nucleo comunista internazionalista
interventi




Volantino per la manifestazione dei sindacati di base del 28 marzo 2009

PER L’INDIPENDENZA POLITICA DI CLASSE DEL PROLETARIATO

Quanti oggi sono in piazza avvertono la profondità di questa crisi del capitalismo: una “crisi di sistema”, come si legge nell’appello dell’assemblea nazionale dei sindacati di base dello scorso 7 febbraio. Per noi ciò comporta che la necessaria risposta sul piano delle lotte immediate deve essere collegata alla messa in campo di una nostra piattaforma politica generale. Il discorso che si riassume nello slogan “la vostra crisi non la paghiamo noi” è solo una gamba, che per stare in piedi necessita dell’altra. Non basta quindi una piattaforma sindacale, perché occorre opporre alle “necessità” del capitale in crisi una vera piattaforma politica di classe.

D’altro canto, se oggi è purtroppo assente una politica e una organizzazione di classe, ciò non significa affatto “vuoto politico” e assenza di una diversa politica di opposizione al centro–destra. Il Pd, le frattaglie sparse della ex–sinistra arcobaleno e i vertici della Cgil agitano tutti i giorni tra i lavoratori e nell’intera società un’opposizione “anti–berlusconiana” su basi non di classe, alla quale occorre dare battaglia se veramente si vuol favorire il protagonismo dei lavoratori e combattere il governo di centro–destra. Questa opposizione si sostanzia nella ridicola contestazione al governo “di non fare abbastanza”, di non prendere esempio da altri governi borghesi (da Sarkozy, quello dell’”achetez francais”, a Obama, quello del “buy american”) che invece si “impegnano concretamente a fondo”, il che determina –come dice il documento del direttivo Cgil del 30/01/09 (votato all’unanimità, Rete 28 Aprile compresa!)– “un ulteriore svantaggio competitivo dell’Italia rispetto agli altri paesi EU”.

Qui, esplicitamente, la classe lavoratrice è e deve rimanere inchiodata al carro del Capitale, dello Stato borghese, dell’interesse nazionale. Ogni briciola, ogni “protezione sociale” che può essergli accordata è e sarà solo in subordine alla rimessa in moto e al rafforzamento della macchina capitalistica e imperialistica dell’Italia. Non a caso questa opposizione si sostanzia ancora nell’indecente coro a difesa della costituzione in pericolo, che serve appunto a demarcare su basi trasversali e non di classe (da Scalfaro a Di Pietro... fino a Fini) una opposizione, “anti–berlusconiana” appunto, che lascia i lavoratori con un pungo di mosche in mano e privi di reali difese contro l’attacco sul piano della ristrutturazione in senso ancor più antiproletario dello Stato democratico per renderlo più efficiente al servizio del capitale e contro i lavoratori (il tutto ben in linea con l’ordine di classe sancito nella “suprema carta”).

E’ ben vero che l’opposizione politico–sindacale dei sindacati di base è oggi chiamata a riempire questo vuoto, ma, per farlo veramente, essa è chiamata a definire e fare propria una vera piattaforma politica di classe, l’unica in grado di sostenere sul piano della prospettiva le rivendicazioni dei lavoratori di fatto incompatibili con il capitalismo (qualcosa di molto diverso dalle “utopie” che tempo per tempo “divengono realistiche”). E’ chiamata inoltre a dare battaglia su queste basi nella più ampia massa dei lavoratori, anche quella che sciopera e manifesta con la Cgil. Come dire che, ben oltre la necessaria organizzazione sindacale dei lavoratori, siamo chiamati tutti a prendere in carico la necessità del partito (intesa come concreto lavoro in questa direzione e non certo come vuoto formalismo).

L’appello del 7 febbraio recepisce in parte l’esigenza di una piattaforma politica. Esso non si limita al piano sindacale della mobilitazione, denuncia i diversi aspetti della crisi (tra cui quello ambientale, alimentare, della guerra imperialista contro i popoli del sud del mondo, etc.), rilancia, insieme alla difesa immediata dei lavoratori, la necessità di “iniziative e campagne generali”. Lo fa però con dei limiti sui quali chiamiamo i compagni e i lavoratori che sono in questa piazza a riflettere. Lo diciamo con tutto il rispetto per un movimento a cui va l’onore d’aver contrastato il cosiddetto “governo amico”, d’aver contrastato le infami guerre gestite ed avvallate dalla “sinistra”, dalla Jugoslavia all’Afghanistan. Lo diciamo perché lo sentiamo un limite nostro, dell’intero movimento di classe.

Da una lato, infatti, si dice “crisi di sistema”. Dall’altro una serie di richiami alludono invece a una crisi che sarebbe dovuta ad una particolare politica seguita da alcune potenze dominanti, da alcune elites borghesi imperialiste; ossia sarebbe frutto delle politiche neo–liberiste a cui dunque poter opporre “altre politiche” di capitalismo “dal volto umano”. Sarebbe quindi possibile “un altro tipo di sviluppo”, uno sviluppo “equo e solidale”, “sostenibile” etc., il tutto rigorosamente al di fuori di ogni rottura rivoluzionaria di classe ma appoggiato invece ad un gioco di sponda di Stati borghesi svincolanti dal dominio nordamericano.

In secondo luogo si evoca la lotta per la difesa degli interessi dei lavoratori, ma, mentre si elencano come prospettiva della lotta tutte le possibili gradazioni di “trasformazione dell’esistente” non si dice mai se i lavoratori nel condurre questa lotta devono porre o no la propria istanza di potere contro il potere della borghesia e per il socialismo. Sia chiaro, non si tratta di questione all’ordine del giorno per domani né per dopodomani (né astratta dal processo internazionale della lotta di classe di cui dovremmo sentirci una parte), però sì una questione che deve essere posta esplicitamente e agitata fra le masse nel momento in cui chiamiamo la classe lavoratrice, ovunque attualmente collocata, alla lotta per la difesa intransigente dei suoi interessi, indipendenti e contrari ai cosiddetti “interessi generali del paese” dietro cui si maschera il potere della borghesia.

Perché, ove questo non venga fatto, la prospettiva invece agitata delle “trasformazioni sociali di rilievo” conclude, volenti o meno, nella micidiale illusione nel cosiddetto intervento pubblico dello Stato borghese sul quale si tratterebbe di esercitare la maggior pressione possibile per volgerlo sempre più “a scopi sociali”. E’ la micidiale illusione di un nuovo new–deal, di un nuovo corso progressista, che la classe lavoratrice dovrebbe sostenere. A riguardo dobbiamo ricordare che il “progressismo” del new–deal negli anni ’30 concorse ad accorpare il proletariato al proprio capitalismo nazionale per condurlo poi docilmente al massacro fratricida della seconda guerra mondiale.

Si tratta quindi di demarcare la prospettiva della lotta degli sfruttati a difesa dei propri interessi in un senso o nel suo opposto: se per e dentro il proprio capitalismo e il suo Stato al cui destino ci si lega, soprattutto se possa garantire ritorni sociali ai lavoratori; oppure contro il capitalismo e il suo Stato organizzando sin da oggi l’indipendenza politica e la battaglia dei lavoratori contro tutte le sue politiche e le sue guerre “risolutrici” della crisi. Facciamo che la tragedia degli anni 30 (e poi 40) non abbia mai più a ripetersi!

Suonano più che mai attuali e brucianti le parole di Marx, 1847: “Più che del pane, il proletariato ha bisogno del suo coraggio, della fiducia in se stesso, della sua fierezza e del suo spirito di indipendenza”. Facciamo nostro lo spirito di queste parole: per l’organizzazione politica indipendente di classe!

E’ DI PROSSIMA USCITA UN NOSTRO CONTRIBUTO SULLA CRISI CAPITALISTICA, SULLE MASCHERATURE SOCIALI CHE IL CAPITALE DEVE DARSI PER LA SUA SALVEZZA E CONTRO LE POLITICHE, SUICIDE PER IL PROLETARIATO, CHE RECLAMANO “DA SINISTRA” “UN NUOVO NEW DEAL”
IN ESSO RIPROPONIAMO INOLTRE DOCUMENTI STORICI DEL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO CIRCA IL SIGNIFICATO DEL NEW–DEAL
RICHIEDETELO AI NOSTRI INDIRIZZI!

NUCLEO COMUNISTA INTERNAZIONALISTA