nucleo comunista internazionalista
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GRAN VARIETA’

BANDA GHANESE E BANDE NOSTRANE

banda ghanese

7 giugno corrente anno cristiano 2011. Apprendiamo dai televideo delle varie reti (uniformi nell’“informazione” e nel forcaiolismo) che le nostre gloriose forze dell’ordine (borghese) hanno sgominato una banda ghanese che illegalmente s’impadroniva di elettrodomestici gettati nelle discariche per rimetterli in funzione e rivenderli nel proprio paese dove i nostri scarti possono comunque rappresentare un lusso per chi non ha l’assillo (in piena crisi “generalizzata”!) di cambiare modelli obsoleti con altri più à la page, ma di dotarsi di un minimo di “valori d’uso” indispensabili ad una vita un tantino più umana. Questi ghanesi sono ora accusati di furto ai danni della “nostra” proprietà privata destinata alle discariche o alla rottamazione un tanto a quintale grezzo, e non dubitiamo che la nostra democratica e indipendente Magistratura delegata al rispetto della legge “uguale per tutti” saprà fare il suo corso riparatore punendo i colpevoli.

Si fa un gran parlare di “accoglienza” degli immigrati da spremere come merce-lavoro o, gran bontà cristiana e demosinistra!, da convincere a non muoversi dai loro paesi d’origine grazie ai nostri disinteressati aiuti “in loco” (c’è arrivato, da ultimo, anche Napolitano). L’accoglienza qui ha le sue regole: stiano diligentemente al loro posto senza pretendere di esprimere la propria voce di lavoratori. In questo senso la Lega, per definzione (fittizia) “anti-immigrati”, svolge benissimo il suo compito ben sapendo che questa manodopera è vitalmente necessaria per la “nostra” economia nazionale e, a tale scopo, sa anche predisporre l’“accoglienza” che serve (Treviso all’avanguardia di essa a scala nazionale). L’importante, ovviamente, è che gli “ospiti”, opportunamente “accolti” dalle “nostre” industrie in quanto macchina per il profitto, non fraternizzino dal punto di vista proletario, di classe con i “nostri” proletari. C’è, da altre parti politiche, un atteggiamento diverso? Le recenti vicende al Sud già offrono una risposta inequivoca. Destra o sinistra, la regola è una. E solo nel sindacato si apre uno squarcio diverso, sia pure con tutti gli sbarramenti del caso (per dirla in una: della “schiavitù” immigrata nei campi agricoli del Sud nessuna direzione sindacale “nazionale” si era francamente accorta ed anche dopo lo scoppio delle rivolte degli immigrati non pare che molto sia cambiato).

Quindi: gli immigrati non tocchino le nostre merci per quanto scaricate (e, se da riciclare, con ricavi contabili risibili tramite la rottamazione dei rifiuti che noi, paese imperialista, possiamo permetterci da gran signori – alla faccia della crisi! – quali siamo). Se i ghanesi o qualsiasi altra popolazione schiavizzata vogliono degli elettrodomestici se li comprino dalle nostre aziende al “giusto prezzo” che noi decideremo di stabilire. Niente dev’essere gratis per essi; se vogliono le nostre merci si dimostrino disposti a vendersi come si conviene in quanto proletari al nostro servizio.

In contemporanea si può benissimo assistere all’alloggiamento dei desperados magari in alberghi, vuoti per stagionalità extra-vacanziera, sulla base di opportuni accordi do ut des tra “liberi imprenditori” del settore e Stato (noi, maliziosamente, pensiamo non senza opportuni passaggi di danaro tra “datori di lavoro” statali o locali e aziende del settore). Oppure ci può essere una “cristiana accoglienza” ad opera delle aziende cattoliche (rigorosamente no profit) sovvenzionate lautamente dallo Stato e dai suoi tentacoli ultimi.

Ci sarebbe materia per un... referendum, visto che da noi ci si preoccupa dell’acqua che “non deve ridursi a merce” sotto il (mercantilissimo) “potere pubblico” garante di “noi tutti”. E noi accetteremmo che i nostri scarti non lo siano? Chi ne ha voglia cominci a raccogliere delle firme!

ANCORA LA LIBIA

I media fugacemente ci informano delle gesta con cui i “ribelli” di Bengasi si ricoprono di onore, ossia delle violenze da loro perpetrate nei confronti degli immigrati arivati in Libia (esclusi immaginiamo, dentro questa massa di ribelli, i “veri rivoluzionari”, cari a Ferrando ed altri fessi del suo calibro). Ma c’è una “spiegazione” assolutoria: i “ribelli” in questione li consideravano... ghedaffisti in potenza. E qui c’incorre un quesito. Da parte dei suddetti “compagni” alla Ferrando si è parlato a vanvera di presunti pogrom razzisti da parte del cattivissimo Gheddafi contro gli immigrati in questione. Per espellerli? Ci riesce difficile pensare come uno stato (certamente borghese, sia pure parvenu) possa immaginarsi di voler fare a meno di una fonte essenziale di merce-lavoro, tutt’altro che facilmente rimpiazzabile con la manodopera libica, a ciò refrattaria, grazie anche e soprattutto alle compensazioni welfariste derivanti dalla rendita petrolifera. E, se così fosse, come mai questa fetta di proletariato viene individuata dai “ribelli” come potenzialmente proghedaffiana? Qualora vincessero in Libia siamo sicuri che questi immigrati dovrebbero essere richiamati al loro servizio e non di certo a condizioni migliori; se gli attuali libertadores avessero avuto un reale programma di emancipazione politica e sociale questi immigrati sarebbero dovuti essere i loro più sicuri alleati. Non sembra proprio sia così.

Il “tiranno” resiste, indubitabilmente (salvo per i ciechi) sulla base di un appoggio di massa non scalfito dal passaggio di certi personaggi del regime – non tra i più commendevoli – dalla parte della democrazia-NATO. Un’infinità di bombardamenti “per proteggere la popolazione civile”, col suo tragico seguito di una caterva di cadaveri civili, non è riuscita tuttora a scalzare il “tiranno” dal potere sottoscrittogli, bene o male che sia, dal suo popolo. Sull’operazione “pulizia” della NATO, compreso lo scarico di uranio impoverito ed altro (ulteriore tema di riflessione per i nostri antinuclearisti, come fu per la Jugoslavia e l’Iraq o l’Afghanistan) ha già parlato chiaro il vescovo di Tripoli Martinelli (pare inascoltato dal Papa cui si è rivolto, vista la sua presenza nella Croazia “decomunistizzata” con onoranze per il boja Stepinac). Forse ciò è del tutto ininfluente per i Ferrando, cui si potrebbe suggerire un articolo sul “tristo connubio” clerico-ghedaffiano “contro la rivoluzione in corso”.

Noi, notoriamente, siamo i “quattro gatti” di cui ha parlato Ricci in nome del suo partito “comunista” dello zero virgola zero e qualcosa per cento e non disponiamo di enormi mezzi informativi per tastare il polso delle “masse” che altri s’immagina di guidare. Ma abbiamo comunque tentato di sondare i sentimenti delle suddette in veste araba. Un compagno nostro in Egitto ha raccolto sul tema della Libia questa voce del popolo: “Perché voi occidentali ci trattate così, perché ci bombardate?”. Le stesse espressioni le abbiamo raccolte in Francia tra la “plebe” immigrata. E’ d’obbligo rilevare che certe “direzioni” arabe, comprese quelle scese in campo in Egitto contro Mubarak, sono molto più comprensive nei riguardi dell’Occidente in quanto inequivoca espressione di strati piccolo e medio borghesi che sognano di adeguarsi ai nostri sostanziosi modelli di vita, ideologia compresa. La cosa non è nuova; l’abbiamo già vista, a suo tempo, nella “ribellione” cinese di Tien An Men, senza nulla togliere al fatto che tanto i Gheddafi che i Deng non ci suscitano alcuna simpatia e vanno combattuti da chi e per che cosa? Qui sta il problema – . Ognuno scelga, pertanto, i propri referenti.

Sul Manifesto leggiamo qualcosa sulle “turpi manovre” di Gheddafi che imbarcherebbe gratuitamente (anzi: imbarca a forza) fuggiaschi (fuggiaschi da che cosa, se non dalle bombe e dalla guerra impulsate dalle nostre democrazie e dalla caccia al nero a cui si danno i “ribelli”?) per mettere in difficoltà il “nostro paese”. Non abbiamo parole per commentare come meriterebbe! Altro che Maroni!

Una minima appendice su un documento apparentemente “in riga” (ne abbiamo già accennato nel nostro articolo “Svolte pericolose, incidenti in vista...”) di un paio di gruppetti associati che, dopo aver abbondantemente sponsorizzato la “rivoluzione di Bengasi”, si schiera però contro l’intervento imperialista, forse perché a detrimento della sua intrinseca purezza incontaminata. In esso si enfatizza addirittura il fatto – insacrosanto – che “il nemico principale è in casa nostra” e che, quindi, le armi “proletarie” vanno puntate contro il nostro governo (e può darsi anche contro la “sinistra” pretendente al trono berlusconiano, solidale con esso sul tema). Tutto apparentemente a posto. Il ridicolo è che si dica che l’Italia borghese persegue sul tema sempre e comunque i propri interessi “nazionali” allo stesso modo: a) amicizia con Gheddafi; b) parziale disimpegno rispetto all’intervento NATO; c) intervento pesante in prima persona alla coda di essa. Ci risulta piuttosto difficile comprendere la consequenzialità del tutto. “Probabilmente” ha più ragione Rinascita quando parla di “guerra a servizio di altri” (pur ammettendo che la nostra Italietta cerchi in ciò di ritagliarsi un proprio spazio secondo le esigenze da altrui dettate, com’è nella regola imposta ai vassalli). Davvero è la stessa cosa passare da un rapporto “amichevole” privilegiato con la Libia di Gheddafi, visto come il fumo negli occhi da certi nostri concorrenti continentali ed extracontinentali, ad un tardivo accodamento alle operazioni NATO? Il “nemico principale in casa nostra” non risulta, nella fattispecie dei tre passaggi di cui sopra, lo stesso in quanto affermazione dei propri interessi nazionali borghesi (su cui sempre è da sparare).

Ma la logica non pare essere materia corrente...

Una brevissima annotazione sul seguito intergruppi della (in ogni caso meritoria) manifestazione di Napoli contro l’intervento imperialista italiano in Libia. Una riunione abbastanza partecipata a Napoli ed un seguito sfilacciato a Roma. Ovvio per noi che ci sta bene una mobilitazione “di massa” (si fa per dire!, e non ne imputiamo i deboli esiti agli organizzatori della stessa). Ma anche solo per “immaginare” di mettere in campo qualcosa di alternativo occorrerebbe una linea d’indirizzo chiarissima. Bene che se ne discuta tra “avanguardie” che pretendono di guidare il movimento (a venire) o di dargli, più modestamente dei non-sostituzionisti “indirizzi”. Ma, alla prova dei fatti? Contro la prima guerra mondiale erano schierati il Papa coi suoi papa boys, i “pacifisti” del PSI ed altri e i... proto-comunisti. La cosa si è reiterata di recente in occasione dell’interventismo militare (pardon, umanitario) in Iraq e Jugoslavia. Utile terreno da cui pescare, ma occorre l’amo giusto, per noi quello, per l’appunto, comunista. Non un “fronte comune”, ma un magma da definire, staccare dalle petizioni pacifiste a vuoto e dirigere in senso anticapitalistico. Nel caso in oggetto si è sentito di tutto: dall’opzione “pro-ribelli” purché... (compresa l’incredibile opzione “alternativa” di un vero intervento umanitario sotto l’egida ONU e non NATO!) a quella di uno schieramento dalla parte di Gheddafi. In nessun caso, o quasi, schieramento nostro.

Continuiamo pure a discuterne, salvo a non accreditare la panzana che “siccome tutti siamo contro l’attuale intervento imperialista” stiamo dalla stessa parte. Escamotage utile, forse (in ogni caso a termine) per sentirci tutti appassionatamente assieme partecipi di un “campo comune” entro cui a ciascuno sia consentita la “libera espressione del proprio parere”. Cadono bombe e ben altre sono destinate a cadere, ragazzi, e non chiacchiere!

SEDOTTI E BIDONATI

Prendiamola dal lato comico, visto che la serietà latita (ed il comico sembra, da studi scientifici acclarati, far bene alla salute).

Una serie di sigle animate da buoni sentimenti umanitari invia una lettera a Pisapia sul tema “Israele/Palestina” riportata sul Manifesto del 5 giugno. Tra esse una “Rete Ebrei contro l’Occupazione” cui tributiamo da subito riconoscenza ed affetto “indipendentemente” da tutto ciò che segue.

Che dicono costoro? “Regione Lombardia e giunta Moratti, ora caduta per volontà di popolo, hanno preparato insieme al governo Netanyahu mega-celebrazioni delle realizzazioni di Israele. Cancellando l’esistenza del popolo palestinese”. E fin qui tutto a posto, così come sulla precisa denunzia della cancellazione di cui sopra quanto al popolo palestinese “cacciato dalla sua terra per costituire lo stato d’Israele. 750mila espulsi nel 1948-49, altri 300mila nel 1967, e la pulizia etnica continua oggi, ininterrottamente. (...) I ricorrenti attacchi militari contro le popolazioni civili, l’ultimo dei quali a Gaza ha fatto più di 1400 morti e 5000 feriti, in grande maggioranza civili, molti bambini”. Tutto OK, ed onore aggiuntivo alla rete ebraica che se ne fa carico.

Ma arriviamo subito al lato comico della faccenda: “Ti abbiamo eletto sicuri della tua convinta adesione ai principi di giustizia, libertà ed indipendenza dei popoli (linguaggio tipicamente mazziniano, tanto per restare nell’ambito del 150°!, n.): siamo sicuri che tu risponderai al nostro appello” per la cancellazione di tale obbrobrio destrorso, in nome della “Milano della Resistenza” ed altre banalità al seguito; “ti chiediamo anche di volerci ricevere”.

La risposta di Pisapia? Picche, ovviamente. Le mega-celebrazioni in oggetto non si toccano, ora che sono cosa nostra. Il protagonista della liberazione di Milano “dal rischio di ridiventare una città priva di libertà” (testuale!) potrebbe rispondere più o meno così: «Vi ringraziamo dei voti che ci avete dati senza accordi sottobanco e contropartite preconfezionate, visto che non siamo per il “voto di scambio”, ma zitti e buoni su questo tema da noi già anticipatamente definito. Israele non si tocca, l’ha dichiarato anche il più “estremista” tra noi, Nichi Luxuria assieme a Roberto Israel Saviano e Fassino. Certamente noi siamo, in linea “di principio”, per la coesistenza di due popoli e due stati, questi ultimi equamente suddivisi per una metà e tre quarti ad Israele ed il rimanente quarto ai palestinesi, sempre che i “reciproci accordi” tra le parti non siano intralciati da certi estremismi alla Hamas. E non dimentichiamoci, in proposito, della recente provocazione siriana che ha sospinto qualche decina di facinorosi ad infrangere i confini sacri di Israele, armati dalle “armi di distruzione di massa” della propria collera. La buona borghesia meneghina che mi ha eletto – con voi ininfluenti al seguito – non ci perdonerebbe un sussulto di “antisemitismo”, vedi recenti prese di posizione del Corrierone».

Le vostre inopinate e non richieste “certezze”? Suvvia, se la cosa vi turba datevi pure da fare da altre parti. Un suggerimento: un movimento dei Grullini, che sono tanti nel nostro paese, da poter aspirare alla maggioranza assoluta.

L’INFORMAZIONE SUI CRIMINI DI GUERRA
(DI CHI CI STA SULLE SCATOLE)

Comunemente si afferma che la “libera informazione” ci è stata tolta da Berlusconi, monopolista dei mezzi ad essa delegati. Peccato che chi intenderebbe, in teoria, contrapporvisi soggiaccia poi all’“alternativa” delle varie Radio Londra e Washington.

Sulla “sistematica repressione siriana” di presunte rivoluzioni in corso se ne sentono di cotte e di crude. Basta un blog controllato e diretto dalle centrali imperaliste per darne dei numeri e delle caratterizzazioni assolutamente inverosimili. Un’ultima che abbiamo sentito: “Trenta bambini uccisi dai cecchini del regime”, ovviamente mirati a sparare sugli infanti scartando gli adulti. Ma queste sono le fonti cui si attinge senza un minimo di verifica e di pudore. (Ancora una volta Rinascita, per motivi suoi distantissimi ed anzi contrapposti ai nostri, suona un opportuno campanello d’allarme: non siate così fessi da cadere nel tranello “informativo” imperialista, degli altri imperialismi, per meglio dire). Neonati iracheni strappati dalle incubatrci, suore croate e mussulmane violentate, armi di distruzioni di massa contro i civili... Ve ne ricordate? Noi, per esperienza diretta, ci ricordiamo dei raccontini sulle devastazioni prodotte dall’allora ancor Esercito Federale Jugoslavo, comandato da... uno sloveno, in...Slovenia e Croazia. La “distruzione di Dubrovnik”, testimoniata dalla nostra stampa con foto risalenti alle devastazioni prodotte dalla nostra seconda guerra mondiale passate per foto d’attualità. O i “selvaggi bombardamenti” sulla via Lubiana-laghi con le strade ridotte a macerie, da noi tranquillamente percorse in tutta sicurezza. O i “bombardamenti”, ancora, su Lubiana, i cui morti si soni avuti solo tra elicotteristi federali trasportanti pane alle caserme. O, ancora, l’“occupazione” delle frontiere con l’Italia, con soldati federali disarmati a “presidiarle” ed oggetto di bombe molotov senza contro-risposta da parte di “democratici indipendentisti”.

Adesso Karadzic e Mladic sono diventati “ospiti” del Tribunale Internazionale dell’Aja, magistratura notoriamente indipendente e democratica. Volete entrare in Europa ed esservi un po’ meno soffocati di quanto altrimenti ci accingeremmo a fare? Dateci i vostri “boja”. In Serbia la reazione popolare è stata netta: basta con le menzogne, l’Occidente non faccia strame di noi per i suoi sporchi scopi! E noi trasmetteremo qui i servizi sugli interrogatori dei “nostri” imputati all’Aja, stranamente ignorati dalla libera stampa italiana, ultrasinistra compresa.

Questo senza nulla togliere alla nostra ripulsa nei confronti di uno stupido e cieco nazional-serbismo, lontanissimo dallo stesso “jugoslavismo” di un Milosevic. Anche il caso di Srebrenica (eserciti nazionalisti contro altri eserciti “informali” nazionalisti) sarà opportunamente chiarito in futuro. Ma, intanto, tutti ci cadono, se non berlusconizzati certamente washingtonizzati.

Alla faccia dell’“alternativa” Internet!

11 giugno 2011