nucleo comunista internazionalista
note



Eccidio israeliano
in occasione della Grande Marcia del Ritorno
nel Giorno della Terra

Con ira contro l’ennesimo odioso crimine perpetrato dalla punta di lancia dell'imperialismo occidentale in Medio Oriente abbiamo appreso dell'eccidio compiuto dall'esercito israeliano in occasione della Grande Marcia del Ritorno nel Giorno della Terra, 30 marzo, anniversario di un altro eccidio compiuto dagli Israeliani in quella data nel 1976 nei confronti di contadini palestinesi che protestavano per l'esproprio delle proprie terre in Galilea.

La Grande Marcia era stata organizzata non solo da Hamas, ma anche da “formazioni politiche palestinesi, laiche, di sinistra e religiose: anche Fatah, il partito del presidente (trattativista e succube di Israele, n.n.) Abu Mazen, che ha poi proclamato il lutto nazionale” (Il Manifesto 31.03.2018).

Alla Grande Marcia per il Ritorno partecipavano circa 30.000 persone, di tutte le età, perché non si perdesse la memoria storica di quei giorni e si rivendicasse il diritto al ritorno sulle proprie terre: terre in parte comperate dai sionisti ai feudatari arabi, ma poi conquistate manu militari da Israele, compiendo terribili eccidi (Deir Yassin 9 aprile 1948, etc.) nei confronti degli abitanti palestinesi e creando una enorme massa di esodati che continua a vivere nei campi profughi nei propri territori occupati (Cisgiordania e Gerusalemme est).

Diritto al ritorno per i Palestinesi? Mai e poi mai, dice lo Stato più democratico del Medio Oriente: questo è valso e deve continuare a valere solo per gli Ebrei, allo scopo di trasformare Israele nello “Stato degli Ebrei”, del “Popolo eletto” di biblica memoria! Apartheid teorizzato e realizzato!

La “razza inferiore” continui pure a “godere” di una “cittadinanza” di serie Z, oggetto di vessazioni e continue discriminazioni!

“I Palestinesi gridano al massacro pianificato, dicono, in anticipo da Israele, che ha preparato l'opinione pubblica mondiale, descrivendo la marcia a Gaza come una strategia volta a compiere 'atti di terrorismo' e a colpire le cittadine e i kibbutz ebraici oltre le barriere di demarcazione” (ovviamente a “demarcare” è sempre Israele!, n.n.) (Il Manifesto 01.04.2018).

La propaganda israeliana è stata prontamente accolta da molti media occidentali. In Italia uno dei giornali che ha fatto i reportages più fetidi è stato ovviamente “La Repubblica”, dove pontificano i vari Saviano osannati dalla “sinistra” anche “estrema” (31.03.2018): vi si parla di “guerra”, di “giorno di battaglia” lungo la recinzione, di “Hamas che tenta di uscire dall'angolo e gioca la carta della disperazione”, mentre si è trattato di un puro “tiro al piccione” da parte di reparti israeliani scelti su una popolazione inerme (Il Manifesto 01.04.2018). Senza dimenticare l'uso dei gas lacrimogeni lanciati da droni.

I morti palestinesi sono 17, quasi tutti giovani, circa 2000 i feriti. Ma questo non riuscirà a fermare l'indomita lotta del popolo palestinese. Gaza è la più grande prigione a cielo aperto del mondo, soggetta ad un durissimo blocco, gestito ora anche dall'amico dell'Occidente Al-Sisi e dal kapò Abu Mazen. La lotta continuerà senza dubbio fino al 15 maggio, anniversario della fondazione di Israele e della Nakba (“la Tragedia”) per i Palestinesi, il tutto suggellato dal trasferimento dell'ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme, come promesso da Trump.

Si può prevedere un nuovo massacro dei Palestinesi di Gaza: “Se la violenza (le proteste palestinesi) continuerà lungo il confine di Gaza, Israele espanderà la sua reazione fino a colpire i militanti anche al di là della frontiera” ha avvertito il generale Ronen Manelis, portavoce militare israeliano (Il Manifesto 01.04.2018) .

Poche, finora, le reazioni.

Nel settore dell’ “estrema sinistra” si trova il comunicato di condanna di Rifondazione comunista che, pateticamente, si lamenta per la mancata condanna di Israele da parte dell'ONU, visto come organizzazione super partes, e dell'Unione Europea, e richiede infine “al Presidente della Repubblica Mattarella di esprimere, come fece Sandro Pertini di fronte alla strage di Sabra e Chatila, la condanna del popolo italiano”(!!!)

Giunge notizia che a giorni dovrebbe riunirsi il Consiglio della Lega Araba: “Arabi, musulmani, dove siete?” scandivano ai funerali degli uccisi migliaia di Palestinesi. “Non ci aspettiamo nulla dagli Occidentali ma il silenzio dei paesi arabi non lo accettiamo” (Il Manifesto 01.04.2018).

Certo, le masse dei diseredati palestinesi non possono aspettarsi nulla di buono dall'Occidente, purtroppo neppure la solidarietà di un proletariato sempre più stretto dalla crisi, ma nemmeno possono aspettarsi un aiuto dagli Stati arabi, cioè dalle borghesie arabe, infeudate all’Occidente stesso.

Nel nostro articolo “Il diritto di Israele ad esistere: non esista il popolo a cui si è strappata la terra” (scritto subito dopo l'operazione “Margine protettivo”, 1 agosto 2014) scrivevamo tra l’altro della necessità per i resistenti palestinesi di abbandonare ogni illusione verso le borghesie arabe e di orientare la lotta contro l’aggressione di Israele e dell’Occidente su nuove e diverse basi di classe estese all’intero Medioriente: “Spetta ai resistenti di Gaza di porre sul piatto il problema di una rivoluzione di classe oltre i propri ristretti confini capace di ridisegnare per via rivoluzionaria gli assetti interni a tutto il mondo arabo attraverso una reale... estate di fuoco. Noi ci auguriamo questo dilagare di una nuova intifada palestinese ed araba in grado di incendiare l’area secondo nuovi e diversi connotati di classe”. Perché ciò possa darsi è innanzitutto necessaria, ieri come oggi, la ripresa di un movimento di classe, guidato da una politica rivoluzionaria, qui, nel cuore delle metropoli capitalistiche. Solo la ripresa, qui, di un siffatto movimento di lotta può rappresentare per i resistenti di Gaza e dell’intera Palestina un valido aiuto a spezzare le catene che li opprimono e li tengono prigionieri.

5 aprile 2018