nucleo comunista internazionalista
note





Elezioni presidenziali francesi
A “SINISTRA” SI CONTINUA A SEGUIRE
LA STRADA DEL “MENO PEGGIO”

Dopo la vittoria di Macron al secondo turno delle elezioni presidenziali, la Francia “civile” e “democratica” del capitale e della finanza, assieme all'Europa (i “MERCATI”) , ha tirato un respiro di sollievo e dato la stura ad una incontenibile gioia: l'incubo di una possibile (ancorché remota) vittoria del Front National (FN) si era dileguato!

Che questo sentimento sia comprensibile nella destra istituzionale e nel centro è senz'altro un dato scontato: purtroppo da anni ci siamo abituati al fatto che una vittoria di un partito borghesissimo, quale in questo caso il movimento di Macron, faccia gioire anche i cuori di “sinistra”. In Italia, Landini ha dichiarato che al secondo turno elettorale avrebbe votato Macron e anche una delle icone dell'estrema sinistra italiana alla “Manifesto”, l'ex ministro ellenico Varoufakis - ora impegnato nella costruzione del partito (pardon! movimento) transnazionale Dem25 – ha invitato a “sostenere la candidatura di Macron al secondo turno, senza se e senza ma” in quanto “nonostante tutto, non c’è nulla di peggio per un progressista che professarsi equidistante da Le Pen e Macron” e quindi “non possiamo permetterci che il Front National si ritrovi all’Eliseo per una nostra tattica indifferente” (scongiurando, al tempo stesso, l’infamante accusa di tradimento della democrazia e della civiltà!). E ciò pur ammettendo che “gli elettori progressisti francesi hanno più di un motivo per essere arrabbiati con Emmanuel Macron, al quale rivolge direttamente la tremenda minaccia di oppormi al tuo governo quando, e se, una volta diventato Presidente cercherai di mettere in atto quelle tue proposte politiche neoliberiste che hanno già fallito ovunque” (da LE MONDE del 02.05.2017). Un “quando, e se” a dir poco contraddittori, ben sapendo che Macron non rappresenta certo una figura nuova sulla scena politica francese: ha fatto parte del governo del “socialista” Hollande che con la “Loi travail” ha fatto un ulteriore pesante passo sulla strada delle “riforme strutturali” a spese dei lavoratori. E' facile prevedere quindi quale sarà la politica del nuovo governo: attenzione massima al capitale in tutte le sue manifestazioni!

L'altro concorrente in lizza era il Front National, visto da tutto l'arco democratico come un pericolo da esorcizzare in quanto fascista: si era ricordata la frase di Le Pen padre che aveva definito le camere a gas dei nazisti “un dettaglio della storia della seconda guerra mondiale” nonché il sostegno alla linea della destra francese nella guerra di Algeria (OAS etc). Fatti reali, certo, la persecuzione degli ebrei ad opera dei nazisti ed il tentativo, da parte dei destri dell'OAS, di perpetuare il colonialismo in Algeria. Ma le anime belle democratiche si dimenticano dei crimini perpetrati dalla Francia democratica portatrice di civiltà sia prima della seconda guerra mondiale sia dopo (dalla strage di Costantina «nel 1945, quando il governo di unione nazionale presieduto da De Gaulle, di cui i sedicenti “comunisti” di Thorez facevano parte, massacrò cinquantamila algerini» - Il Programma Comunista 07/1964 - alla guerra di Indocina e, via massacrando, fino alle ultime “missioni umanitarie” nell'Africa occidentale ex francese).

Da lungo tempo ormai il Front National raccoglie voti dai lavoratori: questo trend era iniziato decenni addietro nel Nord Pas de Calais, dove si era verificata una massiccia deindustrializzazione, aveva poi interessato la cintura rossa parigina e si era via via esteso ulteriormente.

Ma, pur dovendo la classe lavoratrice essere il referente dei partiti di “sinistra” e soprattutto di “estrema sinistra”, questi non si pongono il problema del motivo per cui larga parte dei lavoratori votino il Front National che, dopo il primo turno elettorale, nonostante l'ostracismo generale, ha visto aumentare i propri voti del 10% circa. Per la “sinistra” e la sua frangia “estrema” sembra sia sufficiente stigmatizzare il Front National come “fascista” , senza porsi altre domande.

La nostra (e non solo nostra) constatazione del largo seguito operaio del Front National non implica, certamente, un qualche giudizio più “benevolo” nei confronti di questa forza politica: E' UN PARTITO BORGHESE e come tale a noi avverso.

Il Front National ha raccolto simpatie e voti operai essenzialmente per due motivi

1. con la fine del ciclo ascendente del capitalismo, i partiti di “sinistra” non solo non hanno concesso delle “briciole” del banchetto capitalista, ma hanno via via eroso sempre più brutalmente conquiste strappate dalla classe operaia negli anni precedenti

2. il programma del Front National è senz'altro populista e prevede un maggior intervento dello Stato nella vita economica e sociale ed i lavoratori sperano che ciò possa loro garantire un welfare accettabile. In buona sostanza, si spera di ripetere, senza osare nominarla, la politica sociale del nazismo che presentava queste due caratteristiche: lo stretto controllo statale sulle centrali produttive e finanziarie (non esitando, alla bisogna, a colpirne qualcuna, per salvare il mostro capitalista nel suo insieme) e quindi la concessione di un certo welfare al proletariato, a condizione però, (E NON E' POCO!!!) che esso si “inserisse” profondamente nello Stato, ne diventasse una “corporazione”, dismettendo la sua natura di classe.

Nessun incoraggiamento ci viene offerto da un’analisi, seppur breve, dell’atteggiamento tenuto in Francia dalle varie forze politiche di estrema “sinistra” subito dopo il primo turno elettorale (ovviamente, i partiti della destra istituzionale e del centro, visti i loro programmi, sarebbero confluiti su Macron).

Al primo turno il movimento “France insoumise” di Melenchon aveva ottenuto circa il 19% dei voti. Noi non accusiamo questo movimento tanto per il fatto di essersi presentato alle elezioni: se si fosse presentato alla disfida elettorale con un programma di classe riflesso di lotte reali nelle fabbriche , nelle piazze, etc, non ci saremmo stracciati le vesti: l'astensionismo elettorale non è un Totem da venerare di per sé! Il vero problema è che questo PROGRAMMA NON C'ERA!!! “France insoumise” in sostanza è un agglomerato di varie forze che non si riconoscono nella destra/centro, senza però un programma, dominato invece da tendenze “euroscettiche” e “battagliere”.

Dopo il primo turno elettorale, Melenchon si è dimostrato molto prudente, non sbilanciandosi apertamente in favore di Macron: certamente, comunque, una buona parte dei voti da lui raccolti son confluiti sul campione dei mercati e della finanza e questo in ossequio alla teoria del “Male minore”.

Solo una parte del suo elettorato, la più battagliera ed anche orientata in senso classista, è scesa nelle piazze al grido di “Ni Macron, ni Le Pen”, indicando che non si deve scegliere tra due soluzioni borghesi, entrambe mortifere per i lavoratori, ma si deve presentare alla borghesia il conto in un’ottica di classe. Questo è un punto interessante e che va nella giusta direzione.

Che la teoria del “meno peggio” sia una vera sifilide in seno ai movimenti di “sinistra” è dimostrato anche dal documento prodotto da Lutte Ouvrière dopo il primo turno elettorale.

Gran parte di esso è una dura filippica contro il Front National, ovviamente qualificato come “fascista”, ma manca al riguardo un minimo di analisi: perché i lavoratori votano il Front National? Che cosa può fare Lutte Ouvrière, che si definisce comunista, rivoluzionaria, trotskista, per attirare a sé i lavoratori? Su questi punti fondamentali solo silenzio... Poca parte del documento è invece dedicata a Macron , su cui ovviamente Lutte Ouvrière è molto critica.

Illuminante è poi la dichiarazione della candidata di Lutte Ouvrière, Nathalie Arthaud, al primo turno elettorale: lei non avrebbe votato Macron al secondo turno, ma, NON ESSENDO PADRONA(!!!) DEI VOTI ottenuti (tra l'altro, lo 0.6%!!!), ogni elettore di Lutte Ouvrière avrebbe avuto ... libertà di coscienza.... coscienza sulla quale però avrebbe giganteggiato lo spettro della Le Pen e quindi...

Siamo ad una forma mascherata e , se vogliamo, ancor meno dignitosa, di applicazione della”teoria del male minore”...

Noi siamo astensionisti per le ragioni che sono delineate nei nostri testi teorici.

Comunque, noi diciamo che una forza rivoluzionaria comunista, che si sia presentata alle elezioni,

deve pretendere che i voti raccolti siano fatti confluire attorno ad un proprio programma e ad una propria organizzazione e quindi, ai suoi elettori, deve dire: “Se ci avete votato, se condividete la nostra linea, dovete STARE SULLA NOSTRA LINEA,CIOE' NE' CON UN CANDIDATO BORGHESE NE' CON L'ALTRO, MA SU UNA LINEA DI INDIPENDENZA DI CLASSE”.

Purtroppo questo sfugge anche a questi ultrarivoluzionari.

Lo stesso schema sta per ripetersi anche in Italia.

Su “Il Manifesto” ad esempio, pagine e pagine invocano la necessità della creazione di una “sinistra” “vera” (cioè alternativa a Renzi ed al renzismo) e “forte”, cioè in grado di superare la soglia di sbarramento del 5%: allora sarebbero possibili accordi con le altre forze borghesi in campo, a “sinistra”, con il PD o , addirittura, con il Movimento 5 Stelle.


23 maggio 2017