nucleo comunista internazionalista
note




“LA CUOCA DI LENIN”:
UN BUON PRANZO PER NOI,
INDIGESTO PER ALTRI


Abbiamo tra le mani un pezzullo, firmato “La Cuoca di Lenin”, che ha molto solleticato il nostro gusto gastronomico. I compagni che si riferiscono a questa sigla, hanno stilato un documento sulle condizioni di progressivo deterioramento delle condizioni salariali e normative del proletariato tedesco nell’ambito di uno stato capitalista tuttora “affluente” (sia pure in modo assai relativo), a dimostrazione che la macchina stritolatrice del sistema, per potersi mantenere, deve inderogabilmente passare all’attacco della nostra classe, sia quel che sia quanto alla propria efficienza nel quadro di un’economia mondiale sempre più convulsa e conflittuale.

Al termine di questo breve, ma significativo excursus, i compagni in questione (di cui nulla sappiamo, e ce ne scusiamo in anticipo) traggono una conclusione per noi esemplare: non facciamoci prendere dall’antiteutonismo indiscriminato, ma riferiamoci ai nostri compagni proletari tedeschi, inesorabilmente chiamati ad una comune lotta rivoluzionaria di classe, per un fronte comune di battaglia di cui essi saranno presumibilmente un perno essenziale, e vediamo di evitare rivendicazioni anti-tedesche in chiave nazionalista (anti-Merkel come contrassegno di un distacco dalla ricerca di un’unità con lo stesso proletariato tedesco, che non sta proprio messo benissimo e non è assolutamente integrato od integrabile in una logica di Reich).

Scrivono i compagni: attenti a non confondere la (legittima) ripulsa della “politica” della Merkel con una presa di distanza da questi nostri potenziali (noi diciamo: sicuri) compagni di battaglia, ed a confonderci con una sedicente “nostra politica” anti-tedesca che ne faccia strame in quanto “compartecipi” del nazional-capitalismo tedesco. Non intendiamo essere anti-tedeschi “in generale” come lo furono certi campioni del “nostro” nazional-capitalismo (la famosa “nazione proletaria” che ambisce al suo “posto al sole”). E speriamo che nessun “compagno” ci induca a votare i crediti di guerra in nome di supposti “comuni interessi nazionali” e suggerirci magari, come i social-sciovinisti in passato, “à chaqun son boche”.

Il documento in questione è arrivato alla redazione di Contropiano, che ne ha lodato l’“interessante analisi”, ma per prenderne subito le distanze. E quali!

Dice Contropiano: sarà pur vero quello che voi dite, ma i proletari tedeschi non si muovono contro il capitalismo di casa propria, mentre la rivolta contro il capitale è appannaggio dei paesi PIGS che si ribellano contro la “dittatura” dei centri imperialisti, di cui la Germania è uno dei massimi esponenti; quindi: va valorizzata la lotta di questi paesi contro il “centro” del capitale. Di conseguenza: noi, in quanto “comunisti”, innalziamo lo stendardo della lotta anti-tedesca. Non lo si dice, ma è implicito: delle “nazioni” oppresse da esso capitale per i propri interessi nazionali, entro i quali (beninteso) stanno quelli del “nostro” proletariato. (Non vogliamo essere cattivi, ma le ultime uscite anti-Merkel di un certo Berlusconi non vi si discostano di tanto; la differenza starebbe nel richiamo alle masse per costringere i “propri” governi ad assolvere ai propri doveri nazionali – il famoso “raccogliere le bandiere nazionali trascinate nel fango” di togliattiana memoria –. Il che è anche peggio dell’“originale” berlusconiano).

I compagni di Contropiano, di cui saremmo gli ultimi a disconoscere la sincera volontà di lotta anticapitalista, si azzardano in una spiegazione “teorica”: Lenin per primo ha riconosciuto il valore anti-imperialista dei popoli oppressi (del “terzo mondo”), appoggiandosi ad essa (PIGS dell’epoca) in “alternativa” al collegamento con gli “usufruttuari” (proletari) dell’imperialismo.

E’, naturalmente, vero il contrario. Lenin ha sempre posto in primo piano la questione dell’unità tra i proletari dell’Occidente (Inghilterra ed USA in primo piano) quale cauzione della possibilità degli allora PIGS di collegarsi al processo di rivoluzione internazionale con coefficienti validi (al di fuori di che nessuna “rivoluzione” nazional-coloniale avrebbe avuto la possibilità di realizzarsi compiutamente: vedi le Tesi del 2° Congresso dell’IC). Al di fuori di questo restiamo al massimo, si fa per dire!, sul terreno del “nazionalbolscevismo”, su cui Lenin e noi ci siamo già espressi a sufficienza.

Non resta che una conclusione: i compagni di Contropiano si posizionano sul terreno di una rivendicazione nazional-indipendentista (borghese) dei paesi “oppressi dai centri imperialisti”, tipo Germania, intravvedendo una lotta di stati contro altri stati “oppressori”. Dopo di che non ci si meravigli, come fanno i nostri, se delle “destre rivoluzionarie” ci copiano le stesse rivendicazioni rifacendosi alle consegne antiplutocratiche (da un certo punto di vista – quello borghese – perfettamente reali) del mussolinismo. Queste ultime, all’opposto, fanno il loro mestiere di sempre. Citiamo da Prezzolini (cfr. Nascita di una dittatura, p. 27): «Vorrei ricordare una frase di Amendola: “Questa Italia non ci piace”. Noi pensavamo che fosse un’Italia troppo piccina; in un tempo in cui l’Inghilterra rubava i continenti, gli italiani si contentavano di rubare le valigie nel golfo di Napoli. Si voleva un clima superiore, una superiore dignità nazionale, una rapidità maggiore nella vita, una vita più intensa: tutto questo lo aspettavamo certamente da Mussolini».

Noi non ce lo aspettiamo da Contropiano. E, intanto, diciamo alla cuoca di Lenin che ne apprezziamo il menu da cui sono esclusi i crediti di guerra.

11 gennaio 2013