nucleo comunista internazionalista
note




Agosto 2007 – Esplode la “bolla immobiliare” negli Usa

TREMA TUTTA LA STRUTTURA DEL CAPITALISMO MONDIALE

NESSUNA “QUADRATURA CONTABILE” E’ POSSIBILE
PER LA MONTAGNA DEI DEBITI

PRESO A CALCI NEI DENTI
IL PROLETARIATO E’ RIBUTTATO IN CAMPO

A COMINCIARE DALL’AMERICA

Non sappiamo se l’ondata che sta polverizzando masse di capitale – masse gonfiate e generate artificialmente da gigantesche e allucinanti operazioni finanziarie (la “finanza creativa” come ci viene propinata: creativa sì, ma di valori fittizi, virtuali) – e la conseguente serie di fallimenti e crisi a catena, innescata dal deflagrare della “bolla immobiliare” statunitense potrà essere contenuta dall’intervento congiunto delle centrali del capitalismo internazionale. Le Banche centrali, in particolare quella europea, stanno intervenendo massicciamente per contenere e domare l’onda degli ordini di vendita che percorre i mercati, per prevenire il panico che trasformerebbe l’onda in ciclone.

Se l’epicentro della crisi sono certamente gli USA è altrettanto sicuro che il panico e un eventuale crack finanziario non potrebbero in nessun modo fermasi alle frontiere nordamericane ma l’onda ciclonica si trasmetterebbe rapidissimamente in tutta l’intera struttura del sistema capitalistico mondiale mettendolo sull’orlo di un altro 1929 con conseguenze drammatiche in particolare per le classi medie ed il proletariato occidentali chiamati bruscamente a pagare un conto salatissimo. Possono perciò non intervenire, non già “in soccorso degli americani” infognati nel debito bensì in soccorso al capitalismo mondiale, gli alleati recalcitranti europei, quelli giapponesi così come il concorrente ed odiato capitalismo cinese? Possono essi dire: “se la grattino loro la rogna” e magari bearsi del disastro dei concorrenti? No, non lo possono. Perché la rogna purulenta del debito, della droga finanziaria iniettata nel tessuto del capitalismo, non è un affare semplicemente americano architettato e messo in piedi dai circoli di una Wall Street “deviata e pervertita” ma è una rogna, è una droga intrinseca al sistema, funzionale all’intero capitalismo mondiale moderno, senza la quale droga nessuna sezione nazionale del capitalismo potrebbe sopravvivere evitando di impattare duramente nelle contraddizioni sociali, nell’antagonismo e nella lotta di classe. Di quella droga che ha indubbiamente in Wall Street il principale luogo di spaccio anche il capitalismo europeo ne necessita e ne beneficia, così come le stesse borghesie rampanti cinesi, russe, indiane, brasiliane ne traggono utili. Borghesie rampanti ricattate, taglieggiate anche, dalla satrapia americana: certamente. Ma tuttavia pienamente compartecipi al tavolo verde dei mercati capitalistici su cui si gioca con la pelle dell’unico soggetto che può generare valore reale dentro le regole del capitale cioè la pelle, la vita dei salariati, del proletariato internazionale.

Sentiamo venire dalla bocca della borghesia europea un sottile (e in taluni casi neanche tanto sottile!) risentimento verso l’ennesimo bidone scaricato da oltre oceano: “E’ ormai evidente che il sistema finanziario internazionale ma soprattutto americano aveva creato un volume eccessivo di debiti, distribuendo il rischio relativo nel modo più ampio possibile grazie ad una serie di sofisticati strumenti” commenta il giornale della Confindustria. (1) Accade così che non una banchetta qualsiasi ma la BNP ossia la prima banca francese abbia dovuto bloccare il suo “fondo comune di liquidità” cioè quel tipo di fondo comune di investimento che viene piazzato alla clientela, in genere al segmento medio basso che non può permettersi di rischiare i risparmi, come investimento assolutamente sicuro, non speculativo, in alternativa alle obbligazioni di Stato, i Bot nostrani insomma. Bloccato perché la pancia di tale fondo “non speculativo” è piena di titoli svalorizzati legati al settore immobiliare americano. Titoli che i “creativi” o pervertiti fate voi della finanza d’oltre oceano hanno iniettato nei circuiti del sistema internazionale, fino ad arrivare al punto che oggi, come ci informa La Repubblica “nessuno sa quanto valgano davvero i mille miliardi di dollari di Cdo (i titoli derivati dalla contrattazione e “produzione” di mutui Usa, ndr) finora emessi, perché nessuno sa quanto valgano i debiti che contengono”. (2)

In risposta a questo risentimento da parte dei soci in affari che è destinato a montare ed a esprimersi presto o tardi in aperta contrapposizione antiamericana, sulle orme “antiplutocratiche” tracciate dai Benito e dagli Adolfo, a buon titolo dalla banda americana e dai loro accoliti in ogni paese può giungere la replica secca, stringente, reale: così come i soldati yankee combattono e muoiono su diversi fronti per difendere l’ordine, i valori, gli interessi generali della civiltà occidentale cioè così come la guerra è necessaria per la difesa del nostro modo di vita, del capitalismo alla cui mangiatoia anche voi pavidi alleati abbondantemente attingete, così le manovre di una finanza sempre più spregiudicata e scollegata dalla reale base economica sono un esito necessario ed inevitabile cui il sistema non può sottrarsi pena il venir meno della stabilità dell’ordine sociale dentro ogni paese “avanzato e civile”. Questo aspetto, la valenza cioè anche come narcotico sociale degli strumenti finanziari è un dato di fatto assolutamente centrale che però non a caso anche i critici più feroci della “irresponsabile” politica del governo americano (ci riferiamo ai critici borghesi dalle connotazioni politiche più varie, da una certa “sinistra alternativa” fino a una certa “destra sociale”, critici esterni che interni agli USA stessi) non si azzardano a toccare e a mettere in discussione se non per invocare imbecilli “condanne ai truffatori”, tutele ai cittadini gabbati e per invocare una sorta di “finanza etica” mondata dalla bramosia di lobby oscure e dalle torme di locuste-speculatori che ci avrebbe portato all’attuale degenerazione e perversione.

Ebbene, voi signori democratici-progressisti ovvero, è lo stesso, nazionalisti-sociali, voi che denunciate puntualmente ed efficacemente le malefatte ed i crimini dell’attuale amministrazione, voi che denunciate gli oscuri complotti delle lobby “ai danni del paese e del popolo”, voi che vorreste trascinare il presidente ed interi consigli di amministrazione a questo punto davanti ad un giudice in tribunale (ed in America ci possiamo aspettare anche questo), voi che pretendete possibile una politica imperialista “equilibrata”, un capitalismo “sano” senza cioè la degenerazione e perversione dello strumento finanziario, voi signori rispondete a questa semplice e forse banale domanda: senza gli artifici finanziari, senza la crescita enorme e programmata del debito delle famiglie come si potrebbe mantenere un livello di spesa per consumi che negli USA rappresentano il 70% del Pil, una vera mostruosa idrovora di merci? Un divorante mercato, quello USA che è il principale sbocco dell’export straripante dei capitalismi asiatici, Cina in testa. Che ne sarebbe allora degli equilibri sociali, del modo di vita occidentale, del nostro cittadino-consumatore ingozzato di merci se l’infernale meccanismo produzione-consumo che ha retto proprio grazie agli artifici del debito venisse ad incepparsi?

Il ricorso alla droga finanziaria è necessario al capitalismo mondiale per rimandare i collassi catastrofici insiti nel sistema mercantile borghese ma anche allo stesso tempo per rimandare, tenere lontano dalle nostre società civili e democratiche e illudersi di sfuggire al materializzarsi dello spettro della lotta di classe proletaria evento temuto come la peste dai borghesi di ogni razza e colore politico. E così sarebbe -e sarà- qualora svanissero, all’interno della società americana e di qui a tutte le potenze capitaliste, gli effetti della droga finanziaria, del consumo a credito, della “proprietà” pagata con decenni di rate (in Inghilterra si è arrivare a stipulare mutui immobiliari con scadenze fino a 100 anni!). E gli artifici finanziari interni e globali, la patologia del consumo e del consumo a credito che avvilisce, narcotizza, incatena al capitale il salariato americano (e occidentale) e che per lunghi periodi non gli fa sentire il peso della catena cui è inesorabilmente stretto sono intimamente collegati alla “politica estera” dell’imperialismo ossia alle bombe e alla bestiale oppressione riservate ai barbari cioè agli sfruttati ed al proletariato delle periferie del mondo. Prendere il tutto o lasciare!

Tutti i centri nazionali capitalistici, compresi quelli oggi in prepotente espansione di Pechino e Mosca invisi all’asfittico capitalismo occidentale che li ha puntati come obiettivi di guerra prossima ventura, hanno interesse, nell’attuale contingenza, a bloccare il panico e sedare una crisi finanziaria gigantesca delle cui drammatiche conseguenze economiche e sociali ogni paese capitalista, anche quelli in massima espansione, sarebbe investito. Si tratterà semmai, una volta domata e riassorbita l’onda della crisi, per ciascuna potenza capitalista “soccorritrice” di mettere l’imperialismo nordamericano di fronte alle sue proprie responsabilità, di ridefinire le regole del gioco: può il paese più indebitato, il paese che da molti anni ormai ha perso il primato nella produzione manifatturiera la cui base industriale è stata delocalizzata e pesantemente tagliata, pretendere di continuare a dettare legge e ricattare il mondo attraverso l’uso della leva finanziaria e l’uso della sua potenza militare?

Se anche, come probabile, l’attuale shock potrà essere gestito nella maniera più accorta e “indolore” possibile (i 6.000 dipendenti della collassata American Home Mortage licenziati in tronco con semplice comunicazione via email sono inezie data l’enormità della partita da gestire) dall’azione spalleggiata di tutti i centri del capitalismo mondiale, le sue ricadute e conseguenze saranno profonde per l’intero assetto e ordine internazionale. Le tendenze già in corso verso la contrapposizione, la ridefinizione dei rapporti di forza fra Stati e blocchi borghesi antagonisti e, dentro alle metropoli occidentali, l’indebolimento delle basi materiali su cui si fonda il mantenimento dell’ordine e della stabilità sociale interna, riceveranno un potente colpo di acceleratore. In particolare dentro la società statunitense, per la borghesia, per le classi medie, per il proletariato si prepara una fase gravida di incertezze accentuate, di tensioni sociali, di nuove contrapposizioni politiche che scaturiscono da una società su cui si è abbattuto come un fulmine l’attuale shock finanziario. E, da questo epicentro, il riflesso immediato sul mondo intero. Pesante e amaro è il risveglio di un drogato una volta svanito l’effetto della dose!

La crisi in corso è stata innescata dal deflagrare della cosiddetta “bolla immobiliare” evento da lungo tempo diagnosticato e pronosticato. La questione che veniva apertamente posta da ben oltre gli ambienti degli addetti ai lavori era non se fosse esplosa la bolla ma semplicemente quando e se e in che misura un tale innesco avrebbe potuto raggiungere la polveriera centrale delle Borse e delle altre istituzioni finanziarie e come semmai prepararsi ad attutire il relativo botto. Atterraggio morbido o picchiata incontrollata appunto. Anzi, si può dire che sin dal momento stesso in cui l’operazione di drogatura in grande stile fu lanciata negli USA, a cavallo fra il 2000 e il 2001, più di qualche voce anche dall’interno del sistema venne a mettere in guardia sulla dirompente esplosività del maneggio dei valori immobiliari e derivata “produzione” di credito/debito che i massimi vertici della finanza si apprestavano a compiere in perfetto stile americano cioè con assoluta razionalità e con una movimentazione di quantità gigantesche di capitale.

Ma, come e perché l’organismo capitalistico ha dovuto ricorrere a una tale iniezione di droga? Innanzi tutto va ricordato che questa iniezione di credito/debito artificiale si è resa necessaria immediatamente dopo che la precedente dose aveva esaurito i suoi effetti con il repentino sgonfiamento e il crollo della cosiddetta “new economy”. In quel torno di tempo, precedente l’11 settembre, una pericolosa stretta nei consumi interni si veniva manifestando data la già allora evidente difficoltà delle famiglie cioè della massa dei salariati a svolgere il compito loro assegnato di idrovore di merci, di liberi e felici divoratori di merci. Ci si ricordi sempre: problemi, difficoltà del mercato USA = difficoltà, inceppamento per tutta rete collegata del capitalismo mondiale. Quale altro mercato solvibile avrebbe potuto (potrebbe) assorbire le merci eruttate dal vulcano produttivo dei paesi asiatici, Cina in testa, qualora l’idrovora nordamericana si fosse grippata (si grippasse)? E a questo scambio non sono state (non sono) vitalmente collegate le borghesie dei paesi trainanti la produzione manifatturiera che difatti nel giro di pochi anni sono diventati, come nel caso del capitalismo cinese, i principali sottoscrittori e finanziatori del debito pubblico statunitense?

Dunque, ultrasemplificando, la manovra è consistita nel creare liquidità e credito sulla base della manipolazioni dei valori immobiliari (il prezzo medio di una casa negli USA è salito del 51% dal 2000 ad oggi). I vecchi mutui contrattati al valore degli immobili precedente i rialzi sono stati sistematicamente ricontrattati sulla base del nuovo e ben più alto valore degli immobili stessi. Al liberissimo salariato e stipendiato americano è stata proposta insomma la seguente cuccagna: la tua (tua? Al tempo: bisogna pagarle tutte le rate! Ma lo stesso diciamo “tua”) casa ieri valeva 100, oggi ne vale 130 140 150. Perché non chiudere la vecchia partita di debito ed aprirne una nuova, sulla base del nuovo lievitato valore? Le rate del nuovo debito si protrarranno è vero, ma da questa partita di giro contabile avanzerà un bel gruzzoletto che immediatamente il libero cittadino salariato/stipendiato potrà intascare. Gruzzoletto che in realtà è destinato solo a transitare dalle tasche del libero cittadino per ritornare alla base, previo passaggio ai magazzini della Wal-Mart stracolmi di ogni ben di Dio e forniti dell’ultimissima novità. Questa in sintesi la prima fase dell’operazione. Segue un’ulteriore siringata con l’erogazione di mutui ad una massa di clientela definita “ad alto rischio” che in base ai criteri ragionieristici precedenti sarebbe stata esclusa dal credito (sono questi i cosiddetti “subprime”, circa il 10/15% del mercato dei mutui, ad avere dato fuoco alle polveri, data la crescente insolvenza dei debitori “proprietari”): come negare anche a un poveraccio o a un impiegatucolo il diritto a un focolare domestico? La catena di questa produzione di credito/debito è andata poi raffinandosi con “l’impacchettamento” e la distribuzione di questi “prodotti” sotto forma di obbligazioni agli investitori di mezzo mondo, secondo lo stesso medesimo metodo seguito dalle banche nei casi Parmalat o delle obbligazioni argentine ovvero scaricare, spalmare, piazzare a terzi questo tipo di “prodotti” finanziari ad altissimo rischio.

Ora, che succede, e siamo alla bomba sotto il culo di cui oggi si avverte il tic-tac, quando da un lato aumenta l’insolvenza delle rate (segue pignoramento e messa in vendita della “proprietà” segue maggiore offerta sul mercato immobiliare) e dall’altro la curva dei valori immobiliari prende a scendere? Che ne è del valore reale di quei “prodotti” messi in circolo nei mercati finanziari internazionali? Nessuno lo sa in effetti, come è costretta a confessare la stessa stampa borghese. Ma c’è dell’altro volendo essere pignoli alla maniera dei vecchi ragionieri: che valore attribuire ora alle poste attive –contropartita dei mutui ricontrattati- iscritte nei bilanci delle banche e degli altri enti che hanno gestito l’affare quando il valore dell’immobile in garanzia volge al ribasso? Non dovremo mica convocare d’urgenza in ufficio il libero cittadino “proprietario” per chiedergli il rientro da una posta di debito non più garantita, sperando che il disgraziato non abbia scialacquato il famoso gruzzoletto nei fottuti magazzini della Wal-Mart?

Tutti questi folli artifici finanziari, tutta questa montagna di debito necessaria per la vita del capitale non potranno avere in ultima istanza nessuna “quadratura contabile”. L’unica quadratura che l’organismo pervertito della attuale società borghese mercantile può trovare è nella distruzione, nella distruzione su vasta scala di uomini e cose, è la guerra imperialista.

Unitamente a questa operazione un’altra micidiale iniezione di droga ha avuto corso in questi ultimi anni. Si tratta dell’autentica esplosione del credito al consumo attraverso l’uso generalizzato del pagamento a rate per ogni tipo di merce, delle carte di credito sempre più anche queste di tipo “revolving” cioè a rimborso rateizzato, del proliferare come funghi di agenzie che ad ogni angolo di strada o dai canali televisivi “offrono” credito facile. “Salaires legers , chars lourds” - salari leggeri carri armati pesanti, dicevano i graffiti del 68. Oggi si potrebbe dire: salari leggeri – credito facile (e cannoni sempre più pesanti)! Fenomeno che in breve è dilagato dagli USA in tutti i paesi occidentali come ben possiamo constatare anche in Italia ed ha portato l’indebitamento delle famiglie salire in pochi anni, per esempio in Spagna, al 120% del reddito mensile sino ad essere riconosciuto come patologia sociale in Gran Bretagna dove apprendiamo che “si stanno attivando corsi di ‘benessere economico e cultura finanziaria’ per insegnare ai giovani i rischi dell’indebitamento”. (3) Siamo alla situazione mostruosa e grottesca al tempo stesso di un sistema che da un lato spinge “il libero cittadino” in tutte le forme e fin dalla più tenera età al consumo forsennato, quindi al debito e lo fa con operazioni perfettamente razionali e programmate (la razionalità e la programmazione pervertite del capitalismo si capisce. La bomba atomica e i campi di sterminio sono in questo senso strumenti perfettamente razionali e programmati) data la necessità di evitare il suo proprio crollo, dall’altro lato pretende di curare la degenerazione sociale portata da quella droga di cui esso, sistema borghese mercantile, è lo spacciatore. E per giunta, nell’attrezzare “la cura”, andando ad infittire –con la nuova figura dell’”educatore finanziario”- la pletora dei parassiti al servizio della legalità e delle istituzioni borghesi che dovrebbero insegnare al “libero cittadino” a questo punto sempre più rintronato (mah, scusate signori, dobbiamo godere al massimo del fantasmagorico paradiso delle merci così come dettato giorno e notte da ogni genere di messaggio pubblicitario oppure vestire il saio francescano e restare a guardare dalle vetrine?) a gestire col classico buon senso del padre di famiglia il suo proprio individuale budget.

Dall’interno stesso degli USA non manca certo una critica puntuale e feroce nel descrivere e denunciare l’attuale degenerazione sociale, nell’attaccare l’immensa truffa ai danni “del popolo” stordito ed indifeso, con tanto di nomi e cognomi dei profittatori ed arrivando talora anche vicino a centrare il fuoco sulle radici profonde, sulle “cause di sistema” che la genera. Leggiamo ad esempio da “In Debt We Trust”: “Il debito non ‘accade e basta’; è coscientemente e attentamente prodotto dall’industria del debito con la festa di consumo dei prodotti dedicati ai bambini nei cartoni animati del sabato mattina, tra cui le ‘Bambole Barbie del credito’... Qualche anno dopo lo stesso bambino ormai al college viene investito da una pletora di offerte di carte di credito al momento dell’immatricolazione... Lo studente di college medio si laurea con un debito su carta di 20.000 dollari... Ancora più spaventosa è la realtà che per quel laureato e in effetti per la maggioranza della classe lavoratrice e media degli USA, l’indebitamento non finirà mai!”. Ed ancora: “la nostra società è organizzata per tenerci in stato di lotta per l’intera durata delle nostre vite, risparmiando quasi nulla e rimanendo in perpetuo stato di debito.” (4)

Che cosa manca nel 99% dei casi a questa critica che sa essere così schietta e la cui voce senza dubbio si amplificherà dato i sommovimenti che attendono la società americana e fungerà probabilmente come riferimento a nuovi movimenti sociali che dovranno prodursi fra la gente ingannata e pelata di quel paese?

Manca la comprensione del fatto di come la somministrazione di questo tipo di droga che alla fine conduce alla degradazione materiale e morale del popolo, sia necessaria e funzionale all’insieme del sistema capitalistico in tutti i suoi intrecci globali. Che la classe lavoratrice, fin che rimane “classe in sé” cioè parte del meccanismo capitalistico, ne è certamente la principale vittima (pollo da spennare) ma al tempo stesso anche in un certo modo “beneficiaria” (nel senso dei polli portati all’ingrasso) in quanto consumatrice, goditrice immediata anch’essa nel regno della merce. Che questo suo ruolo “predestinato” –separato e contrapposto alle altre sezioni nazionali del proletariato - occorre spezzare affinché si alzi ad essere “classe per sé”, lotti e si organizzi “per sé” per i suoi propri interessi e si riappropri dei suoi scopi generali e storici. Che non si tratta quindi di far piazza pulita semplicemente “di una truffa” o di una serie di truffe organizzate ad altissimo livello da una schiera di managers e di istituzioni corrotte per il banale scopo dell’arricchimento personale o dell’interesse particolare di una tale lobby piuttosto che di un’altra cerchia di potere (gli interessi particolari e le speculazioni di questa porcilaia ovviamente esistono ma non sono il centro della questione) ma si deve trattare invece della lotta rivoluzionaria per far piazza pulita del sistema generale della merce e del capitale.

Mancando ogni riferimento agli interessi di classe del proletariato ed ai suoi scopi di emancipazione anche la critica più acuta e corrosiva del presente disastro sociale mette capo alla richiesta di “punizioni esemplari” del corrotto borghese X e della compagnia d’affari Y che ha violato una certa tale norma e alla più generale istanza di riforma del sistema, di “ritorno allo spirito originario della Costituzione”, di “ritorno ad una vera democrazia” contro un governo di ristretti circoli di potere torbidi ed irresponsabili.

“C’è un giudice a Berlino!” davanti al quale anche il Re dovrà rispondere e pagare per le sue malefatte, invocava il mugnaio di Sans-Souci. “Ci dovrà pur essere un giudice a New York che possa rendere giustizia al popolo!” invoca l’attuale livello di contestazione dietro le puntuali denunce e le invettive “contro il sistema”.

Ma un certo particolare tipo di “contestazione al sistema” è già strisciante nel paese e dalle convulsioni cui va incontro è destinato ad ingrossarsi e precisarsi. Allo stato attuale si manifesta attraverso le voci e le forme più varie e trasversali, proveniente dai margini e persino dall’interno delle istituzioni ufficiali. E’ un certo tipo di critica e contestazione indirizzato in particolare verso la classe operaia, verso il proletariato americano. Ne capta i sentimenti immediati e ad essi tenta di corrispondere rilanciando verso la massa lavoratrice un indirizzo politico che potremmo definire da “alternativa sociale e nazionale”. Un’esca subdola e micidiale lanciata al proletariato americano che, si potrebbe dire, quasi fa il paio -uguale e contrario- della contestazione borghese antiamericana strisciante nei paesi europei.

Vediamo quali sono gli assi portanti di questa “contestazione antisistema” prendendo da una semplice voce, espressione può darsi benissimo anche incosciente, di questa tendenza oggi ancora allo stato fluido non ancora precisata e organizzata in movimenti politici di massa. (5)

Non vi è innanzi tutto alcuna remora nel descrivere e denunciare lo stato di sfacelo i cui versa il paese e di cui patiscono in particolare i proletari americani nei termini più duri e oggettivi: “E’ difficile credere che nell’arco di una generazione la nostra indole e le nostre capacità siano semplicemente collassate come, ad esempio, hanno fatto le nostre industri siderurgiche e automobilistiche e la nostra agricoltura a condizione familiare”. I meccanismi perversi della finanza, delle reiterate iniezioni di droga vengono apertamente sviscerati e di più, salendo un gradino nella denuncia si arriva ad affermare: “Queste bolle sono sintomi. Vengono create perché ai nostri lavoratori stipendiati e salariati manca il potere d’acquisto a causa di redditi stagnanti e di varie cause strutturali” ma, anche secondo questo genere di contestazione “gli unici beneficiari sono le banche e le compagnie che gestiscono le carte di credito” che si ingrassano “mentre il valore reale degli stipendi e dei salari sta scendendo”.

Qui arriva il motivo centrale su cui gira il discorso. Lo stato di semirovina cui si è arrivati risiederebbe nell’assoluto predominio della finanza e relativi circoli di potere, che con i suoi interessi e circuiti globali che vanno oltre, scavalcano il destino e l’interesse della nazione, rovina e degrada l’economia reale. Una economia reale, un mondo della produzione, un capitalismo industriale che sarebbe in sé sano insomma ma è vampirizzato dal mondo di una finanza degenerata tanto strozzina quanto antinazionale: “La nostra economia è collegata ad un sistema artificiale di supporto vitale, un ostaggio che respira a malapena in un manicomio. Questo manicomio sono i sistemi finanziari USA e mondiale che si trovano sull’orlo del collasso. I pazienti sono i banchieri centrali mondiali, insieme a molti magnati della finanza grandi e piccoli. Il fatto è che l’economia di gran parte del mondo si trova in una fase di decisiva discesa che i finanzieri non possono fermare perché i metodi che essi utilizzano ne sono la causa primaria. Come spesso accade, i pazienti dominano l’istituto psichiatrico”.

Agli operai, ai proletari americani è dunque indicata “la causa” della loro rovina e della rovina del “loro paese” (le due cose vanno sempre insieme per questa contestazione “antisistema” borghese e, appunto, nazionalista: il proletariato ha, e dovrà sempre avere, una “sua patria”) . Non il meccanismo mondiale del capitale di cui anche i salariati americani sono una parta schiava ma, al solito, una certa finanza deviata in mano a pescecani e usurai che se ne infischiano del popolo e della nazione.

Niente di male comunque, si potrebbe dire, se i proletari americani comincino a pensare che occorra far pulizia nel mondo effettivamente pervertito delle banche e di Wall Street. Il fatto è che nell’indirizzo e nella prospettiva social-nazionalista lanciata ai proletari d’America dietro il fumo demagogico delle invettive contro i centri nevralgici della finanza –fumo demagogico giacché fare realmente pulizia a Wall Street può significare una cosa sola: rivoluzione!- è nascosto e diffuso il veleno della chiamata all’intruppamento dei proletari dentro “la loro” nazione che si tratterebbe di riscattare e liberare dalla tela di ragno ordita da una finanza senza cuore e senza patria. E i bersagli e nemici veri, che sin da oggi vengono indicati ai proletari americani, stanno fuori dal paese. Sono le potenze grandeggianti di altri Stati che hanno approfittato del declino industriale e vogliono ora impedire la rinascita produttiva dell’America (rinascita da perseguire attraverso una specie di nuovo new-deal riveduto e corretto, con al centro comunque la difesa e il rilancio “del lavoro” americano). Questo è il succo, che noi leggiamo in filigrana e traduciamo, del discorso “pro-operaio”, il messaggio e la prospettiva celato dietro le critiche “antisistema” del movimento social-nazionale in incubazione.

I folli della finanza non solo hanno destrutturato il paese ma lo hanno reso dipendente da altre potenze che oggi possono tenerlo in scacco: “Gli investitori stranieri all’interno degli USA, su tutti la Cina comunista, hanno sostenuto i nostri massicci deficit commerciale e fiscale con i loro capitali” e ora “i Cinesi, e non solo, potrebbero ritirare i capitali portandoci a sostenerci solo con la nostra economia ridotta a un guscio vuoto”. Volete un altro nome a caso di una potenza minacciosa da segnare all’indice ai lavoratori americani? Eccovelo: “Magari stiamo assistendo alla fine di un’era in cui i finanzieri dominavano il mondo. Ad un certo punto, i governi o i loro establishmet militari e burocratici probabilmente smetteranno di essere spettatori passivi del disordine imperante. Sta già succedendo in Russia e altrove”.

Dove alla fine andrà a parare il discorso è sufficientemente chiaro, indipendentemente da quella che può essere una sincera “volontà di pace e giustizia” degli attuali più disparati e più o meno inconsapevoli portaparola di una tendenza oggettiva, latente nella società. “Cinesi”, “Cina comunista”, il totalitarismo burocratico russo... Si tratta della preparazione di guerra cui si vuole chiamare a predisporsi il proletariato americano, si tratta di incanalare il movimento della classe lavoratrice che necessariamente scaturirà dalle contraddizioni di una società che oggi si scopre così disastrata dentro il binario di una mobilitazione “operaia” pro-imperialista.

Pesante e amaro è il risveglio di un drogato una volta svanito l’effetto della dose. Il risveglio del proletariato americano sarà quanto mai tormentato ad ogni passo irto di insidie. Ma il suo solo alzarsi sulle ginocchia darà la misura di quello che può essere il proletariato, della sua potenza. Tutte le carte saranno sparigliate, non sembrerà allora così impossibile che i proletari americani, quelli cinesi, quelli russi - il proletariato internazionale- mai così collegati nella rete globale del sistema capitalistico ed al tempo stesso separati e messi in concorrenza universale si riconoscano per quello che sono: schiavi di un unico ingranaggio. E poter porre così, concretamente, l’unica reale “alternativa sociale” al presente sfacelo. La rivoluzione di classe, la distruzione del sistema della merce e del lavoro salariato.

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