nucleo comunista internazionalista
note





GRILLI PARLANTI
(SE NON CI VIENE TOLTA LA PAROLA)

Un compagno ci scrive per dire che le nostre critiche a determinate posizioni correnti nell’“ambente” sono non solo “legittime”, ma persino da lui “classico cane sciolto” – non sappiamo a quale dimensione – “condivise”, per poi farci una critica (cui poi cercheremo di rispondere, com’è nostra abitudine, senza affatto prendercela a male, visto che ogni e qualsiasi interlocuzione è da noi ritenuta utile per principio): “Com’è possibile che (..) le vostre critiche debbano sempre venire dopo e mai in quelle discussioni?” (con riferimento emblematico alle assemblee di Napoli e Roma sulla mobilitazione anti-intervento italiano in Libia), “non credo che sia questo il modo comunista per contribuirvi (...) e voi finite per essere solo grilli parlanti”.

Come anticipato, non ci scandalizza affatto la critica, che, se vogliamo, può utilmente suonare da incentivo. Certo, noi ameremmo essere sempre e dappertutto “presenti”, e non soffriamo di alcuna inibizione rispetto all’esserci da un punto di vista generale, ed astratto.

Preghiamo però il compagno che ci ha fraternamente (del che lo ringraziamo) scritto di prender nota di alcune cose.

Primo: il nostro ristrettissimo nucleo, composto da pochi compagni, tutti rigorosamente proletari costretti a vendere la propria forza(merce)–lavoro ha a che fare con esigenze di compatibilità materiali quanto alla suddetta “presenza” sempre e dovunque in ragione di tutta una serie di priorità “fattuali”. Ma questo sarebbe anche il meno se la partecipazione a determinati “incontri” fossero da noi giudicati realmente decisivi, e quindi ultraprioritari rispetto ad altre cose di cui ci tocca occuparci. Quando e dove le questioni sul tappeto risultano concretamente rilevanti ci siamo, o perlomeno cerchiamo di esserci. L’onnipresenza non è, per altro, di per sé un dogma che ci riguardi.

Secondo punto (più importante): noi, entro i nostri limiti ristrettissimi di “operatività”, cerchiamo non solo di produrre dei documenti sottoposti all’attenzione del milieu, che, guarda caso!, non trovano mai risposta da parte di coloro con cui dovremmo confrontarci in dibattiti pubblici... tra sordi (solo noi grilli a parlare!), ma di dar pubblicamente voce a posizioni altrui – con le quali sommamente c’interesserebbe confrontarci sul serio –, e, su questo terreno, francamente crediamo di non essere secondi a nessuno. Tanto per dire: il compagno che ci ha scritto vada a rivedesi il nostro ampio studio sulla questione della rivoluzione in Medio Oriente in risposta ad un (pressoché misconosciuto nell’ambiente) lavoro di “un” compagno di Schio, le ampie note (corredate di altrui testi d’appoggio) su certi interessanti scritti di Antiper, anche date per scontate le rispettive distanze di fondo, fino – saltando altre cose – alla nostra pubblicizzazione dell’iniziativa “di massa” napoletana, che continuiamo a ritenere vitale al di là delle distanze suddette e tante altre cose e cosette che, guarda caso!, vanno ben al di là della cerchia preconfezionata “selettivamente” dei “compagni” (vedi nostre messe a punto su questioni “religiose” nella forma, dietro la quale incombe un’atea materialità –, che hanno trovato un’eco e persino una “pubblicità” di cui ci compiacciamo tra “anime” sicuramente belle, anche se, al momento, distantissime da noi, mentre i molti temi marxisti rivolti ad aspiranti ed autoproclamantisi “marxisti” cadono, di regola, nell’assenza di ogni ascolto, vox clamans in deserto).

Quindi: ci siamo sempre prima e non dopo, anche se (e ci sarebbe da farci sopra un ragionamentino) tutto questo lavoro aperto, “non settario”, non ha mai trovato una risposta adeguata da parte di coloro che abbiamo chiamato in causa (risposta adeguata che non significa affatto accordo preconfezionato, ma franca e fattiva discussione).

Non crediamo che a ciò possa rimediare il fatto che in qualche assemblea in cui tutti “liberamente” parlano, ascoltando sé stessi e lasciando che gli altri dicano la loro senza mai tirarne delle fila, anche noi possiamo dire “la nostra” in nome del “diritto democratico di espressione”. L’unico risultato positivo che ci sembra di poter tirare è questo: alcuni compagni hanno positivamente risposto ai nostri documenti (positivamente significa anche con critiche – e siano le benvenute! –) e su ciò stiamo tessendo un filo di comunicazione reale, vada come vada.

Quanto poi alle assemblee di cui sopra, il compagno che ci scrive presume di non avervi trovato delle posizioni, per così dire, “anomale”. Forse, stavolta, è lui ad essere stato distratto. E’ vero che tutti vi erano contro il nostro intervento imperialista in Libia, ma come? E’ un dato di fatto che “qualcuno” si era, e resta, schierato con la pretesa “rivoluzione araba” antighedaffiana, salvo il fatto di opporsi al “nostro intervento imperialista” in Libia...contro di essa (e nel nostro documento ne esplicitiamo nome e cognome). Così come da “qualche parte” si è arrivati a parlare di alternativa d’intervento ONU...contro la NATO (o ce la inventiamo?). Ciò che abbiamo voluto sottolineare in Gran Varietà è proprio la melmosità di un preteso cemento “comune” “anti-imperialismo italiano” che, a questa stregua, non conduce a nulla, o peggio.

Ci sta benissimo che della “gente” si opponga alla nostra ennesima impresa libica, indipendentemente dai punti di riferimento teorico-programmatici e politici (compresa, ad esempio, una massa di “popolo” e veri proletari leghisti, come fu per la Jugoslavia). Il problema è dare a questo movimento delle linee di indirizzo inequivoche, cemento vero, che, ci perdoni il compagno che ci ha scritto, non troviamo affatto nelle assemblee inter-gruppi nelle quali potremmo anche essere “tollerati” come... grilli parlanti, cui qualsiasi Pinocchio si sente autorizzato a scagliare le proprie martellate.

Se ci fossimo sbagliati, avessimo letto cose mai scritte o ce le fossimo inventate noi di sana pianta per scopi di artata polemica a vuoto, saremmo i primi a cospargerci di cenere il capo. Ma così non è, e se ne renda ben conto il compagno che ci scrive (cosa di cui torniamo a dichiararci grati).

Il colloquio, quindi, può ben continuare.

24 giugno 2011