nucleo comunista internazionalista
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Passato il crinale del 2 agosto, si accelera il corso della crisi capitalistica

DANARO, ORO, SANGUE

Dopo aver proclamato la guerra di classe al proprio interno, attorno al crinale storico del 2 agosto, e averne procrastinata di qualche mese la messa in opera pratica alla borghesia americana sembra essere ancora una volta riuscito il salto mortale di piazzare sui mercati la fetta in scadenza del proprio debito, per di più a tassi d’interesse bassissimi. Masse di capitali da ogni parte del globo ancora una volta insomma non trovano altro miglior rifugio, altra migliore sicurezza se non nel Tesoro americano nei Buoni del Tesoro americani cioè in realtà nella forza complessiva dello Stato americano, nella Forza Armata dell’America. Ancora e nonostante tutto riconosciuta come unico e ultimo e vero baluardo del capitalismo mondiale.
Il giochino però non potrà continuare ancora a lungo. E tutti lo sanno, compresi gli stessi sottoscrittori del debito Usa che continuano ad “investire” il loro tesoro sotto le ali, sinistre ma protettive, dei bombardieri e delle portaerei nucleari manovrate dal Pentagono. Lo sanno benissimo i cinesi, lo sa benissimo Putin il quale, allo svolto del 2 agosto e con la faccia cattiva, ha definito l’America “parassita dell’economia mondiale”, lo sanno tutti gli altri.
Se la borghesia americana non vorrà affrontare direttamente il nemico interno ossia le masse ed il proletariato americano (e a nostro avviso cercherà in ogni maniera d’evitare l’attacco diretto e brutale) allora essa ha l’incontenibile necessità di scaricare all’esterno le sue contraddizioni e i suoi antagonismi che sono le contraddizioni e gli antagonismi del capitalismo mondiale. Necessità di guerra, di altri e più tremendi macelli in un movimento in fondo analogo a quello “classicamente” descritto a suo tempo da Sir Cecil Rhodes per la spinta imperialista britannica: “La politica imperialista ci è necessaria per evitare la lotta di classe all’interno del nostro paese”.

Bisogno di sangue

Leggiamo che l’esimio economista Paul Krugman, amico e critico “da sinistra” del ciarlatano Obama, consiglia al Presidente di “architettare una guerra per salvare l’economia”. (1)
Questo Krugman, che è uno che bolla come “terroristi” quelli del Tea-Party, non è l’ultimo dei fessi arrivati anzi è una specie di guru propugnatore delle politiche keynesiane ossia propugnatore di un massiccio e organizzato intervento economico e “sociale” dello Stato per “uscire dalla crisi”. Questo Krugman è anzi ancora una specie di “faro di riferimento” per certi corvacci della sinistra e della “estrema-sinistra” nostrani sul tipo della Rossanda che si sbattono la testa su “come uscire da sinistra dalla crisi”. E intanto chiamano alla formazione di Brigate internazionali per accorrere in sostegno della …”rivoluzione” di Bengasi (e domani di Damasco, di Beirut, di Teheran?). Vediamo di non dimenticarlo.
Leggiamo ancora che qualcuno trova contraddizione fra il propugnato “progressismo” in fatto di intervento economico dello Stato e di “protezione sociale” e il “suggerimento inopinato”  di preparare un nuova guerra.
Non c’è alcuna contraddizione! Semmai Krugman s’è lasciato maldestramente scappare una verità che in pubblico è più conveniente celare: il massiccio intervento economico e “sociale” dello Stato, il New-Deal dove ha portato, che sbocco ha avuto se non il macello della seconda guerra imperialistica mondiale? Vediamo di non dimenticarlo.

Oro! Oro! Oro!

Il buon Hugo Chavez ha decretato la nazionalizzazione della produzione aurifera del paese, ha inoltre dato disposizioni a che tutto l’oro del Venezuela che si trova “al sicuro” nei forzieri in terra inglese e a Fort Knox (“al sicuro”: si tocchino i coglioni gli amici bolivaristi!) venga al più presto possibile “rimpatriato” che anche a Caracas si dispone di caveaux adeguati alla bisogna. Entrambe cose buone e giuste.
Staremo proprio a vedere se l’operazione “tecnica” del rimpatrio di quelle tonnellate di “plusvalore che dorme” di proprietà venezuelana filerà davvero liscia come l’olio. Nel frattempo, se mai potessimo suggerire qualche cosa agli amici bolivaristi consiglieremmo loro due cose: uno, raddoppiare i turni di guardia, 24 ore su 24, attorno al buon Hugo; due, una volta che i lingotti di “plusvalore che dorme” saranno arrivati a Caracas procurino di farli analizzare per bene. Non sia mai che al posto di oro non gli restituiscano del volgare tungsteno. Gli alti borghesi, gli alti uomini di Stato e di finanza infatti non si comportano in fondo diversamente, una volta messi alle strette, dell’imbroglione di Spaccanapoli. E ci scusino tutti coloro che nel rione di Forcella e dintorni tirano a campare rifilando pacchi alla gente.
Sempre a proposito di plusvalore che dorme cioè di oro, abbiamo notato che alcuni borghesi di casa nostra (uno su tutti il Sig. Mario Deaglio persona seria e preparata, editorialista, fra l’altro, de La Stampa  non un ciarlatano, non un pagliaccio politicante qualsiasi) ha avanzato la proposta, per rastrellare un po’ di liquidità e tentare di abbattere il debito dello Stato, di vendere una parte dell’oro di cui lo Stato italiano è proprietario (o forse sarebbe meglio dire: le banche italiane sono proprietarie?), tenuto conto che l’Italia è fra le maggiori detentrici di riserve aurifere (quarto o quinto posto in assoluto fra i detentori di plusvalore che dorme).
Fra i borghesi si è accesa la discussione. C’è però un piccolo particolare che in quelle discussioni non sembra emergere: una parte del “nostro” oro è anch’esso “al sicuro” nei forzieri di Fort Knox ivi trasferitovi nel corso del tempo dal potere di Roma per sfuggire “al pericolo rosso”.
Non solo la infame e lurida e badogliana borghesia italiana non si azzarda a chiedere agli “amici americani” la restituzione del preziosissimo metallo giallo che pur farebbe tanto comodo in questi tempi “alla Patria”, ma neppure le correnti neo-mussoliniste (compresi i patrioti di “estrema sinistra” di cui più volte abbiamo parlato in queste pagine) ci pensano, nemmeno come strumentale motivo di facile agitazione populista. Il borghese Chavez è un gigante rispetto ai nostri luridi badogliani di centro, di destra e di sinistra.       

(1) Cfr “Krugman chiede al governo di architettare una guerra per salvare l’economia” di Paul Joseph Watson per “Prison Planet” reperibile in www.comedonchisciotte.org
22 agosto 2011