nucleo comunista internazionalista
interventi




Volantone distribuito alla manifestazione “Occupy Piazza Affari” del 31 marzo 2012


“Più che del pane, il proletariato ha bisogno del suo coraggio, della fiducia in se stesso, della sua fierezza e del suo spirito di indipendenza” (Karl Marx)

“I LORO AFFARI NON DEVONO PIU’ DECIDERE
SULLE NOSTRE VITE” CERTO:
MA LE RAGIONI E LA FORZA DEL CAPITALE
SI CONTRASTANO CON LA MESSA IN CAMPO
DELLE RAGIONI E DELLA FORZA DELLA CLASSE
NON CON LA TESTA RIVOLTA AL PASSATO,
A PASSATI EQUILIBRI E COMPROMESSI SOCIALI
SPAZZATI VIA DALLA CRISI CAPITALISTICA.

Una grandinata di colpi senza precedenti si stanno abbattendo sulle masse. Tanto sul piano della condizione materiale con la totale subordinazione del lavoro salariato alle necessità del capitale quanto sul piano dello smantellamento dei “diritti” e delle codificazioni istituzionali vigenti che riflettevano e sanzionavano rapporti di forza fra le classi che i poteri capitalistici intendono ora dimostrare sorpassati imponendo, senza tanti complimenti, le loro ragioni cioè la loro forza. La ragione e la forza del capitale.

Intendono insomma dimostrare e sanzionare, senza tanti infingimenti, che hanno il coltello dalla parte del manico. E lo usano stracciando equilibri e compromessi sociali precedenti i quali, nella forma e nella sostanza (non c’è alcuna difficoltà da parte nostra a riconoscerlo), rivestivano di “socialità”, di “compartecipazione democratica” ecc. ecc. la reale dittatura di Sua Maestà il Capitale. A sospingere verso una tale drastica linea di frattura sono le necessità e le determinazioni materiali cui ogni borghesia, ogni macchina statale borghese deve corrispondere – in Italia in Grecia in Spagna ovunque – data la crisi capitalistica che è un fatto obiettivo, certo non “inventato” dalla borghesia. Crisi che, contrariamente a quanto spacciato a destra e a manca, nessuno, nessuna particolare “scelta politica” ha provocato né tantomeno “voluto”. Se qualche macchina capitalistica come quella di Germania per esempio sembra, per il momento, poter evitare la rottura traumatica degli equilibri sociali e istituzionali ciò non significa minimamente che il proletariato tedesco “sia più libero” e “felicemente garantito”, semmai più inquadrato, più rigidamente inquadrato dentro quella macchina la cui forza è più concentrata e certamente più efficiente rispetto alla baracca dello stato borghese democratico italiano.

Laddove come in Italia – per il particolare impantanamento sociale del paese, per l’estrema difficoltà di procedere nell’opera di macellazione anche (anche) nel vastissimo campo delle classi medie, nel taglio delle mille camarille e consorterie a cui tutti i partiti borghesi e democratici sono collegati – gli alti poteri borghesi hanno dato in mano “ai tecnici” la gestione del governo non hanno minimamente esitato a far strame delle “sacre” regole istituzionali e costituzionali. Così come l’art. 1 della Sacra Costituzione borghese non ha mai “protetto” dallo sfruttamento il proletariato d’Italia, per non parlare delle 10-100-1000 Rosarno passate e presenti; così come l’altrettanto evocato art. 9, quello “dell’Italia che ripudia la guerra” non diciamo che abbia impedito ma minimamente intralciato la serie di aggressioni militari dell’imperialismo, democratico e costituzionale, italiano.

Occorrerebbe francamente e finalmente riconoscere questi crudi dati di fatto. Purtroppo così non è persino fra quelli che cercano di opporsi e chiamano alla mobilitazione contro i diktat del capitale e basti leggere l’appello che ha convocato questa odierna manifestazione per rendersene conto. Suonano davvero come una beffa i “capi di imputazione”, a quanto sembra prioritari, rivolti agli attuali gestori del governo del capitale (come ai precedenti): infrangono la democratica prassi consolidata! violano la Costituzione! e così via. “Lo stato sociale viene posto al di fuori della Costituzione della Repubblica” scrive uno dei militanti più in vista e che di più si spende per attrezzare un argine, una opposizione alla grandinata in atto...
Non si tratta certo di negare o eludere il piano della difesa dei “diritti acquisiti” degli “spazi di agibilità democratica” ecc. ma di badare prima e sopra di tutto alla sostanza delle cose, ossia ai rapporti di forza reali fra le classi nella società. Di misurarci in maniera serrata sul come spostarli in nostro favore e ribaltarli, cosa certamente ardua – e nessuno lo nasconde – ma unica strada da cui può effettivamente discendere la possibilità di difenderci anche sul piano “dei diritti” e del diritto. Bisognerebbe, in primissima istanza, uscire dagli equivoci sui quali non si fonderà alcuna reale opposizione sociale e politica ai governi del capitale. Si dice (nell’appello dell’odierna manifestazione): “...medici come Monti in Italia o Papademos in Grecia che in realtà non fanno che aggravare la malattia scaricando sui lavoratori e sulle classi popolari il peso...”. Se le parole hanno un senso significa che noi, che la classe lavoratrice dovrebbe invece “curare la malattia” del sistema e salvarlo, rendendolo “equo e solidale”, sensibile all’ambiente e alla pace ed altre cuccagne di un fantomatico e non meglio precisato “diverso modello sociale ed economico”.

La grandinata di colpi che ci piovono addosso è senza precedenti almeno rispetto alla lunga fase storica che abbiamo alle spalle. Definitivamente alle spalle. Una lunga fase storica in cui il capitalismo è riuscito ad anestetizzare, perlomeno nell’“opulento” occidente, l’antagonismo sociale anche (anche) grazie al ricorso agli espedienti della finanza e del credito i quali hanno abbondantemente sostenuto e drogato tanto la produzione che il consumo. Con ciò certamente avvilendo e degradando l’insieme della società (schiavi salariati inclusi) ma permettendo per un non breve periodo la gestione delle cose capitalistiche in un quadro di relativa pace sociale. Ora, nel mentre contestiamo le canaglie delle Borse e delle banche, ne denunciamo gli imbrogli, il taglieggiamento che impongono alle famiglie ed alla produzione reale e soprattutto nel mentre intendiamo batterci affinché la massa spaventosa del debito non sia scaricato sul groppone dei proletari e delle larghe masse popolari, occorre, occorrerebbe denunciarlo e rigettarlo in quanto DEBITO DI CLASSE. Ossia debito che si è accumulato non per mere brame speculative di questa o quella cerchia di pescicani, non per “una stortura” del sistema bensì al contrario in quanto funzionale al complessivo e bestiale ordine capitalistico mondiale e che nel quadro di tale ordine conosce solo due possibili bestiali soluzioni: scaricarlo sulle masse e/o scaricarlo all’esterno dei rispettivi stati, strangolando i paesi ed i popoli più deboli dal punto di vista della concentrazione di forza capitalistica.

Per una ripresa coerente ed organizzata della lotta di classe!

Socialismo o barbarie!


falcemartello nucleo comunista internazionalista


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