nucleo comunista internazionalista
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INTANTO CHE IL COPIONE LIBICO SI APPLICA ALLA SIRIA...

...Flavia Angeli, Piero Maestri e Franco Turigliatto, “portavoce” di Sinistra Critica, sottoscrivono una “lettera aperta alle/ai promotori della petizione Siria No war”.

La petizione “NO alla guerra in Siria-Sì ai diritti umani e alla legalità” alla quale si riferiscono è promossa dalla Associazione Peacelink, un organismo che possiamo definire di pacifismo radicale e di sinistra, che raccoglie – tra altri – quanti nell’area e nella stessa redazione del Manifesto si sono scottati le mani sulla vicenda libica, subendo di fatto la linea assolutamente prevalente (in quegli ambiti e non solo) di Rossanda e altri, schierati questi per la “rimozione del tiranno” con ogni mezzo e da parte di chiunque – bombardamenti Nato inclusi e benvenuti – per prendere via via coraggio iniziando ad opporvisi dalle colonne dello stesso quotidiano, recuperando qualche posizione e dando vita a una sorta di separazione in casa buona per il cosiddetto pluralismo delle opinioni e la tenuta delle vendite in una fase di confusione totale del mercato di riferimento ma decisamente in difetto quanto a forza necessaria per dare efficace battaglia alla propaganda filo-imperialista che Rossanda e sodali hanno preteso ammantare di suggestioni “sinistre” (in realtà destrissime, come già abbiamo scritto).

Questi compagni sul capitolo siriano vogliono mettere le mani avanti. Innanzitutto ci vanno essi stessi molto più cauti nel valutare la valenza e il contesto delle proteste e, sin dagli esordi della nuova “rivoluzione”, si mostrano avvertiti sulle manovre in atto, sulle informazioni e le menzogne che ci vengono raccontate.

Il loro appello “per fermare ogni tentativo di intervento militare contro la Siria e favorire una vera mediazione in buona fede” è rivolto “alle Nazioni Unite e alla comunità internazionale” (indirizzo più sbagliato francamente non potevano concepirlo ed è tutto dire della prospettiva in cui si iscrive questa sincera ma impotente petizione, appunto di pacifismo di sinistra). Responsabili delle violazioni subite dai “civili innocenti” – scrivono – sono “entrambe le due parti armate” di una “guerra civile” in corso, ovvero “le truppe governative e le truppe di insorti dell’autoproclamato Esercito di Liberazione della Siria”. Essi denunciano “la campagna mediatica internazionale basata su resoconti parziali e non verificabili, come già è successo in Libia”. Si oppongono all’intervento militare esterno cosiddetto “umanitario” in quanto “soluzione peggiore”, “illegittimo”, “non in grado di proteggere i diritti umani” e invece foriero di “imponenti violazioni” degli stessi. Vogliono evitare la “ripetizione dello scenario libico”, la “trasformazione di una no-fly zone in intervento militare diretto”. Chiedono “una mediazione neutrale” (neutrale l’ONU tra imperialismo occidentale e paesi dominati?), la fine delle sanzioni, “indagini e osservatori che verifichino fatti e notizie che attualmente circolano privi di verifiche e di verificabilità”.

I portavoce di Sinistra Critica declinano la sottoscrizione. Si dicono “naturalmente contrari a qualsiasi intervento straniero in Siria, così come lo erano sulla Libia pur condividendo le ragioni di chi nel febbraio si era ribellato al regime di Gheddafi” (come dimostrerebbero, a quanto scrivono, certi loro comunicati e manifestazioni !?– di marzo/aprile scorsi). Contestano l’appello perche esso tace “della repressione del regime siriano contro la rivolta popolare”, e, in secondo luogo, perché ne assume il “carattere eterodiretto e autoproclamato”. La “rivolta popolare in Siria”, invece, è iniziata “con la richiesta di libertà, dignità e democrazia”, mentre Assad ha risposto con la repressione e gli arresti. Per costoro un appello contro ogni intervento militare in Siria dovrebbe partire “dalla solidarietà attiva alla rivolta siriana” e prefiggersi “la caduta del regime di Assad”.

Siamo alle solite insomma secondo lo sperimentato, infame e tragico, copione libico. In attesa della “spallata democratica” da assestare al “tiranno” di Teheran passando prima o contemporaneamente sulla polveriera plebea e proletaria di Beirut, dove bisognerà prima o poi pur fare i conti con Hezbollah (stretto alleato del regime iraniano e di Assad di cui, a quanto ci consta, esso critica semmai la “mano morbida” verso la sedizione interna) e sarebbe interessante a questo proposito domandare agli amici “trotzkisti” di SC se per caso e a questo punto, per essere coerenti, occorra qui darsi da fare contro il “tirannico” ed anti-democratico Partito di Dio (sia chiaro: esso va apertamente denunciato come da ultimo e ad esempio per la sua vergognosa condotta rispetto all’aggressione alla Libia e non certo tenendo bordone al motivo democratico piatto forte della propaganda filo-imperialista).

Le ragioni della rivolta, continuano ancora i nostri “trozkisti”, “non possono essere nascoste dagli obiettivi di protagonisti interni ed esterni che vogliono approfittarne per una propria agenda”. Essi è vero ammettono che il vero obiettivo dello scontro reale è “l’alleanza attorno all’Iran” incalzata dal “protagonismo filo-imperialista dei paesi reazionari quali Arabia Saudita, Qatar, etc.”, ma per “difendere le popolazioni della regione dalle politiche imperialiste non si può diminuire la solidarietà a chi si oppone in Iran, Siria, etc.”. Promettono comunque di “essere vigili” e che “non mancheranno di manifestare contro la minaccia e la prospettiva di interventi militari esterni”. Intanto sono “con le comunità siriane” che “anche in Italia manifestano, spesso sole, per la libertà del popolo siriano” (con il che è chiaro il genere di manifestazioni “per la libertà” cui costoro partecipano e parteciperebbero! Di una di queste manifestazioni ne ha dato conto, qualche tempo fa, il Campo Antimperialista in una cronaca davvero interessante cui volentieri rimandiamo: presenti fra gli altri oltre naturalmente la pattuglia dei “soCIAlisti rivoluzionari” anche l’onorevole Livia Turco – se mal non ricordiamo – che la cronaca dei campisti diceva ...”essere passata lì per caso”).

I sinistri critici vanno dritti al punto e dicono: “in Siria è lo stesso problema dell’Iran; noi, beninteso, ci opponiamo alla guerra, ma la nostra opposizione alla guerra non può essere guidata da considerazioni geopolitiche... né il popolo siriano può essere vittima sacrificale delle alleanze regionali e dello scontro tra alleati dell’Iran e paesi arabi filo-imperialisti”. Aggiungono: “sulla Libia siamo a posto, perché abbiamo denunciato l’intervento dell’imperialismo, senza però diminuire la solidarietà con i rivoltosi libici”. Che questi ultimi nella fattispecie invocassero i bombardamenti Nato come la manna dal cielo non sembra turbarli affatto.

Di contorsioni del genere ne abbiamo lette a iosa. Ci tocca, vincendo la nausea, di ripeterci: SC è contro i bombardamenti imperialisti sui paesi dominati e dà la sua solidarietà “a chi si oppone” in quei paesi. Se nella contingenza data “chi si oppone” invoca le armi dell’imperialismo contro il proprio popolo (o una parte di esso, ammesso che si voglia accreditare la precisione chirurgica dei bombardieri), SC non fa una piega: si dichiara contro l’intervento occidentale, supporta e accredita “chi si oppone” invocando l’imperialismo.

Ciò significa porsi oggettivamente dalla parte dell’aggressione imperialista. Perché, anche volendo per un istante considerare benevolmente consimili discorsi, solo in astratto il ragionamento di SC, quanto a “solidarietà con la rivolta”, potrebbe filare nel senso dichiarato. Ovvero se fosse in campo in Siria, in Iran una organizzazione di classe e una dinamica più articolata e avanzata dello scontro tra masse sfruttate e poteri capitalistici interni ed esterni. Oggi in questi paesi noi non vediamo questo, mentre laddove questi coefficienti sono oggettivamente più avanzati e, comunque sia, presenti e agenti (il riferimento va alla Tunisia e soprattutto all’Egitto) ciò stesso fa sì che “chi si oppone”, in tal caso le classi lavoratrici e sfruttate che connotano con le proprie istanze la rivolta (il che non significa affatto e ancora poterla orientare secondo il programma a ciò conseguente), né invochi né possa ricevere l’aiuto dell’imperialismo, che lì cala il peso della sua spada non a favore della “rivolta” ma del fronte di classe che la argina e vi si contrappone.

Noi non siamo certo dei difensori o sostenitori del governo in Siria né di alcun altro regime che urta gli interessi dell’imperialismo. Tutto sta a vedere, però, “chi si oppone” (sul che, non a caso, SC resta assolutamente nel vago finanche nella terminologia) e per che cosa questi democratici-oppositori si muovono. Può essere senz’altro che settori di masse siano sospinte da motivi reali su cui è per noi chiaro non si sputa. Occorre considerare se a questi motivi reali si riesce a dare un indirizzo conseguente, un indirizzo di classe, un indirizzo non venduto all’imperialismo. Alcuni dicono che proprio perché ciò accada è necessaria la solidarietà dei comunisti che dall’esterno così possa rafforzare nella rivolta le forze che vanno nella nostra direzione. Ma noi crediamo che il ragionamento molto più fondatamente vada ribaltato: queste forze non sono affatto aiutate a disporsi su una linea di opposizione di classe al proprio regime – il che è tutt’uno con lo scontrarsi duramente con quanti fingono di ignorare il giogo imposto al paese dall’imperialismo o addirittura ad esso si affittano – dallo spettacolo di “comunisti” che in Occidente solidarizzano genericamente con “chi si oppone” a prescindere da tutto il resto.

Non è così? Davvero si rafforza in Siria e altrove la lotta degli sfruttati, quella che anche secondo i nostri “trozkisti” dovrebbe opporsi tanto ad Assad quanto “alle politiche imperialiste nella regione”, quando si scrive che “era comprensibile e non ci sentiamo di condannarla la richiesta di aiuto di Bengasi alle sole forze che potessero fornirlo, quelle della Nato” (così il portavoce Maestri sul Manifesto del 15/04/11)? Ma chi volete prendere in giro? In questo modo non si aiutano affatto le tendenze di classe nella “rivolta popolare” la quale viene assunta e accreditata così com’è, insieme all’imperialismo assassino invocato dalle sue direzioni!

Ora è vero che dentro organismi come Siria/Libia/Iran No war taluni possono anche eccedere nel trascurare le ragioni effettive che possono portare anche settori di masse popolari alla protesta ed alla rivolta contro il proprio regime “anti-imperialista”, si tratta certo di assumerle ma di dare ad esse uno sbocco reale, rivoluzionario. Sulla linea tracciata già al tempo del congresso di Baku, dove la Terza Internazionale intese lanciare un ponte di collegamento verso gli sfruttati dell’Oriente e verso tutti i popoli sottomessi dall’imperialismo, rivolgendosi non genericamente a “chi si oppone”, ma a chi si oppone (all’imperialismo) collegandosi alla rivoluzione proletaria (allora in piedi in Russia e in Europa), il che significa allora e ai nostri giorni in una data prospettiva e precisa direzione.

Qui in Occidente almeno una cosa è sicura e preliminare a tutto il resto: che si dica Siria No war e dunque contro l’intervento. E non in quanto rodomontata che poi non comporta niente sul piano pratico e della prospettiva politica ma traendone ogni dovuta conseguenza, ad esempio quanto a pluralistica coabitazione con chi sostiene l’opposto sul medesimo “quotidiano comunista”! E quando c’è un intervento dell’imperialismo, un intervento democratico e criminale dell’imperialismo, anche qualora ci siano di mezzo figure borghesi ben più impresentabili di un Gheddafi o di un Assad – ricordate quel tal Noriega di Panama? – ebbene anche allora la nostra solidarietà al paese e al popolo aggredito è dovuta.

E poi ancora: perché mai non dovremmo tenere in conto quelle che SC chiama considerazioni geopolitiche ossia il quadro generale ed internazionale dei rapporti di forza fra le grandi potenze, i piccoli paesi ecc.? Possiamo mai pensare che lo scontro in Siria, domani in Libano, Iran... sia fatto di tante partite separate, ciascuna di esse circoscritta al campo di quei singoli paesi? Un conto è ignorare o svalorizzare la mobilitazione delle masse quando e perché essa si dia in un paese messo nel mirino dell’Occidente imperialista (questa è la geopolitica dei campi e delle alleanze statuali, pro o anti-americane, che non ci appartiene); ma tutt’altra cosa è negare la geopolitica di classe come fa SC. Sulla vicenda libica/siriana/iranina ecc. si rinnova lo scontro tra imperialismo – con tutti i vari manutengoli locali attaccati alla sua rete di interessi – e le classi sfruttate di quel dato paese, dell’intera area e dell’intero mondo dominato. Una “geopolitica” rispetto alla quale non può illudersi di essere disinteressato spettatore (men che meno dalla parte del proprio imperialismo) lo stesso proletariato metropolitano perché domani subirà (già oggi la subisce) l’offensiva di un capitalismo ulteriormente rafforzatosi contro di esso, laddove abbia potuto impunemente fare scempio del paese aggredito e scavare altri solchi divisori che sono altrettante condizioni di isolamento e di maggior debolezza reciproca per gli sfruttati della metropoli e dei paesi aggrediti.

Concludiamo qui questa nota registrando la preventiva dissociazione di Sinistra Critica dalla necessaria ripresa della discussione e dell’iniziativa contro la continua minaccia di aggressione alla Siria, all’Iran e ad ogni altro paese non totalmente sottomesso ai suoi voleri dell’imperialismo. Alle non debordanti forze che nei mesi trascorsi hanno inteso organizzarsi e promuovere la mobilitazione contro l’aggressione imperialista alla Libia il compito di non farsi né intimidire né sfiduciare dalle dissociazioni che fioccano dal campo che si pretende perfino “comunista rivoluzionario”, per rilanciare invece la lotta contro la guerra infinita dell’imperialismo contro gli sfruttati del Nord-Africa e del Medioriente, demarcando con la nostra rinnovata battaglia non la coabitazione ma il solco irriducibile con quanti pretendano di argomentare “da sinistra” la bontà della guerra imperialista e delle “rivolte” (di “chi si oppone”) che ad essa preparano un campo sempre più vasto.

20 gennaio 2012