varie (Woytila si profferiva totus tuus autodedicandosi a Maria). A questa stregua il massimo di consacrazione assoluta dovrebbe essere attribuito alle suore di clausura in quanto assolutamente separate da questo mondo per dirsi totae tuae. Ma il sacerdote si trova poi ad operare nel mondo e non si vede come, in esso, possa dare lezioni persino di “sessualità cristiana” (di libri sul tema scritti da “vergini” ce ne sono a bizzeffe!) né si vede perché e come questo tema non abbia a coinvolgere lui stesso in quanto uomo in carne ed ossa ed in quanto – poi – la stessa Chiesa attesta (oggi) che il sesso non è peccato, ma recte inteso, sacramento. Perché, allora, privare i preti di tal sacramento ope legis(la realtà dei fatti va per conto suo, alimentando da secoli una divertita letteratura oscena su preti e frati canage buzarae, per dirla col Baffo)? Un tempo si aveva il coraggio (ultraimpudente) di dire: il sesso è una cosa sporca, e la donna instrumentum diaboli e solo il clero ne è immune, perciò è clero.

La dottrina cattolica attuale ha decisamente preso le distanze da questo suo passato, ma, quanto al clero, ribadisce le porte chiuse all’esercizio della sessualità; il che necessariamente significa: porte aperte ad una sessualità depravata. La stessa costituzione materiale umana (vero che materia = Satana!) è imprescindibile, per legge di natura, dalle pulsioni sessuali: né il prete anche più virginale può sfuggire alle erezioni ed eiaculazioni per quanto scongiurate né la suora di clausura può mettere il veto al ciclo dell’ovulazione che chiama all’accoppiamento. Tutto questo vi fa schifo? Prendetevela con Dio ed il suo “crescete e moltiplicatevi”, cui non ci sembra aver aggiunto “tranne preti, frati e suore” (anzi, Onan che semem spargebat in terram ne liberi nascerentur è severamente condannato).

Curiosissima è stata una recente uscita del cardinal Bertone: la pedofilia non ha niente a che fare col celibato, ma con l’omosessualità. Connessione del tutto inesatta (e qui le organizzazioni gay hanno ragioni da vendere). Ma, in ogni caso, come mai si spiegherebbe una così alta percentuale di omosessuali che poi inclinerebbero, per la “natura” del proprio orientamento sessuale, alla pedofilia all’interno del clero cattolico?

Crediamo sia venuto il tempo che il movimento sin qui troppo sotterraneo di preti decisi a non bruciarsi, ma ad esercitare liberamente una propria sana sessualità emerga con forza all’interno della Chiesa cattolica. Non si tratta che di prender esempio da altre comunità cristiane tipo, torniamo a citarla, quella valdese in cui non solo il pastore può dirsi credibilmente totus tuus rispetto al Cristo in cui crede col di più arricchente di una propria famiglia, ma vi sono ottime pastore, di regola maritate cui con difficoltà si troverebbe una diminutio rispetto al celibe-maschio cattolico, ancorché realmente verginale per obbligo e scelta, se del caso. L’impalcatura dell’istituzione cattolica non avrebbe nulla da perderci oggi, al contrario, registrando un moltiplicarsi di forze attive al proprio interno. A noi, è ovvio, una tale normalizzazione non farebbe cambiare di una virgola il giudizio che diamo su di essa. Diciamo solo che la ripulitura delle stalle vaticanesche dalla vergogna pedofila (e da tutto il resto in materia sessuale) favorirebbe un’accelerazione del processo di chiarificazione nostra rispetto alla massa dei credenti. Noi non siamo in alcun modo interessati all’antivaticanismo di maniera centrata sulle “anormalità”, come maldestramente si divertono a fare certi umoristi di estrema (francesi in particolare). Combattiamo l’oppio dei popoli nella e per la sua – se e quando acquisita – normalità a tutto campo in quanto religione, anche ad uno stadio di massima purezza di costumi e persino allo stadio del massimo impegno sociale di tipo caritatevole, pietistico, epperciò conservatore, con tutto il dovuto rispetto per tale impegno da rimettere in piedi ed in terra come impegno anticapitalista di uomini in carne ed ossa agenti per una reale liberazione dell’uomo.

UNA NON INUTILE PRECISAZIONE

Quando le gerarchie vaticane protestano che la questione pedofilia non costituisce una particolarità propria alla Chiesa Cattolica, ma, semmai, un male diffuso in vari pori della società (e, quindi, destinata anche a toccare uomini del clero indegni della loro missione) non hanno certamente torto, e siamo come sempre al precetto evangelico (ribaltato di senso): “Chi è senza peccato lanci la prima pietra”, per dire: siamo tutti sulla stessa barca epperciò sosteniamoci a vicenda.

I casi di pedopornografia occupano costantemente le pagine della nostra cronaca, espressione di una degenerazione complessiva dei costumi tipica della moderna Sodomia e Gomorra capitalista giunta al suo capolinea storico. Sarebbe interessante entrare in possesso di statistiche in merito, anche nella loro scorporazione sociale (che, e non ci stupisce!, tocca anche ambienti proletari, visto che “la cultura dominante è quella della classe dominante”). Di certo di questi episodi ricorrenti non solo si parla assai poco in termini di “analisi”, ma – guarda caso!– non si riesce quasi mai a sapere i nomi dei colpevoli e tantomeno delle vere e proprie reti cui essi sono connessi e, quanto alla giustizia, non ci risultano condanne esemplari (e riscontrabili sulla stampa), specie quando si tratta – come sovente si tratta – di “gente della buona società”. Ricordiamo il caso, anni fa, di un certo direttore dell’ACI di una città “redenta” a favore del quale, colto con le mani nel sacco, si mobilitò tutta una larga e trasversale fascia di “gente per bene”, laica ed ecclesiastica, di destra e di sinistra, a copertura. Che dire poi quando in gioco sono poeti di sinistra (magari bravissimi nel verseggiare) che addirittura si vantano dell’adescamento, o della pura e semplice compera di ragazzini de borgata? Se poi costoro ci scrivono sopra versi eccelsi quali “Ho trovato il mio angioletto/ in una losca platea/ fumava un sigaretto/ e gli occhi lustri avea” siamo addirittura all’apoteosi dell’arte e della libera sessualità, soprattutto in quanto diversa. Metti caso che uno di questi acquirenti di sesso “sottoproletario” (a proposito di colonialismo!) ci rimetta la pelle bisognerà evocare il fascismo assassino in agguato... Il regista famoso che se la fa con violenza con la ragazzina è, naturalmente, assolto in base ai... diritti dell’arte. Anzi, ci si commuove per lui, “ingiustamente” sottoposto a giudizio penale, nella stessa misura in cui ci si indigna per il povero prete costretto al celibato e in preda ad erezioni a tempo e luogo indebiti!

Una società in sfacelo non può che produrre orrori, anche in campo sessuale. La pratica del “libero consumo” (dal sesso alla droga), che per noi marxisti = consumo coatto, e delinquenziale, può portare a tutto. Così un presidente regionale può sentire, ed è tutt’altro che un caso unico nella congrega, il bisogno di “variare” la dieta con uno/a trans perché la regola del consumismo è: compra/vendita e consumo (meglio se “altroconsumo”) a tutto spiano. L’unico paletto apparente è quello apposto alla pedofilia (non si sa bene da dove cominci l’età proibita, ma la tendenza è comunque ad abbassarla costantemente). Perché diciamo apparente? Perché, in contemporanea, si fa di tutto per fare dei minori e minorissimi dei consumatori della merce-sesso, dei pedoconsumatori. Date un’occhiata alla pubblicità, alle trasmissioni TV, alla stampa per teen e baby-ager. La coazione al consumo (che non ha nulla a che fare con l’esistente e sana sessualità infantile, vedi Reich) sprizza da tutti i pori. Perciò non possono stupire le scuole medie trasformate in bordellini e la tredicenne che vende le foto porno del suo corpo in cambio (oggi) di “ricariche” del cellulare (e domani si vedrà cosa di più e meglio fare per la ricarica!). Facciamo solo due esempi dedotti dalla stampa “specialistica” di cui sopra. Una ragazzina di undici anni scrive alla redazione: non ho ancora le mestruazioni; posso fare sesso lo stesso? Risposta “moderata”: nihil obstat, ma non c’è fretta, vedi tu... Un bambino di sei anni e mezzo scrive: posso avere varie fidanzate? Risposta della “psicologa”: alla tua età sì, da adulti è più complicato (ma le complicazioni si aggirano...), quindi... approfittane, ma sappi che anche le tue fidanzatine possono averne a volontà. Non resta che sostituire alla doppia maestra o a quella di sostegno un distributore di preservativi ed assistenti-psicologhe per le istruzioni dell’uso. Ma, domandina maliziosa, se siamo per questa libertà infantile perché non ammettere un libero rapporto bimbo-pedofilo? (Ci consta, addirittura, che una pubblicazione sedicente trotzkista lo abbia teorizzato e sul Manifesto abbiamo letto en passant una raccomandazione contro un’eccessiva fobia in materia, sempre in nome della libera sessualità infantile di cui sopra...)

A questi due esempi contrapponiamo la risposta di un bravo frate su una rivistina cattolica per ragazzi ad una tredicenne stanca di prediche e in vena di “divertirsi”: ragazzina, l’amore ed il sesso ad esso connesso, la vita, non sono “divertimento”, ma responsabile espressione di umanità vera; predisponiti ad essa e vedrai che non ci perderai nulla perché una sana realizzazione di sé supera in soddisfazione il “divertimento”. Marxisticamente sottoscriviamo..

18 aprile 2010