nucleo comunista internazionalista
note






ANCORA SULLA SIRIA
E SU UN ARTICOLO DEL CUNEO ROSSO

Con l’articolo “Sulla Siria: guerrafondai, macellai e anti-imperialisti a senso unico” il Cuneo Rosso se la prende con i compagni (“cosiddetti”) che hanno denunciato il bombardamento statunitense sulla base di Shayrat in Siria. Costoro sarebbero scattati “come velocisti allo start” a sostegno del “caro Assad”, quando invece, essendo degli impenitenti “islamofobi”, se ne sarebbero rimasti zitti e “omertosi” fintanto che le coalizioni militari a guida occidentale “si limitavano a conciare la pelle degli islamici a Raqqa e Mosul…”.

Perché la denuncia del bombardamento statunitense indispettisce il Cuneo?

Leggendo e rileggendo la curiosa invettiva, non si sfugge al dato di un pronunciamento stranissimo, posto che l’attacco di Trump, avallato dai governi occidentali, non ha suscitato in Italia e in Europa (diversamente dagli States) alcuna reazione minimamente adeguata di denuncia e di lotta, sicché chi ha sale comunista in zucca di questo avrebbe dovuto preoccuparsi e non di rilanciare polemiche miserabili. L’attacco statunitense alla base militare siriana (con le repliche future che non mancheranno…) è un atto gravissimo, con il quale l’imperialismo americano e gli sgherri europei riaffermano, insieme alla propria ipoteca sullo smembramento della Siria, il diritto di aggredire impunemente chicchessia con la propria micidiale potenza di fuoco. L’Occidente imperialista, che ha mosso guerra all’intero Medioriente (Iraq, Afghanistan, Libia, Siria…), che sostiene la guerra di Riad in Yemen e le continue aggressioni di Israele in tutta l’area (ivi compresi i bombardamenti in Siria: ecco l’aviazione fornita dagli Occidentali a supporto dei “ribelli siriani”, il Cuneo può prendere nota!), ha colto il pretesto di un nuovo presunto attacco chimico, subito addebitato al governo siriano, per lanciare i suoi missili Tomahawk. Le esplosioni tossiche di Idlib dimostrano piuttosto che le “opposizioni” siriane, in barba agli accordi per la consegna degli arsenali chimici, le armi chimiche se le sono tenute. L’aviazione di Damasco, proseguendo -dopo la riconquista di Aleppo- lo smantellamento delle roccaforti jihadiste, ha colpito i depositi di armi presenti a Idlib, città controllata dall’Isis. Pur essendo questa l’evidenza dei fatti, gli Occidentali hanno puntato il dito contro Assad. Già nel 2013 si era assistito al falso di gas tossici realisticamente usati dagli ”insorti” e invece indiscutibilmente addebitati ad Assad dall’intero establishment occidentale … e anche da certi “comunisti” in vena di cuneate. Vero è che l’Occidente imperialista, che ora cinge d’assedio le capitali dell’Isis (Raqqa in Siria e Mosul in Iraq), non smette per questo di servirsi dei combattenti islamici nella propria guerra contro Assad, in linea con il disegno originario di armarli e pilotarli per fare a pezzi la Siria. Nel Nord dell’Iraq i combattenti del califfato hanno colto l’iniziale sostegno delle popolazioni che hanno fatto proprio il programma di cacciare gli eserciti occidentali occupanti (e il governo di Baghdad più o meno ad essi infeudato) per restituire il paese ai suoi legittimi abitanti, esclusa ogni presenza e interferenza degli imperialisti. Avendo peraltro integrato questa sacrosanta istanza di liberazione del proprio territorio storico nel programma politico dell’Islam radicale (sunnita), quello di un anti-imperialismo incoerente e giammai di classe, condizionato inoltre dagli interessi dell’Arabia Saudita e delle monarchie del Golfo, non ci sorprende affatto che, estendendosi il califfato ai territori della Siria, in questo caso non già di riconquista di territori sottratti al controllo degli occidentali -e annessi “governi quisling”- si sia trattato, bensì di offrirsi come truppe d’assalto per lo smembramento della Siria. Smembramento promosso (dopo la Libia) da quei medesimi imperialisti occidentali che nel 1991 e nel 2004 avevano invaso e re-invaso l’Iraq. Nondimeno, a sentire il Cuneo, chi ha denunciato i missili lanciati da Trump lo ha fatto per difendere “il caro Assad” (scambiato per “un Lumumba siriano”) e il suo “governo anti-imperialista alleato della Russia”, scambiando ancora “la politica dell’abile nazionalista grande russo Putin nel fac-simile della politica del grande rivoluzionario internazionalista Lenin”, e avendo inoltre già scelto come propria -tra i già delineati “schieramenti di una possibile futura guerra mondiale”- la “fazione capitalista-imperialista che fa capo a Pechino, Mosca, Teheran, Damasco”.

Denunciare l’aggressione imperialista alla Siria non significa stare dalla parte di Assad/Putin/Xi Jinping

Noi, che ribadiamo la denuncia dei bombardamenti di Trump (sull’aeroporto siriano, in Afghanistan con lo sganciamento della superbomba e quant’altro), non abbiamo scambiato proprio niente. Assad è il rappresentante (per nulla anti-imperialista, semmai non allineato agli imperialisti d’Occidente e alleato della rivale Russia) di una borghesia nazionale fetida tanto quanto quelle rappresentate da Saddam Hussein, Milosevic, Gheddafi, Noriega: tanto per ricordare leadership borghesissime il cui fetore non ha trattenuto gli internazionalisti dal prendersi in carico -sulle posizioni di classe che nulla ad esse concedono perché invece pur esse combattono- la lotta contro l’aggressione imperialista contro i rispettivi paesi e le relative popolazioni. Lo scambio tra Putin e Lenin esiste solo nelle scomposte fantasie del Cuneo. Quanto al nuovo fronte imperialista che va da Pechino a Damasco, la cosa risulta in parte risibile, se si pensa che Iran e Siria appartengono a quel mondo arabo-islamico che l’imperialismo punta a schiacciare sotto il tallone della propria oppressione, avendo l’Iran potuto allontanarsene la diretta minaccia solo con la rivoluzione del 1979 (che diede il benservito allo scià anche con la forza di un significativo protagonismo proletario, assente purtroppo -per tutta una serie di motivi- nelle “insorgenze” libica e siriana del 2011-2012…), e quindi poi resistendo per otto lunghi anni alla guerra scatenata contro l’Iran ribelle dall’Occidente e dalle monarchie sunnite che armarono e finanziarono a tal fine l’esercito aggressore di Saddam Hussein (a proposito di cornutissimi rappresentanti borghesi che giammai ci siamo sognati di scambiare per Lumumba o Fanon, anche quando ci siamo mobilitati contro l’aggressione imperialista determinata a fargli la pelle per sottomettere interi paesi e popolazioni). La Siria, la cui alleanza con la Russia giammai la eleva al rango di terminale “imperialista” anti-occidentale, è un paese non solo dominato ma ridotto in brandelli dagli imperialisti occidentali al pari della Libia e della ex Jugoslavia. Quanto alla Russia, il cui carattere di potenza imperialista è stato sempre da noi correttamente riferito a un imperialismo di rango secondario, non si può dire che il suo intervento in Siria si ponga, allo stadio attuale, sul medesimo piano dell’aggressione neocoloniale condotta dai governi occidentali, trattandosi piuttosto di tutelare contro di essa gli interessi del tutto nazional-borghesi e pienamente capitalistici della Siria alleata e suoi propri. A maggior ragione questo vale per la Cina, il cui intervento si è limitato fino ad oggi ai veti opposti in sede Onu. Quanto detto non è il preludio ad alcun campismo né a inesistenti preferenze per eventuali fronti statuali anti-occidentali con centri a Mosca/Pechino. Nel denunciare l’aggressione imperialista alla Siria (come alla Libia), giammai indichiamo alle masse siriane chiamate a resistervi e ai proletari occidentali chiamati a contrastarla la guida politica del governo siriano o la sponda delle sue alleanze con qualsivoglia Stato capitalista e borghese, sia esso l’Iran, la Russia o la Cina. Non solo gli imperialisti aggressori e i suoi alleati in loco, ma anche il governo di Assad e gli Stati suoi alleati sono, messi nel giusto ordine che gli compete, nemici fieramente opposti all’unica via di salvezza per il proletariato e le masse povere siriane, che è quella di unificare la lotta di tutti gli sfruttati di qualsiasi tendenza religiosa, etnia, minoranza, entro e oltre i confini della Siria, così respingendo l’aggressione e facendo saltare le manovre degli imperialisti e delle borghesie arabo-islamiche che proprio sulle divisioni degli sfruttati, e innanzitutto su quella micidiale tra sunniti e sciiti, alimentano le proprie politiche di sfruttamento e di dominio. Noi non neghiamo che negli indici economici che descrivono la potenza capitalistica cinese siano iscritti gli sviluppi già dati per fatti dal Cuneo, con relativo confronto sul medesimo piano tra due schieramenti imperialisti (soprattutto se nel prosieguo il “fronte orientale” venisse corroborato dal riposizionamento di un imperialismo storico di peso, la cui borghesia si determinasse infine a giocarsi la nuova partita non nel ruolo assegnatogli a Yalta). Allo stadio attuale, però, si assiste piuttosto a manovre di accerchiamento e di aggressione dei “nostri” governi occidentali per mettere nell’angolo -con la minaccia della superiorità delle proprie armi- le rivali Russia e Cina (si pensi al sostegno dato alla pseudo-rivoluzione arancione tendente al nero in Ucraina, o al dispiegamento di effettivi Nato -truppa italiana compresa- fino in Lettonia, a diretto contatto con il territorio russo). Il compito dell’oggi, e non c’è in questo alcun campismo, è quello di opporsi e contrastare le politiche anticinesi e antirusse dei “nostri” governi che dal piano delle guerre commerciali sempre più alzano il tiro accarezzando la soglia di tracimazione in confronto militare.

La vera dèbâcle della “sinistra rivoluzionaria” sulle aggressioni imperialiste alla Libia e alla Siria

L a cornice generale tratteggiata dal Cuneo serve a puntellare la tesi dell’ “insorgenza popolare e proletaria” prima in Libia e poi in Siria, cui i “cosiddetti comunisti”, “impostori anti-operai”, “analfabeti senza vergogna”… avrebbero voltato le spalle a causa della loro indifferenza ed ostilità verso il mondo arabo-islamico, per stringersi a difesa del “caro Assad” e dalla parte della Russia di “Putin/Lenin”. A noi constano altri più semplici fatti. E’ vero che a fine 2010 inizi 2011 era azzerato da un lustro almeno il movimento già sceso in campo nelle capitali occidentali a fine/inizio secolo in solidarietà con il mondo arabo-islamico contro la guerra imperialista dei “nostri” governi. Dopo di che è vero anche che le lotte esplose in quel torno di tempo in Tunisia ed Egitto avevano messo in moto qui, in una prima fase, alcuni sussulti di solidarietà e primissime prove di mobilitazione. Sia chiaro, niente di minimamente adeguato alla bisogna. Nondimeno abbiamo potuto partecipare in quei mesi a non insignificanti presidi sotto le ambasciate tunisina ed egiziana a Roma in solidarietà con le lotte in corso in quei paesi (Tunisia ed Egitto, appunto), con una interessante presenza di manifestanti arabi. E’ accaduto, peraltro, che questo fragilissimo inizio di mobilitazione non ha potuto consolidarsi e rafforzarsi per gli avversi sviluppi successivi, quando l’imperialismo è passato pesantemente al contrattacco in Libia e poi in Siria. Qui le sollevazioni contro i governi locali hanno assunto una piega diversa, perché purtroppo hanno ben presto preso la testa di quelle sollevazioni leadership e programmi votati all’alleanza con l’imperialismo. La differenza, quindi, non è tra sollevazioni contro governi filoccidentali e contro “governi antimperialisti” (dal che la fasulla censura di “campismo” del Cuneo), bensì che in Libia/Siria la leadership della rivolta è stata assunta (per una serie di motivi da conoscere e analizzare, ma in ogni caso non per mera accidentalità) da forze che l’hanno diretta nelle braccia dell’imperialismo, subito generosissimo di supporto e di armi. Se è verissimo, come il Cuneo ricorda, che “la dinastia Assad si è prestata anche a ruoli utili direttamente ai massimi poteri imperialisti (come schiacciare i palestinesi più radicali o l’Iraq di Saddam colpevole di aver ripreso a sé la provincia del Kuwait)”, occorre prendere atto che questo hanno fatto anche i pseudo-“rivoluzionari” libici e le “opposizioni” siriane. Se possiamo essere d’accordo che “i curdi perseguono la loro autonomia (!) sulla strada spianata dai bombardieri americani”, domandiamo al Cuneo: non hanno forse fatto la stessa cosa le leadership che hanno avuto e hanno voce in capitolo nella fantomatica “rivoluzione” libica e nella mobilitazione/guerra anti-Assad (con copione interamente eseguito in Libia e invece saltato in parte per aria in Siria)? Certi islamofili acritici e molti altri “amanti della democrazia occidentale contro i tiranni” del Sud e dell’Est del mondo edulcorano in mille salse rancide e omettono questo indiscutibile dato di fatto, preferendo garantire il loro sostegno eterno ai “rivoluzionari” libici e agli “insorti” anti-Assad. A seguito di questi repentini sviluppi abbiamo assistito al tracollo di una parte cospicua della “sinistra rivoluzionaria” che ha continuato a inneggiare ai “rivoluzionari” libici e poi siriani mentre questi erano impegnati ad abbattere i propri governi (obbiettivo più che legittimo, quando non orientato marcatamente contro la prospettiva di classe) con l’alleanza e il supporto dell’imperialismo e dei suoi bombardieri (segno inequivoco, per chi non abbia perso la bussola di classe, di una direzione di marcia contro-rivoluzionaria quand’anche a partecipazione di rivoltosi diseredati). E’ stato questo tracollo ad azzerare i coefficienti della mobilitazione contro le aggressioni imperialiste alla Libia e alla Siria e a sostegno delle masse mobilitatesi in Tunisia ed Egitto, anch’esse colpite e minacciate dal contrattacco sferrato dagli imperialisti. Dobbiamo ricordare che in quei frangenti il manifesto toccò il fondo titolando, riferito alla liquidazione di Gheddafi, “Benedetta Nato”? O che li Cuneo si scisse proprio allora dalla residua compagine del Che Fare sui meriti qui in discussione? Dobbiamo ricordare che, con la Libia bombardata e distrutta dai “nostri” governi e con la replica in corso in Siria, le manifestazioni nazionali che nondimeno è stato possibile indire su posizioni sufficientemente corrette (con tutti i limiti del caso) sono state puntualmente boicottate e comunque disertate da certi “internazionalisti” che al primo punto avrebbero voluto mettere il sostegno alle “rivoluzioni contro Gheddafi e Assad”? Nei precedenti cicli di lotte a recitare questa parte nei movimenti no war erano le propaggini movimentiste della sinistra parlamentare e forze del tipo “Socialismo Rivoluzionario”…. Ora il cancro si è esteso notevolmente se finanche i compagni del Cuneo, strucca strucca, orecchiano consimili musiche. Quanto ai lavoratori arabi che “hanno portato nel cuore della penisola lo spirito di piazza Tahir”, ci è capitato di ascoltare in un’assemblea pubblica l’intervento di un lavoratore che ha denunciato con sdegno l’assenza di mobilitazione contro i bombardamenti sulla Libia e non certo la mancanza di eventuali iniziative a sostegno dell’ “Intifada libica”!! Denuncia sferzante per gli “internazionalisti” di cui sopra impegnati ad arrampicarsi sugli specchi per argomentare il proprio “sostegno incondizionato” alla “rivoluzione” in Libia e poi in Siria, affettando di farlo in uno “slancio di incondizionata solidarietà verso i diseredati arabo-islamici” a petto della presunta indifferenze e ostilità di altri...

Libia e Siria: sollevazioni non supportate dal protagonismo proletario, prese in carico da direzioni anti-proletarie e finite in braccio agli imperialisti

Tesi del Cuneo è che “all’inizio” in Siria si sarebbe data un’insorgenza “spontanea, pacifica e di massa”, l’esatto contrario di quello che è stato ed è il volto dispiegato di una sollevazione armata dagli imperialisti con crescente disaffezione delle masse cui noi ci riferiamo, che avevano e hanno mille motivi per insorgere contro Assad ma nessuno per consegnare le proprie aspettative al circo delle “opposizioni” telecomandate dalle capitali occidentali e agli imperialisti stessi. A leggere il Cuneo, a mobilitarsi in Siria sarebbero state “le classe lavoratrici e non sfruttatrici della Siria… escludendo solo la classe borghese dell’industria e del commercio e i proprietari terrieri rimasti saldamente dalla parte di Assad anche se di confessione sunnita… non la classe operaia e proletaria della Siria, bensì le classi proprietarie si sono strette intorno all’élite al potere”. Ma come è possibile che un “regime” possa resistere all’insorgenza di “tutto il popolo siriano” facendo leva sul sostegno “delle sole classi proprietarie”? Dove si è mai vista una cosa del genere? Si ricordi che la Russia è entrata più direttamente in gioco solo nell’ultima fase. E se Assad ha beneficiato del sostegno dell’Iran e di Hezbollah, dall’altra parte c’erano il ghota dell’imperialismo occidentale, i governi reazionari arabi (Arabia Saudita e Turchia in primis) e Israele. Il Cuneo stesso deve aggiungere che, oltre alle “classi proprietarie”, il “regime” ha potuto avvalersi “a Damasco centro e nelle poche zone rimaste costantemente sotto il suo controllo, di un sostegno passivo…”. Accordato da chi? Dalla “classe operaia e dal proletariato della Siria”, lo scrive stesso il Cuneo auto-contraddicendosi. Per noi è chiaro che se Assad non è stato disarcionato, nonostante il massiccio sostegno esterno, è perché all’insorgenza, di cui hanno preso la testa le “opposizioni” “moderate” e islamiste, è difettata proprio la mobilitazione delle “masse di siriani sfruttati, oppressi e impoveriti”. Non a caso il Cuneo annota una non meglio precisata “debolezza originaria” della mobilitazione e l‘assenza in essa di un protagonismo minimamente organizzato della classe operaia (tutta colpa di Assad che ha da sempre impedito e represso l’organizzazione di classe in Siria, scrive il Cuneo: il che, seppure è vero, non significa quel che il Cuneo ne inferisce). Quanto al noto ritornello della sollevazione “all’inizio spontanea, pacifica e di massa”, ci si rende conto o no di accreditare argomentazioni discutibili? Da un lato si rischia di non fare i conti con la realtà di una sollevazione armata dagli imperialisti che ha devastato interi paesi senza risparmiare ogni sorta di infame ferocia (la caccia alla volpe di Gheddafi coordinata dall’aviazione francese e conclusa dagli ascari libici, i continui attentati che fanno strage di popolazione nelle città siriane controllate da Assad e nei quartieri sciiti delle città irachene, le armi chimiche usate spregiudicatamente dalle “opposizioni” per spingere l’Occidente a entrare direttamente in guerra, etc. etc.). Al tempo stesso sembra quasi che si voglia titillare l’animo benpensante della platea occidentale cui ci si rivolge chiamandola a solidarizzare con un’insorgenza “inizialmente pacifica…”. Peraltro il Cuneo dovrebbe conoscere la neo-dottrina degli imperialisti così riassunta da Sarkozy: “Ogni governante -e in particolar modo governante arabo- dovrebbe capire che da questo momento in poi la reazione della Comunità Internazionale e dell’Europa sarà sempre la stessa: ci schiereremo dalla parte dei manifestanti pacifici, che non dovranno essere perseguitati in maniera violenta”, e quindi tenersi lontano dalle rappresentazioni che con buona dose di strumentalità “hanno dipinto i ribelli armati come dei pacifici dimostranti (vedi sul Quaderno del Comitato Ghassan Kanafani che citiamo di seguito). Ma quando mai i comunisti si sono sentiti in dovere di rimarcare il carattere “pacifico” della …“rivoluzione”? E da quando approvano la violenza del proletariato “solo se e in quanto” “in risposta” alla violenta repressione del fronte nemico? Piuttosto i comunisti l’hanno sempre rivendicata senza nascondersi, se e in quanto effettiva espressione di energie proletarie e di masse sfruttate in lotta e orientate verso la prospettiva di classe! Anche il Cuneo deve avere il sentore che le “opposizioni” che fanno guerra ad Assad su procura dei governi occidentali e arabi (perché questa è la realtà sul campo) perseguono programmi e finalità che vanno in tutt’altra direzione. Ma, se questo è, l’ “esordio pacifico” significa nulla (e peggio di nulla…), e priva di base si appalesa la ricostruzione del Cuneo che ribalta la realtà accreditando “una resistenza continuata ormai da anni” con “la maggior parte dei siriani che resistono che sono fermamente contrari a delegare alle potenze straniere la sorte della Siria”. Poiché le potenze straniere la Siria la devastano da 6 anni con il beneplacito delle “opposizioni” più o meno strettamente ad esse alleate, questa “ferma contrarietà” avrebbe dovuto manifestarsi con scontri tra i resistenti siriani “fermamente contrari” e siffatte leadership. Di tutto ciò non si è mai avuta traccia di un qualche ponderabile peso (e i riscontri rabberciati dai dottoroni del Cuneo non valgono a questa stregua un autentico fico secco…). Nessun problema per il Cuneo, che con abile mossa rigira ancora il frittatone: la rivolta, inizialmente spontanea e pacifica, si è armata per colpa della repressione brutale di Assad; e si è affittata ai governi occidentali e alle petromonarchie (con le leadership “moderate” e islamiste che ormai da anni operano di concerto con siffatti campioni di democrazia) a causa dell’isolamento in cui l’avrebbe precipitata l’assenza di una mobilitazione in solidarietà qui in Occidente. Ancora una volta argomentazioni traballanti e discutibilissime. Da quando in qua in una sollevazione, che nasca genuina dal punto di vista di classe e che però non riceva la giusta solidarietà internazionale e venga brutalmente attaccata dal governo locale, sarebbe gioco forza, se non quasi giustificata, la richiesta di soccorso agli imperialisti? Se una mobilitazione prende la direzione dell’alleanza con l’imperialismo è perché le forze sociali mobilitate esprimono un programma che non esclude quella alleanza, e a causa di ciò si affermano leadership che operano in quella direzione. Inoltre è assurdo credere che l’imperialismo, quand’anche interessato a togliersi dai piedi un Assad, supporti e armi una vera lotta della classe proletaria e delle masse impoverite. La storia è piena di esempi esattamente contrari. Ci limitiamo a ricordare che, all’esito della prima guerra del Golfo, essendosi sollevate nel Nord dell’Iraq le popolazioni curde, gli Stati Uniti, invece di sferrare allora il colpo finale a Saddam Hussein, lo rimisero in sella e gli diedero il compito di andare a reprimere la sollevazione nelle regioni del Nord. La realtà gira esattamente al contrario di quel che pensa il Cuneo. Che nondimeno affaccia in via subordinata un’ulteriore interpretazione, spiegando che “nello schiacciare la rivolta popolare, l’ ‘anti-imperialista’ Assad ha fatto il lavoro sporco non solo per sé e i suoi sodali di classe siriani ma per l’intero consesso delle classi sfruttatrici locali, di area e globali. Dunque anche per i poteri imperialisti, tutti nessuno escluso. E’ ben per questo che gli aiuti militari stranieri ai gruppi ribelli e alle forze resistenti non sono mai andati oltre le armi leggere, così da lasciare totale libertà d’azione all’arma militare più esiziale del governo Assad e del suo sponsor russo: l’aviazione. E’ ben per questo che Trump, appena insediato, si era detto apertamente favorevole a che restasse in sella…”. Dunque i missili di Trump hanno scombinato tutte le analisi del Cuneo, che peraltro non omette di citare quanti hanno visto in quel bombardamento un “fake strike”, un finto colpo (sicché prevediamo che la storia di Assad delegato dall’imperialismo a reprimere la rivolta “popolare e proletaria” non finisca qui…). E comprendiamo anche perché in un articolo dove si parla di Siria, Tunisia, Egitto, Yemen, Iraq…, della generale “Intifada araba” e quant’altro, non una sola volta viene citata la Libia. Lì il copione deciso dall’imperialismo si è svolto per intero e nessuno può più imbrogliare le carte sostenendo, come pure si era provato a fare, che Gheddafi venisse tenuto in piedi dagli imperialisti per garantirsi che il Colonnello regolasse i conti ai “rivoluzionari” libici (!?!?).

Le pseudo-“analisi” degli studiosi del Cuneo

Ma il Cuneo, già indispettito dai “velocisti” che hanno denunciato i bombardamenti occidentali senza aspettare lo start, brandisce ancora supponenza contro quanti, “analfabeti che nulla hanno studiato e nulla sanno…”, semplicemente non si fanno abbagliare dai suoi “studi accuratissimi” e non accreditano i suoi sragionamenti. Leggiamo nell’articolo in esame che “il movimento nella sua fase iniziale aveva tentato di organizzarsi e coordinarsi autonomamente, al di fuori e contro l’opposizione all’estero sponsorizzata dagli avvoltoi occidentali e federata in organismi-fantoccio tipo il CNS, che non ha mai contato nulla”. Nel n. 1 della rivista del Cuneo del luglio 2012, dal titolo “L’Intifada araba e il capitalismo globale”, troviamo l’analisi delle forze in campo in Siria a supporto delle tesi esposte. Riepilogando e soprattutto integrando e correggendo il Cuneo con quanto si legge nel Quaderno n. 1 di novembre 2015 dal titolo “Siria: formazione e schieramenti in campo” (http://kanafani.it/?p=1149) prodotto dal Comitato del Martire Ghassan Kanafani (scrittore, giornalista e attivista palestinese, portavoce del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina, assassinato nel 1972 a seguito di un attentato incendiario in cui perse la vita insieme a una sua nipote sedicenne), scorriamo brevemente le forze “moderate” e “di sinistra” che agiscono nelle “opposizioni” siriane per poter mettere a fuoco un punto centrale. Il “Coordinamento nazionale siriano per il cambiamento democratico” è “una coalizione di partiti di sinistra” con scarso ruolo negli eventi, inizialmente contraria all’intervento esterno ma che ha finito per riferirsi al CNS (dal Quaderno del Comitato Kanafani). Quanto ai legami delle opposizioni con terminali esteri coltivati ancor prima della rivolta, il Comitato Kanafani dà atto dello “storico rapporto tra Fratellanza Musulmana Siriana (con base Londra, n.n.) e imperialismo occidentale” e del “supporto occulto del Dipartimento di Stato Americano ai gruppi dell’opposizione che ha trovato nella FMS un interlocutore privilegiato”; FMS che poi ha operato nell’ “Esercito Libero Siriano – ELS” orientandone l’azione in senso settario-confessionale contro alawuiti e sciiti. Figura centrale delle cosiddette “opposizioni moderate” è il già citato “Consiglio (o Coalizione) Nazionale Siriano – CNS”, organismo fondato a Doha nel 2011 e con sede a Istanbul: “è la coalizione dei gruppi di opposizione che comprende anche le formazioni militari che partecipano alla ‘guerra siriana’ (Esercito Libero Siriano – ELS/FSA e successive incarnazioni)” (da Comitato Kanafani). Il CNS ha sin dall’inizio puntato sull’alleanza con l’imperialismo che lo ha riconosciuto come “il solo legittimo rappresentante del popolo siriano” (dal Cuneo). Sempre nel 2011 si è costituito il già richiamato “Esercito Libero Siriano – ELS”che “fin dai suoi esordi paleserà i suoi reali intenti, modulandoli a seconda dell’evoluzione militare sul campo, della sempre più forte dipendenza nei confronti dei committenti (Paesi del Golfo, USA, Israele, Turchia e quindi il Friends of Syria Group) e sulla base dei rapporti a livello locale con le forze ‘islamiste’ da una parte e curde dall’altra” (da Comitato Kanafani). Fin qui le forze organizzate della cosiddetta”opposizione moderata”, che a detta dello stesso Cuneo contano poco o nulla a petto della vera “opposizione” rappresentata dalle forze islamiste radicali. Volendo però analizzare -ecco il punto centrale- gli “iniziali tentativi della mobilitazione di coordinarsi autonomamente fuori e contro gli organismi-fantoccio messi in piedi dall’Occidente”, la nostra attenzione si appunta sul cosiddetto “Coordinamento dei comitati locali” di cui si legge nella rivista del Cuneo, l’unico lavoro che ci è capitato di leggere (prontissimi a integrare le nostre conoscenze) dove il coordinamento di questi comitati di base viene presentato e riferito -con dovizia di riferimenti e dati- come un processo di primaria rilevanza e ampiezza, non identificabile con i vari coordinamenti delle “opposizioni” “moderate” e islamiste in contatto con gli imperialisti e spesso con sede nelle capitali d’Occidente, e -giura il Cuneo- autonomo e per nulla allineato ad esse. Annotiamo intanto che il Quaderno del Comitato Kanafani non conferma questa rilevazione, riferendo semplicemente di “Comitati di Coordinamento Locali, residuale fazione progressista, che avrebbero abbandonato il CNS in agosto 2015…”. Quanto alle posizioni del “Coordinamento dei Comitati Locali” apprendiamo dal Cuneo che esso “insieme a diversi raggruppamenti della ‘sinistra rivoluzionaria’, ha sostenuto che è necessario unificare tutti i gruppi armati, inclusi quelli facenti capo all’ELS, in un’unica struttura nazionale …” (dunque trova conferma che i comitati “autonomi e non allineati” sono stati ben disponibili a coordinarsi anche con le forze al soldo dell’imperialismo: alla faccia della “ferma contrarietà”…); inoltre -leggiamo sempre dal Cuneo- il Coordinamento avrebbe“messo la sordina alle rivendicazioni materiali iniziali dei ‘ragazzi di Deraa’, nel tentativo di gettare un amo verso i piccoli imprenditori e gli artigiani che dall’aumento dei salari dall’imposizione del salario minimo verrebbero indubbiamente danneggiati” (a conferma del prevalente connotato non proletario delle componenti sociali con voce in capitolo nella rivolta). Nondimeno il Cuneo scrive di “un vero processo di auto-organizzazione elemento di forza di questa rivolta: …è nata in un breve arco di tempo una miriade di comitati popolari locali (se ne contano oltre 400) che nella loro maggioranza hanno dato vita a un coordinamento dei comitati locali della Siria… l’ampiezza di questo processo di auto-organizzazione è fuori discussione…”. Più oltre si legge addirittura della “formazione di consigli rivoluzionari (Majlis Thawar), che sarebbero al momento intorno ai 50. Questi consigli hanno poi dato vita, nell’agosto 2011, ad una Commissione generale della rivoluzione siriana, composta alla sua nascita da 44 diverse organizzazioni, diventate oggi 55, che alcune analisi presentano come l’organismo in campo più forte e rappresentativo…”. Sono questi i passaggi centrali nel lavoro del Cuneo con i quali si intende sostanziare, in linea con l’analisi della “insorgenza popolare e proletaria”, che in Siria non ci sono stati e non ci sono soltanto le “opposizioni” che hanno trescato e trescano con l’imperialismo, ma anche un processo di auto-organizzazione dal basso di tutt’altro segno. Noi, che consideriamo tutto con attenzione e non banalizziamo affatto le difficoltà delle masse impoverite ed oppresse di organizzarsi ed esprimere un proprio indirizzo -in generale e nella situazione data-, non possiamo sottacere che nella rivista patinata del Cuneo si legge poi nelle noticine messe in ultima pagina che “le analisi” dalle quali sono stati tratti tutti (dicasi: tutti) i riferimenti e i numeri relativi al “processo di auto-organizzazione” sono quelle elaborate da una certa “ricercatrice” statunitense di nome Elisabeth O’Bagy per conto dell’americano Institute for the Study of War. Le “analisi” di costei vengono messe al centro dello scritto del Cuneo e colorate con tutta l’enfasi che occorre per sostanziare la tesi della “rivoluzione siriana”; poi, in noticina a carattere ridotto in ultima prima della copertina, si legge che “l’indagine è da prendere con le pinze soprattutto perché è un’indagine a tesi, volta a dare suggerimenti all’amministrazione Obama (ciò non toglie che sia una ricerca accurata e molto documentata)”!!!! In questo modo, però, è proprio il Cuneo a non voler -consapevolmente!- usare le pinze, se a conti fatti accredita questa fonte discutibilissima (e unica quanto ai riscontri riferiti) e la offre come oro colato ai lettori. Se poi si va a controllare quali siano le ricerche accurate della O’Bagy, si apprende che costei, ricercatrice dell’Istituto citato, ebbe a firmare un editoriale sul Wall Street Journal divenuto famoso per essere stato citato da John Kerry e da John McCain nel dibattito parlamentare sull’eventuale intervento militare diretto degli States in Siria (l’editoriale, dove si argomentava che i ribelli in Syria si distinguono in moderati ed estremisti, è stato citato a favore dell’intervento per sostenere che “i ribelli non sono soltanto gli jihadisti come alcuni possono credere”). Dopo l’allontanamento della O’Bagy dall’Istituto di cui sopra per millantati titoli accademici mai acquisiti, è emersa la sua affiliazione al Syria Emergency Task Force, un gruppo con base negli States che sponsorizza il rovesciamento armato del governo siriano, e ancora poi la sua attività di lobbyng presso politici americani per l’invio di armi pesanti agli insorti siriani. Infine due settimane dopo le dimissioni forzate dall’Institute for the Study of War la “ricercatrice accurata ed esperta in vicende siriane” è stata assunta come legislative assistant dal senatore McCain. Se questa è l’alfabetizzazione che incanta i professoroni del Cuneo, noi resteremo per sempre ignorantissimi. Nostro consiglio ai lettori: lo studio e la documentazione ad ampio raggio sono importanti, ma diffidate di quanti ostentano con supponenza accademica chilometriche bibliografie difettando della corretta digestione dell’ abc di classe.

Il Quaderno sulla Siria del Comitato Ghassan Kanafani: un contributo utile

Noi vogliamo concludere questa nostra nota riportando alcuni stralci del Quaderno citato del Comitato Ghassan Kanafani, che consideriamo un contributo utile (e doppiamente utile nella confusione che ci attanaglia se finanche il Cuneo si abbevera alle fonti avvelenate di cui si servono i guerrafondai Kerry e McCain). Senza minimamente identificarci con le soluzioni politiche sottese e riservando ad altra sede un commento approfondito delle posizioni espresse, leggiamo con interesse le informazioni che ci arrivano dal Comitato Ghassan Kanafani, che scrive: “Di fatto si fatica a riconoscere una presenza laica, progressista, marxista e/o rivoluzionaria nell’opposizione siriana, un campo dove sono stati sperimentati i rapporti di forza tra cordate reazionarie arabe (FM vs Arabia Saudita vs ISIS), tutte opportunamente armate e aizzate le une contro le altre dall’imperialismo occidentale… Le belle speranze dei sostenitori occidentali della ‘rivoluzione siriana’ (nonostante la palese realtà dei fatti) sono ancorate alla presunta esistenza di micro-sette, assolutamente invisibili, di orientamento socialista rivoluzionario (come il Revolutionary Left Current in Syria – RLC). A ben vedere poi, queste organizzazioni dal lessico marxisteggiante sono composte da ‘tecnici occidentali”… . Caso emblematico riferito dal Comitato Kanafani è quello del “Kafranbel Media Center (KMC), che produce un’ incessante propaganda anti-regime apertamente filo-USA. L’attività principale del centro consiste nel mettere in scena piccole ‘proteste’ che, ogni venerdì, coinvolgono massimo 30-40 persone, rigorosamente fotografate e pubblicizzate su internet... Il KMC è stato fondato nel 2011 da Read Fares, uomo di Washington ed intimo di Ed Royce, Presidente della Commissione Affari Esteri della Casa Bianca, con l’intento di rappresentare ‘una voce democratica, laica e secolarista nell’opposizione siriana’…“. Di particolare interesse è la testimonianza delle vicende che riguardano l’ex campo-profughi palestinese di Yarmouk fondato nel 1957 e ora quartiere damasceno: un resoconto, quello del Comitato Kanafani, che fornisce un quadro problematico che non coincide propriamente con le rappresentazioni del Cuneo. Il Comitato Kanafani denuncia “la diffusione di una narrazione distorta degli avvenimenti, nella quale la popolazione civile palestinese è stata, alternativamente, compatita come ‘vittima del regime siriano’ o accusata di essere ‘collaborazionista’ dello stesso… Il campo di Yarmouk (Damasco) è definito ancora oggi ‘la capitale della diaspora’ o anche ‘la capitale della Resistenza palestinese’… La volontà di trascinare i palestinesi di Yarmouk nella guerra contro la Siria e la conseguente cancellazione del campo profughi sono crimini contro la stessa causa palestinese, indissolubilmente legata al ‘diritto al ritorno’. Degli oltre 160.000 palestinesi censiti nel campo prima dell’occupazione da parte delle milizie anti-siriane, si stima siano rimasti meno di 18.000 individui, quasi tutti combattenti. La volontà da parte dei palestinesi di rimanere neutrali, sostenuta e promossa con forza fino all’ultimo, è stata un estremo tentativo di non essere coinvolti nel conflitto contro lo Stato siriano… . E’ banale dimostrare come Yarmouk non sia mai stato un obiettivo militare per l’Esercito Arabo Siriano (EAS/SAA) che, al contrario, ha sempre avallato la scelta palestinese di continuare in autonomia la gestione del campo. Tuttavia la vicinanza con il centro di Damasco e, soprattutto, l’invadente presenza delle milizie ribelli dell’ELS/FSA (provenienti da aree limitrofe) hanno costretto gli abitanti del campo alla fatale scelta di fuggire o difendersi. Fin da 16 dicembre 2012, complici alcuni gruppi interni (legati alla Fratellanza Musulmana palestinese), il campo è stato occupato da una galassia di gruppi armati fondamentalisti ai quali, dal primo aprile 2015, si è aggiunto l’ISIS”. Consapevoli di esprimere valutazioni riferite a situazioni di difficoltà e pericolo estremi, dobbiamo pur sempre aggiungere che la neutralità non ci soddisfa. Il dato che secondo noi emerge è che in Siria, nel contesto internazionale non favorevole a causa di deficit che riguardano innanzitutto il proletariato e i “comunisti” d’Occidente, alle masse sfruttate cui ci riferiamo è difettata la forza necessaria per orientare con decisione la mobilitazione anti-Assad sulle coordinate di classe, pronte a difendere la propria lotta contro l’eventuale scesa in campo dell’imperialismo, sbarrata la strada in premessa a ogni idea di chicchessia di allearselo. Quando poi la rivolta si è radicata come cavallo di Troia dell’aggressione imperialista cavalcato da leadership anti-proletarie, è difettata la forza per contrastare efficacemente l’aggressione. Il punto è che giammai l’aggressione può essere efficacemente contrastata allineandosi al governo di Assad. L’unica possibilità di rinsaldare il fronte di classe e opporlo unito all’aggressione imperialista è data da una corretta e decisa azione politica orientata al programma di classe, che mentre chiama a mobilitarsi contro l’aggressione imperialista non dismette al tempo stesso la denuncia e la lotta contro la propria borghesia nazionale e fa proprie tutte le giuste istanze degli sfruttati siriani contro di essa. Solo su queste basi è possibile unificare le forze di classe, prevenendo la divisione tra islamisti anti-Assad e “neutrali” (“filo-Assad”), così potendo respingere l’aggressione imperialista e quanti se ne mettono al servizio. La vicenda di Yarmouk ci sembra che metta a nudo l’insufficienza e la complessiva fallacia delle soluzioni prospettate dal movimento nazionalista e socialista arabo (e arabo-palestinese in specifico) nella sua storica lotta per spezzare le catene della dominazione imperialista, senza poter escludere da questo bilancio complessivo le componenti pur proiettatesi coraggiosamente verso il marxismo. L’insufficienza di quelle soluzioni ha fatto sì che nella fase successiva ampie masse sfruttate e oppresse del mondo arabo-islamico abbiano rivolto altrove la propria istanza di riscatto dando fiducia ai programmi dell’islamismo politico più o meno radicale, mentre non sempre (invero quasi mai) le componenti storiche della sinistra arabo-palestinese hanno operato nella corretta direzione per poter rinsaldare l’unità di classe. Quanto scrive il Comitato Kanafani richiama la necessità di un bilancio complesso, da riprendere in altra sede. Nelle conclusioni il Comitato Kanafani denuncia la sinistra occidentale cui attribuisce “una malattia in uno stadio più avanzato, una sorta di ‘campismo rovesciato’ (grassetto nostro, n.n.): se l’alleanza tra forze patriottiche, marxiste, nazionaliste e religiose per la difesa della Repubblica Araba Siriana viene condannata senza appello come un crimine (una ‘contaminazione da contatto con elementi reazionari’), l’alleanza tra la realtà ‘eletta’ a rappresentare i nostri comuni valori occidentali di sinistra e l’imperialismo USA è giudicata (orribile dictu) con leggerezza, quando non orgogliosamente rivendicata…”. Condividiamo l’accusa di “campismo rovesciato” rivolta a quanti hanno giudicato con leggerezza l’alleanza tra le forze da essi elette a rappresentare la “rivoluzione” in Libia e in Siria e l’imperialismo occidentale (anche il Cuneo si è concesso fin troppa leggerezza su questo punto dirimente), e di quanti addirittura se lo sono rivendicato con orgoglio (come la redazione del manifesto che titolò “Benedetta Nato”). L’alternativa però, per quanto già succintamente esposto, non può essere quella che qui viene prospettata, quella di un effettivo “campismo interclassista” che è anch’esso contrapposto alla prospettiva di classe. La difesa contro l’aggressione imperialista è un dovere dei comunisti che giammai può essere assolto in nome della “Repubblica Araba Siriana da difendere con l’alleanza tra forze patriottiche, marxiste, nazionaliste e religiose”. L’unica via di riscatto è quella che sappia affasciare tutte le nostre forze di classe per schierarle compatte contro le manovre degli imperialisti facendoli arretrare e desistere. La difesa nazional-patriottica prospettata dal Comitato Kanafani si allinea alla borghesia nazionale siriana e nel fare questo si preclude la strada, ardua ma altre non ne esistono, verso la ricomposizione dell’unità di classe del proletariato e delle masse sfruttate, unico argine efficace contro l’imperialismo e contro tutte le sue derivazioni locali.

23 maggio 2017